Il Colore del Cuore

 

 

Rebecca, la protagonista di questo romanzo è una donna molto complicata da un punto di vista psicologico e lei, consapevole dei suoi tanti pregi ma anche dei difetti, ha bisogno di liberarsi del suo fardello e per questo decide di mettere a nudo, (senza l'aiuto di psicologi, verso i quali non prova alcuna fiducia), tutta se stessa.

Chi è Rebecca veramente e non quella con la maschera che indossa ormai da una vita? E' una donna molto sola, alla continua ricerca di "Amore", insoddisfatta del mondo che pullula intorno, forse perché si ritiene superiore alla maggioranza delle persone, quasi un Angelo destinata solamente alla sofferenza ed all'ingratitudine umana da cui lei ne ha avuto sempre le prove. Rebecca crede all'esistenza di un'altra vita dopo la morte fisica ed è questo pensiero che le dà la forza di superare gli ostacoli.

Ella è convinta che fisicamente sia accettabile ma non bella, altre volte in cui pensa che non piaccia a nessun altro se non solamente a se stessa.

Rebecca ha alle sue spalle una vita matrimoniale molto brutta, finita dopo 20 anni, con una separazione legale .

Ormai lei ha 47 anni ma anche una grande voglia di vivere finalmente una "sua" vita, non più all'ombra del marito.

Ella ha dei grandi occhi verde smeraldo, una bocca non molto carnosa ma sensuale, capelli ricci, biondi ossigenati. Si era sempre imbattuta in persone che, o per invidia o per gelosie, o comunque ispirate da sentimenti poco nobili, avrebbero fatto di tutto per distruggerla nel corpo e nella mente.

Dopo la separazione Rebecca era finalmente libera (libera, parola agognata da una vita!) e poteva finalmente organizzare la sua vita come le sembrava giusto dopo una vita di sacrifici. Ella era ancora giovane e alquanto piacente. Per iniziare un'esistenza diversa dalla precedente, si era trasferita, per lavoro, in un'altra città . Era piena di aspettative e voglia di vivere tanto da coinvolgere anche l'ambiente lavorativo e apparire ai suoi superiori come una persona molto sicura di sé, anche un po' spavalda e disinibita, non tanto per l'abbigliamento ma per il suo modo anti-conformista di porgersi agli altri. Dopo pochi giorni vissuti euforicamente in questa nuova realtà di lavoro ma anche di vita privata, ecco come il destino tramava alle sue spalle.

Quella famosa mattina del 28 gennaio la sua collega la invita a recarsi in una stanza dell'ufficio che di solito era occupata solo per brevi periodi, perché, a suo dire, c'è un giovane pakistano che vende bijoutteria e che viene ormai ogni fine mese per vendere la sua merce. Così, per curiosità, Rebecca entra e , invece di guardare la bijoutteria, dà una rapida occhiata al venditore. Rebecca pensa di lui tante cose contemporaneamente: nota che è già avanti negli anni (rispetto ad altre persone di colore che normalmente sono per il lungomare a vendere), poi si accorge che è mal vestito e che ha uno sguardo chiaramente di chi ci tiene ad apparire più furbo di quanto sia in realtà. Rebecca prova verso di lui un senso di compassione.

Il destino per lei aveva deciso diversamente . Anche la merce che egli esponeva non era per niente bella: le solite collane, orecchini, bracciali vistosi e pacchiani. Egli ha captato che R. ha un qualcosa di particolare rispetto alle altre persone e questo non per la sua bellezza ma per il suo modo di essere discreta con chi evidentemente per il colore di pelle, è già diverso. Egli pensa che lei "è quella giusta al suo scopo" e se ne approfitta per andare all'attacco: le fa capire che la sta osservando con interesse e le mostra qualche oggetto. A Rebecca non piace niente della merce che egli espone, ma non vuole offenderlo e si guarda in giro alla ricerca di qualcosa che possa suscitare il suo interesse ( così come ha sempre fatto anche in altre occasioni). Ecco come per incanto, in mezzo a tante cianfrusaglie, vengono fuori degli orecchini che la colpiscono perché sono veramente originali.

Dopo la separazione Rebecca aveva poca disponibilità economica e per lei, anche una minima spesa rappresentava molto per il suo bilancio. Però viene "catturata" da quegli orecchini particolari e, dopo un patteggiamento con il pakistano, li compra. Egli, nel chiederle il suo nome, le fa capire che ha nel suo negozio altri oggetti da mostrarle ma che gli occorre avere il suo numero di telefono per comunicare il giorno in cui si ripresenterà per vendere.

Evidentemente questa era la sua linea abituale di attaccare la preda.

Povera Rebecca, come poteva immaginare cosa mai l'aspettasse!. Ignara , la povera donna gli scrive sulla sua agendina, (già piena di altri nomi femminili), oltre il suo nome, anche il suo numero di telefono, pensando che non c'era ragione di preoccuparsi. Così Rebecca si accomiata con un "ciao" amichevole e lui, come rinvigorito, le strizza l'occhio e le mette in mano un bracciale facendole credere che si tratti di un regalino del tutto disinteressato. La storia è appena all'inizio. Infatti il giorno seguente, quando Rebecca sta per mettersi a tavola per pranzare, dopo ore di lavoro, ecco squillare il telefono: è lui! Oh, povera, povera ! Non doveva rispondere. Lui prontamente le dice: "Posso io venire a mangiare casa tua?". Rebecca, che proprio non si aspettava una sua telefonata, con il suo solito ed ingenuo sorriso gli risponde candidamente che non è possibile perché lei vive con i suoi figli e che essi non potrebbero mai spiegarsi perché la loro mamma inviti uno sconosciuto alla loro tavola.

Il pakistano saluta e sembra che questa telefonata che in Rebecca ha suscitato ilarità, abbia messo termine ad altre eventuali avance; non è così: infatti il giorno seguente e poi l'altro questo cittadino straniero cerca in tutti i modi, con continue telefonate, di entrare nella vita di Rebecca. E sembra che i rifiuti da parte di Rebecca egli non li ascolti per niente (tanto, egli sa bene che non ha niente da perdere, ma tutto da guadagnare) .

Intanto, con il susseguirsi dei giorni sempre uguali scanditi dal ritmo lavoro-casa, Rebecca cominciava ad avvertire una scottante solitudine e forse fu in quel momento che il suo destino prese a cambiare.

All'ennesimo squillo di telefono del giovane pakistano decise, ancora non si conosce il perché, di provare questa nuova esperienza così lontana dal suo modo apparente di vivere ma non lontano dal suo mondo interiore.

Prima di recarsi all'appuntamento Rebecca si prepara con cura: indossa un tajeur rosso con una gonna piuttosto corta ed ha curato molto il trucco al viso e l'acconciatura dei suoi capelli biondi e ricci. La povera Rebecca va all'appuntamento con una strana sensazione: un insieme di euforia, di trasgressione, di cosciente-incoscienza a "voler sbagliare e sfidare se stessa per una volta. Ella si sentiva come un fuscello che viene spinto inesorabilmente in quella direzione.

Rebecca aveva da molto superato i quarant'anni ma era rimasta in lei quel modo di pensare da adolescente e sognatrice e le parole scambiate a telefono con Mohammad le facevano sognare e desiderare di far parte di quel mondo arabo che l'aveva da sempre attratta.

Così ella giunge all'appuntamento e si guarda intorno pensando che lo avrebbe riconosciuto subito sia per il colore della sua pelle scura sia per l'altezza fuori dal normale, circa un metro e novanta. Finalmente lo vede : è in un bar a bere tranquillamente un qualcosa che poi Rebecca avrà modo di preparare lei stessa, a casa sua, centinaia di volte. Infatti si trattava di un caffellatte (per noi italiani) chiamato nella loro lingua: "ciai".

M. le appariva diverso dal primo incontro: era elegante, con occhiali costosi ed il suo atteggiamento lasciava intravedere che non era uno sprovveduto bensì un uomo molto sicuro di sé e che prima di esprimersi, vuoi per la difficoltà della non conoscenza dell'italiano, ma soprattutto per la sua scaltrezza dovuta alla sua esperienza di vita, calcolava le frasi, anche se qualche volta si contraddiceva. Rebecca notò subito che M. era un accanito fumatore e che la invogliava a fumare con lui.

L'imbarazzo del primo incontro fu forte per entrambi, anche se per diversi motivi. Fu Rebecca che, dopo una stretta di mano ed un "ciao " decise di avviarsi verso una strada dove non avrebbero avuto gli occhi addosso dei passanti che già guardavano incuriositi. S'incamminò verso una stradina di campagna abbastanza isolata e qui decisero di fermarsi ed osservare il panorama. Cominciarono a discutere un po' su tutto ma l'argomento dominante fu quello dell'età fra una coppia.

Lei aveva intuito che lui fosse molto più giovane di lei, ma che avesse 12 anni meno fu un duro colpo, anche perché lei riteneva che non avrebbe mai voluto una storia con un uomo più giovane di lei. Visto che per tutta la sua vita, già dall'infanzia, aveva cercato soprattutto l'affetto di cui evidentemente avvertiva la mancanza. In seguito Rebecca scoprirà che la differenza di età tra lei e M. era ancora superiore ( lui aveva ben 14 anni meno di lei). Ma M., che per mestiere fa il venditore, sa bene come rigirare le carte a suo esclusivo vantaggio e così comincia ad elencare tutti i casi di persone da lui conosciute che avevano sposate donne molto più mature; fra cui la storia di un ragazzo che era convolato a nozze con una "napoletana" che aveva 30 anni in più e che, a suo dire, erano entrambi molto felici. Nel camminare e discutere, M. non si era accorto che la povera R non teneva il passo facilmente e che per lei era diventata una corsa e non una passeggiata.

I due restano ancora a chiacchierare in macchina e Rebecca pensa che non vuole più rivederlo.

Evidentemente il destino aveva deciso per lei diversamente. Il pakistano s'insinua a poco a poco nella sua vita perché Rebecca in quella fase della sua vita comincia a sentir pesare la solitudine. Infatti i suoi figli, ormai giovani, hanno una loro vita e, nonostante l'amore per la loro madre, la poveretta resta tutte le sere da sola a guardare la televisione. I guai di Rebecca cominciarono quando ormai per lei era diventato impossibile rifiutarsi ad uscire con lui e ad ogni appuntamento lei si proponeva di lasciarlo ma lui si disperava all'idea di perderla e piangeva (o fingeva di piangere). E quindi, una volta tranquillizzato dalle rassicuranti parole di Rebecca, egli si comportava da vero gentiluomo: le portava il caffè' in macchina, le regalava dolciumi, fiori, e&ldots; tante belle bugie!. Per Rebecca la realtà del mondo a cui appartiene M. sembra una giungla inesplorata, ma ne è incuriosita e gli fa tante domande per saperne sempre di più. M. le aveva assicurato che lui non era sposato, anzi sua madre aveva in serbo, per la futura nuora, due kg d'oro purissimo da regalarle.

Inoltre le aveva fatto credere di essere socio e quindi proprietario di un negozio di articoli orientali dove di solito lui e Rebecca s'incontravano con una coppia (felicemente sposati) di pakistani i quali erano i veri ed unici proprietari di quell'attività commerciale. Più in là Rebecca scopre che lui è mussulmano e, in quanto tale, ha la facoltà di poter "prendere" fino ad un massimo di quattro mogli. Però le assicura che lei è e resterà per tutta la vita la sua unica donna.

Intanto passano alcuni mesi durante i quali Rebecca si accorge di volergli un gran bene e di amarlo nonostante tutto e tutti. M. fa sempre la parte del povero agnellino sprovveduto lontano dalla mamma e "pappa" come lui chiama il padre). Ma nello stesso tempo dimostra di avere una sua filosofia di vita e sembra rassomigliare a quei Santoni indiani che praticano meditazione; infatti egli parla, parla, senza quasi accorgersene ad occhi chiusi come se ripetesse eternamente le stesse cose. Fra l'altro mette sempre in risalto che gli uomini, come le dita di una mano, non sono tutti uguali ed in particolare ci tiene a farle credere che loro pakistani sono molto più seri degli italiani perché questi ultimi pensano solamente all'amore fisico e non spirituale e che sposano una sola donna, ma "dietro" ne hanno almeno un'altra.

Ormai M. è entrato nel cuore di Rebecca la quale decide di parlare con i suoi figli dei sentimenti per questo cittadino straniero così bravo ed anche con una certa situazione economica buona. I figli di Rebecca non contrastano questa relazione ma ne sembrano alquanto infastiditi allorché lui, sempre nel momento in cui stanno per mettersi in tavola per mangiare, telefona per farsi accompagnare in diversi luoghi dove di solito si reca per lavoro.

Rebecca è anch'essa alquanto seccata del fatto che sembra lui non abbia un minimo di dubbio se tutto ciò possa arrecarle disagio.

Per evitare malcontenti da parte dei suoi figli, Rebecca pensa di presentarlo loro affinché constatassero essi stessi che quanto affermato dalla loro madre corrispondesse a verità.

Purtroppo di vero non c'era un bel niente e Rebecca si trovava intrappolata,

Mohammad risultò infatti già essere sposato nel suo Paese ed avere due figli; inoltre egli non era socio del negozio di articoli orientali ma, in barba all'ingenua Rebecca per la quale non spendeva una lira, aveva un bel capitale in banca, ovviamente in serbo per la sua "vera" famiglia.

Rebecca capisce che i suoi figli si sforzavano ad accettarlo, ma in loro c'era costrizione e tanta voglia di buttarlo fuori casa e non vederlo più. Purtroppo essi si accorgono quanto nonostante tutto, sia divenuto ormai importante nella vita della loro madre e così, nel giro di una settimana, entrambi lasciano la loro casa e vanno a vivere con il loro padre

Adesso R. è veramente sola con il suo destino senza peraltro avere voglia di girarsi indietro e rimpiangere qualcosa. Ormai è stata abbandonata da tutti, oltre che dai suoi figli, anche dalla sua famiglia (la madre, la sorella, il fratello). Quante lacrime ha versato! In particolare ella ricorda di una vigilia di Natale quando, messa al bando da tutti, M. si trovava al Nord per lavoro, passò tutta la notte a disperarsi. Ma tutta questa disperazione ha fatto sì che Rebecca divenisse sempre più forte e sicura del fatto che, se non si fosse rimboccata le maniche, molto probabilmente gli ultimi eventi tristi della sua vita (distanza un mese la morte del suo caro padre e della ragazza del figlio di lei) e poi quest'ultimo fatto, avrebbero potuto portarla non si sa a quale esasperazione.

Rebecca viene messa allaberlina e additata dalla gente che sembra nutrirsi di maldicenze. Anche i colleghi non perdono occasione per infliggerle quotidianamente trafitture; molto spesso facendo riferimento alle donne che preferiscono gli uomini di colore agli italiani per le loro famose qualità fisiche.

Dopo un anno di quasi ininterrotta convivenza, lui resta sempre meno in casa ed ogni sabato o domenica è lontano per lavoro. Rebecca si alza all'alba, ancora assonnata, per preparargli la prima colazione, si premura di asciugargli i capelli, di preparargli il "ciai", di mostrargli mille attenzioni ma evidentemente non ha capito con quale essere inumano abbia a che fare&ldots; e lui furbescamente, profitta di tutto questo e, se gli viene richiesta una qualsiasi spiegazione al suo strano comportamento distaccato verso di lei, trova sempre spiegazioni plausibili che logicamente la misera attibuisce alla diversa cultura.

Ormai Rebecca è sempre più consapevole che l'uomo con il quale pensava di avere un po' di felicità non è certamente lui e di questo ne ha continue prove;

ad esempio egli, ogni qualvolta incontra una donna o ragazza la guarda con insistenza facendo sì che la povera Rebecca si senta sempre di più una nullità. Non escono mai insieme ma lui ha sempre qualche scusa per giustificarsi

Rebecca pensa che sia ora di lasciarlo e di porre fine alle tante giornate trascorse grigiamente, peggio che stare da sole. Ma non trova il coraggio di farlo forse perché spera sempre che sia lei a sbagliare, forse a fargli notare le sue mancanze, sia affettive che di normale amministrazione. Però arriva il giorno che sembra sia il destino a scegliere per lei: infatti egli, come sempre seduto comodamente sul divano, con il suo consueto tono monocorde di parlare, le dice che deve recarsi in Pakistan perché sono cinque anni che non vede i " suoi cari" (la mamma, il padre, i fratelli, i figli, la o le mogli).

Rebecca le dice prontamente che è giusto che lui vada così anche per lei ci sarà un momento di pausa per leggersi dentro e vedere cosa fare della sua vita.

La lontananza di M. all'inizio le mette addirittura euforia: si sente finalmente libera, non condizionata da lui però passano i giorni e lui non le telefona e questo comincia ad infastidirla anche perché, se deve finire, deve essere lei a deciderlo Trascorrono due mesi senza nessuno scambio di parole; evidentemente M ha altro da pensare. Egli ritorna dopo due mesi e, come se niente fosse accaduto, le telefona dalla sua città informandola che presto (per il compleanno di Rebecca) verrà a "trovarla" per regalarle le cianfrusaglie comprate in Pakistan.

Rebecca è al colmo dell'esasperazione e della rabbia per il comportamento di quest'individuo che le ha semplicemente rovinato la vita. Ma, fingendo per l'ennesima volta di niente, quando dopo due giorni dalla telefonata M arriva (più scuro del solito e arrogantemente taciturno) non le dà né un bacio né le fa una carezza ma, come era suo solito, trattandola da persona "più grande di lui e quindi con rispetto" le allunga la mano e le dice :"Come va?" . Rebecca pensa che se non avesse qualcuno da lassù che la protegge, potrebbe anche impazzire dal dolore o meglio dalla rabbia che le incute quest'abietto individuo. Infatti il rammarico maggiore per la povera Rebecca non è quello di accorgersi finalmente che lui non l'ha mai amata, ma che l'abbia sempre e solamente sfruttata per le tante volte che lui ne ha avuto bisogno. Infatti aveva ottenuto, grazie a lei, una serie di vantaggi che altri extra-comunitari se li sognano: per esempio la Residenza, il domicilio, il permesso di soggiorno,; gli aveva insegnato a guidare, ad usare la forchetta ed il coltello per mangiare, a vestire ordinato e con abiti puliti, e centomila altre cose che solamente grazie al grande amore che lei provava per quel meschino:.

Ormai la povera sventurata si trova sola, buggerata dall'ultimo degli esemplari di razza forse umana ma più animale, non resta più nulla se non tanta amarezza e disperazione.

Egli le ha telefonato la vigilia di Natale e, da incosciente –furbo che è ha avuto il coraggio di farle gli auguri (ma di questo ne ha colpa Rebecca perché, fra l'altro, gli diceva sempre che in Italia anche dopo una separazione resta sempre "l'amicizia".

Rebecca ha finito questo suo diario alla fine del suo e solamente suo amore.

Ella augura a tutte le donne di non dover mai incappare in una persona come MOHAMMAD e, se malauguratamente vi si trovano già, consiglio loro di non farsi schiavizzare e di non perdere mai di vista la loro dignità di persone.

 

Ringrazio vivamente tutti coloro che avranno avuto la pazienza di "leggermi" e mi auguro che questa mia brutta esperienza possa contribuire ad evitare che altre donne possano soffrire.

 

Un affettuoso abbraccio