IL MARINAIO MARIO di Roberto Masuello

IL MARINAIO MARIO, pur essendo ancora giovane, ne aveva viste tante in navigazione. Adesso si stava riposando, in franchigia nella splendida e strana citta' del mare del nord dove il suo mercantile languiva. Camminava per i viali e i bar, battuti da un vento gelido e riscaldati da birra, grasse salsicce, caffe' bollenti e sigari esotici.

E ricordava.

Solo, solitario com'era sempre stato, riscriveva gli avvenimenti dell'anno passato che lo avevano lasciato in una sospensione attonita finche' non se n'era allontanato abbastanza da poter "rimirare" tutto alla luce tremolante e cangiante della memoria marinata.

Allora, i piedi stanchi dal camminare e le mani intorno alla tazza bollente, ripenso' al naufragio della Willem Ruys.

Ci aveva lavorato per qualche anno, era una gran bella nave da crociera, antica e navigata, col suo legno verace da tenere lucido e le sale da gioco con gli arricchiti arroganti ed ebbri che rincorrevano fortune illusorie e amori improbabili, gente che lasciava su ogni cosa una patina irrimediabilmente pacchiana, "chic" e non "scic", come si diceva. Ma forse era proprio quell'aria stramba a rendere il natante mediterraneo unico nel suo genere. Mario non aveva mai visto niente di simile, ne' mai ne avrebbe rivisto, credeva. Imbarcavano e sbarcavano nei porti turistici genti composite, da famiglie di professionisti residenti in economie forti, a modeste personalita' dello spettacolo, a volte buoni musicisti che alleviavano il tedio, a volte mediocri guitti dal gomito alto, o peggio.

Ma quell'estate, l'estate passata, l'ultima della Willem Ruys, le cose erano andate diversamente: gli era toccato imbarcare un intero partito ultraconservatore, decine di politici, politicanti di basso rango e portaborse con mogli e mariti e figli ed accoliti assortiti al seguito. I nostalgici dell'imperialismo, imberbi o decrepiti, si erano riuniti per festeggiare la vittoria elettorale e l'ingresso nel governo, insperato miracolo atteso dai piu' visionari per qualche decennio e finalmente giunto, grazie a una bizzarra congiuntura sociale.

E quale migliore tributo al passato di un pellegrinaggio nei luoghi dell'ex impero, le coste torride del corno dorato, attraverso lo stretto che aveva assistito alle mitologiche lotte tra semiti e camiti, a bordo dell'ammiraglia blu, orgoglio nazionale?

Erano salpati dalla Laguna, in una splendida notte stellata.

A bordo sembrava tutto tranquillo. Il personale non si mostrava turbato dal "carico", anzi: qualcuno ne era persino entusiasta. E poi ne avevano affrontati di viaggi, con clienti difficili, strani, famosi, erano stati persino dirottati dai terroristi, qualche anno prima. Mario non c'era ancora. Comunque, lui se ne fregava della politica. Pensava a lavorare. Ma i suoi compagni di cabina meno.

Quei due, Ciro e Mohandar, commentavano ogni fatto con un'aria d'intesa che a Mario sfuggiva. Poi, col passare del tempo, lo avevano reso partecipe, perche' di Mario ci si poteva fidare, benche' fosse cosi' chiuso, anzi forse proprio per questo. Allo stesso modo marinai come Ciro e Mohandar, teste matte dal passato ignoto, venivano accettati dal resto dell'equipaggio, per una sorta di codice non scritto: lavoravano e si facevano i fatti loro, mai uno screzio in pubblico. In cabina, invece, la musica era diversa. Pur privi di giornali a bordo (ricevevano solo notiziari scarni ed asettici) non gli sfuggiva alcun fatto importante, nazionale ed internazionale, sapevano solo loro come ottenevano le notizie. E quell'imbarco di ultrareazionari gli risvegliava una rabbia atavica, cieca e sorda, pero' benissimo celata in coperta, con zelo e sudore.

Mario, Ciro e Mohandar facevano parte del mondo dei vinti, di quella parte d'umanita', la maggiore, che per vivere serve l'altra, i pochi fortunati. Se gli va bene.

Mentre Mario reagiva con l'etica del lavoro, orgoglio dei suoi conterranei, Ciro sognava di una vaga rivoluzione, un avvenire colorato.

Quanto a Mohandar, lui era gia' in guerra, e da sempre. Costeggiando le terre dei suoi confratelli e pensando alla loro condizione avrebbe avuto di che ritenersi fortunato: mangiava tutti i giorni, la sua esistenza non era minacciata costantemente, poteva addirittura fare una certa carriera sulla nave. Pero' tutto cio' non leniva il suo dolore, quello della profonda ingiustizia e del disprezzo indirizzato verso la sua cultura, e vissuto sulla pelle. Letteralmente.

Con Ciro si esprimevano nello slang panpartenopeo che rappresentava la lingua franca dell'equipaggio, in alternativa al blando internazionalese usato coi clienti:

Ciro - Guarda nu' poco che ce tocca fa'

Mohandar - Chisti so' peggio dei amerigani

Ciro - Non bastava tutti i ggiorni "La nave blu..."

Mohandar (canta) -"...Da Europa in Australia..."

Ciro - Mo' pure "Giovinezza..."

Mohandar - E perche', "Faggetta nera..."?

Ciro -Guarda, pe' me' potessero affoga' tutti quanti

Mohandar - Chi si credono d'esse

Ciro -Vedi, Moha', quello che mi brucia e' dover fingere che va tutto bene

Mohandar - Si', comme si fussimo amici

Ciro - Che tocca fa' pe' campa'...

*

La situazione ebbe un'impennata dopo qualche giorno. A tarda sera, tra la noia e l'eccitazione, la Miss del partito stava mostrando le parti migliori di se' sulla pista da ballo. Oltretutto costei parlava, e si diede ad intrattenere il tripudiante pubblico con battute su avversari storici e metastorici. Le scappo' infine questa battuta sulla popolazione brutta, povera & cattiva con cui si erano imbattuti a terra: -Ma 'sti selvaggi, quando mai la possono vedere una femmina comme'a'me'! Le loro donne sono coperte dal naso in giu'! Non sanno proprio cos'e' la vita...-E via dicendo.

Siccome l'ambiente si stava surriscaldando, il comandante mando' a dire che tra il personale di bordo la percentuale di "selvaggi" era piuttosto alta, e non era prudente sfotterli. Il consiglio raggiunse la procace conservatrice mentre stava attaccando -in risposta a una provocazione- la magra nudita' delle popolazioni equatoriali. Il che evoco' un altro scoppio di ilarita' e cosi' il caposala, allarmato ed allertato, disconnesse il microfono simulando un guasto. Ma ormai le bestialita' pronunciate avrebbero fatto il giro della nave. Persino il presidente del partito (in tutt'altre faccende affaccendato) quando seppe della cosa "stigmatizzo'" le bestialita' della bella, approfittandone per rilasciare ai giornalisti del suo foglio dichiarazioni di netta rottura col passato razzista, colonialista, antipopolare, ecc.

*

Una sera Mario era sotto la doccia, e solo uno strato di compensato rivestito lo separava dai suoi compagni. Cosi' udi':

Mohandar (alterato) -Te dico che basta tenerlo buono e se po' fa'

Ciro -Ma chillo Gabriel fa'o macchinista da tanti anni, figurati si se fa' distra'...

Mohandar -Ma se tu ci parli della femmina della 518, chella che ce sta', lui te vene apresso

Ciro -Allora fai 'o veramente, Moha'? Lo sai che succede si'ppigliammo fuoco? 'Na stragge!

Mohandar -Ma quala strage? Se lo facciamo subbito siamo a poche miglia da terra, ci vedono pure. Al carburante non arriva, lo sai. Penza che bello, i fascist'emmerda che se buttano ammare, giornali, televisione...

Ciro -'Na figur'e'mmerda internazionale! Sarebbe 'o mmassimo. E poi cagnammo aria tutti quanti..

Mohandar -Dai, Ci', io nun ne pozzo piu'. L'amm'a fa'...

Ciro -Zitto, ca Mario ce sente. Iamme in coperta

Mohandar -Si. Fuckemall. Ma mo'...Faccio vede' io...

*

Mario era combattuto tra prendere sul serio i suoi compagni e cercare di fermarli, oppure considerare quanto dicevano frutto dell'alcol o della stanchezza (Mohandar non beveva, in effetti). Opto' per la seconda. Cosicche' la sua sorpresa fu enorme, e paralizzante, quando il giorno dopo, salpati da poco, si ritrovo' a fronteggiare un incendio in sala macchine. Di natura sconosciuta.

Tutto si succedeva in fretta, come se gli eventi stessero sfuggendo al controllo dell'equipaggio. Il che purtroppo era vero. Dapprima si tese a tranquillizzare i passeggeri ("E' un piccolo incendio, circoscrivibile") ma poi: i sistemi di spegnimento si rivelavano vetusti e inaffidabili (solita vecchia storia), il personale non di mare e i passeggeri cominciavano a mostrare progressivamente segni di panico, molti marinai ed ufficiali si scontravano o accavallavano freneticamente. E la nave continuava ad allontanarsi da terra, oramai era tardi per invertire la rotta e sperare di riportarsi in porto. I soccorsi invocati tardavano, da quelle parti erano scarsi e lenti. In breve fu l'inferno.

Mario non aveva smesso un attimo di gettare acqua e schiuma contro le fiamme montanti, istigate dal monsone, sicche' non poteva permettersi di pensare ai suoi compagni. Non li rivide, se non per un attimo Ciro, che correva sul ponte sotto di lui. La scena comprendeva naturalmente atti di eroismo o di vigliaccheria, salvataggi e sciacallaggi, riferiti da inattendibili aneddoti.

Il fuoco implacabile, diabolico -come dissero le cronache- distrusse in poche ore il gioiellino d'epoca galleggiante, ma i soccorsi giunsero per trarre in salvo i reazionari passeggeri, umidi e tremolanti sulle scialuppe, e poi i membri del corposo equipaggio. Le stime parlavano di pochi feriti e di una sola vittima, un todesco vecchio e di gia' giacente in infermeria, gravemente malato e infermo, per l'appunto (qualcuno disse: dimenticato). Senza contare i miliardi di danni (per le assicurazioni) e l'inestimabile perdita morale per la nostra gloriosa marina. Nessuno avanzo' ipotesi di sabotaggi politici, anche se non mancarono le insinuazioni ufficiose. Oramai, comunque, il presumibile "luogo del delitto" si trovava inabissato a centinaia di miglia sul fondo dell'oceano ("Oceano infame!" sbotto' ai telecronisti l'impavida macchietta del nostalgico.).

*

Mario non sapeva che conclusione trarre, ne' sapeva dove potessero essere finiti i suoi compagni, dispersi nella confusione dei soccorsi e dello sbarco. Ma una cosa l'aveva capita: tutto quello sfarzo, quello spreco e quel disprezzo era giusto che finissero, col dovuto rispetto per la vittima e per i feriti. Come diceva Ciro? Muore la gente piena di guai, ma i strunzi non muoiono mai.

Faceva freddo. Era ora di tornare al pontile per sentire se c'erano novita'. Forse avrebbero fatto rotta verso sud.


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