Eccoti le ultime da Times Square. Ho visto "Masked and

Anonymous", dove campeggia un redivivo Bob Dylan, che

si rivela il peggior attore del mondo (e infatti non

ha bisogno di muovere la faccia quando attorno a lui

ruotano John Goodman, Jessica Lange e Jeff Bridges).

In una nazione che mette assieme la poverta' e

l'instabilita' politica dell'America latina (gli

autobus usi e frusti degli anni '50 camminano per

miracolo e vengono fermati dalle pattuglie di soldati,

ribelli o controribelli a seconda) e la desolazione

esistenziale di quella anglosassone (ergo parla

inglese) si decide di organizzare uno show di

beneficienza a favore della parte belligerante piu'

pietosa. I soliti impresari musicali imbroglioncelli

dalla metafora svelta e dal bicchierino facile (Lange,

Goodman) si riuniscono coi consigli direttivi delle tv

corporations, composti da neri con la faccia e i modi

da gangster, per mettere in scena (e ai neri non va)

il dimenticato Jack Fate: ecco allora che Dylan/Fate

esce dalla grata della cella sotterranea dove e'

riuscito a perdere almeno venti chili da quando s'e'

esibito di fronte al papa. Tra gli imbroglioncelli nei

guai e l'oste di frontiera devoto assistente che porta

a Fate/Dylan la chitarra di Blind Lemon Jefferson si

insinua un giornalista sciamannato (Bridges) che

provoca il cantante di continuo e una fidanzata

spagnola (Penelope Cruz) e cattolica che commenta le

canzoni di Fate con Papa Woytila (a.k.a. John Paul

Deuze) e Abramo Lincoln. Il tutto finisce nel cinismo

piu' scabro e dissacrante, col morto di rito e con

Fate/Dylan di nuovo in cella sottoterra. Bella

l'ironia, ma la trama e' un po' troppo ridotta

all'osso, con troppe canzoni dell'eroe in varie lingue

(compresa una probabilissima traduzione italiana di De

Gregori e un rap di Jovanotti) per rendere il film

appetibile ai non-devoti del santone che non recita.

Chi ha nostalgia degli anni settanta sorride

bonariamente, ma sa che ci vuol altro. Chi guarda al

futuro e non al passato riconosce il presagio del

disastro economico degli Stati Uniti, che potrebbero

benissimo avviarsi alla miseria dei loro confinanti a

sud e finire con l'imitare il Guatemala. Tre

asterischi, risicati.

4 agosto 2003