L'OPERA IN FIABA
Il barbiere di Siviglia
C'era una volta nella magica Siviglia,dove ogni cosa può succedere, un
barbiere di nome Figaro, il tipo più furbo e più simpatico di questo
mondo. A quei tempi felici fare il barbiere non era soltanto una
questione di barba e capelli, no, era molto di più: c'erano le parrucche
da incipriare, c'erano le pomate e i profumi, c'era la panacea di tutti i
mali e c'era soprattutto una caterva di fanciulle da maritare. In questo
il nostro Figaro non aveva nessuno che gli stesse a pari: con la scusa
della barba e una scorta inesauribile di barzellette , lui s'intrufolava
nelle case dei ricchi e lì faceva il bello e cattivo tempo, ed è inutile
dire che non lo faceva gratis. Avevi un bel cercare a Siviglia una ragazza
che fosse riuscita a prender marito senza che il barbiere ci avesse messo
il becco!
Ora capitò che un bel mattino all'alba Figaro se ne venisse fischiettando
alla volta della sua bottega. Quel giorno si sentiva molto fortunato, e i
fatti gli diedero subito ragione. Il caso volle che andasse a sbattere su
un'autentica miniera d'oro sonante, il famosissimo conte d'Almaviva,
sorpreso con la chitarra in mano davanti a una finestra chiusa, come un
allocco! A Figaro pareva di sognare, ma come, voi qui signor mio, oh
qual buon vento, e giù tutto il suo solito repertorio.
Il barbiere era una vecchia volpe, aveva già capito cosa ci stava a fare
il signor conte sotto quel balcone, ma fece il finto tonto perché voleva
che fosse l'altro a sputare l'osso: i nobili, si sa, bisogna lusingarli, e
quando sono ben cotti gli si fa calare le mutande. E così Almaviva narrò
che da giorni snocciolava canzoni nella speranza che l'oggetto del suo
amore, Rosina, decidesse di affacciarsi. E invece niente, ormai il conte
non sapeva più cosa cantare, e poi gli facevano male i piedi. Aveva Figaro
un'idea da suggerirgli? S'intende che avrebbe saputo come sdebitarsi. Al
barbiere sembrò già di sentire nelle orecchie il dolce tintinnio dell'oro.
Un'idea, caro signore, ma mille me ne frullano in testa ! Sappiate che
don Bartolo, quella vecchia mummia del tutore, s'è messo in testa di
sposarla. Ma tranquillo eccellenza, io qui sono di casa, non so se mi
spiego. E ammiccò in
Fortuna volle che Figaro, il quale aveva il dono di trovarsi sempre nel
posto giusto, avesse ascoltato il dialogo dei due bacucchi. Bisognava
stare all'occhio. Intanto il conte in divisa da ufficiale fece il suo
rumoroso ingresso in casa di don Bartolo, e a vederlo così sembrava
proprio ciucco. Immaginarsi il baccano, servi che correvano, il padrone
che sbraitava che lui quel matto non lo voleva; ma nel frattempo Almaviva
era riuscito a far scivolare nelle mani di Rosina un biglietto.
Bel colpo signor mio, ma non cantate vittoria troppo in fretta, perché il
vecchio se n'è accorto e ora vuol vedere cosa c'è nel biglietto. Va là che
siete nato con la camicia , il vostro Figaro tra poco vi toglierà dai
guai. Però quella Rosina, quasi quasi se la cava anche senza di me: ha già
pronto un altro biglietto e lesta lesta lo ha passato ad Almaviva. Don
Bartolo stavolta non ha visto niente, e insiste che vuole leggerlo. Ma sì,
don Somaro, leggi pure che quella è soltanto la lista del bucato, e
s-ciopa! A quella vista il vecchio ammutolì, e per un istante si fece
silenzio, ma poi subito il baccano risalì alle stelle. Per il barbiere
era il momento d'intervenire: ma come signori, che è codesto strepito,
avete svegliato tutto il quartiere e adesso arrivano pure le guardie. Don
Bartolo stava davvero per scoppiare.
Le guardie vennero sul serio, per il conte si metteva male, l'avrebbero
arrestato. Ma che arrestato! I signori suoi pari non s'arrestano: basta
esibire una semplice carta che dice sono il conte Taldeitali, e il capo
dei gendarmi fa un inchino, tante scuse e gira sui tacchi. Andò proprio
così , anche se nessuno tranne Figaro ci capì nulla. Perché Almaviva aveva
fatto le cose con discrezione, si sa che la classe non è acqua. Erano
tutti di sale.
Ci voleva però un'altra idea e a Figaro ne venne una tosta: basta con le
divise, avanti la tonaca, stavolta il conte doveva presentarsi travestito
da abatino. Bisogna pur riconoscere ad Almaviva un certo talento
teatrale, perché la sua interpretazione di don Alonso risultò un vero
capolavoro di unzione: egli si fingeva un allievo di don Basilio che in
sua vece avrebbe fatto lezione di musica alla ragazza, essendo don Basilio
vittima di un bruttissimo raffreddore. Ma infinocchiare don Bartolo non
era cosa da poco, per farla bene ci voleva lo zampino del barbiere. Così,
mentre don Alonso e Rosina parlavano d'amore facendo finta di studiare
musica, il barbiere affogava il tutore in un lenzuolone con la scusa di
fargli la barba, ma con l'intento di nascondere gli altri due. Peccato
che a guastare le feste arrivò don Basilio in persona, bello fresco e sano
come un pesce. Ma a convince
Quando ai due piccioncini scappò detta qualche parolina a volume un po'
più alto vennero giù tuoni e fulmini, don Bartolo buttò via il lenzuolo e
con la faccia piena di sapone cominciò a rincorrerli per la stanza, con
Figaro dietro che cercava di acchiapparlo.
A don Bartolo rimasto solo dopo che tutti se l'erano filata risultò
immediatamente chiaro che l'unico modo per liberarsi di quell'impiccione
che continuava a spuntare come un fungo e ancora non si era riusciti a
capire chi diavolo fosse, era affrettare le nozze con Rosina. Qui ci vuole
don Basilio, borbottò, vado subito da lui, tanto ci scommetto che non sta
affatto male. Che sia d'accordo con Almaviva, o con quell'altro che il
diavolo se lo porti, e il barbiere li faccia girare tutti quanti come
trottole? Così bofonchiando se ne uscì di casa dopo aver sprangato ben
bene tutte le porte.
Nel frattempo il cielo s'era messo al brutto e faceva presagire lampi,
tuoni e cateratte. Tempo da innamorati, ideale per scalare il balcone di
una ragazza, rapirla e farne la propria sposa. Proprio questo si
apprestava a fare il conte, scortato dall'onnipresente Figaro. Ma Rosina
li accolse con le mani sui fianchi e battendo il piedino: ah, così signor
Lindoro mi avete ingannata, volevate scaricarmi, cedermi a quell'indegno
conte Almaviva! Quale mutamento e che fiero cipiglio la bella Rosina, che
del presunto inganno era stata informata dal tutore in persona, e se l'era
bevuta per il semplice motivo che tutti gli innamorati, lo sappiamo, non
si sentono mai sicuri di se stessi. Tale mutamento però fece andare in
estasi il conte: allora vuol dire che mi vuoi bene anche così, senza un
soldo? Oh me felice, guardami mio tesoro, sono io Almaviva, al diavolo
Lindoro!
A Figaro non garbava troppo di star lì a reggere il moccolo, e poi non
c'era tempo da perdere, la scala era pronta, che si sbrigassero a
sbaciucchiarsi. Ma si dà il caso che la scala fosse improvvisamente
sparita. Questa non è opera di magia, è qualcuno che ci vuole male, disse
Figaro ammiccando, qualcuno di nostra conoscenza. Rise di cuore a vedere
gli altri due con gli occhi fuori dalle orbite: credete davvero che Figaro
si lasci intrappolare come un topo? Inguaribile ottimismo condito da un
pizzico di vanteria, che però gli si perdonava volentieri di fronte alla
fortuna sfacciata che dovunque lo accompagnava. Anche quando le sue carte
erano, come adesso, decisamente scadenti. Niente paura dunque, li
rassicurò, e proprio in quel mentre comparvero don Basilio e il notaio che
don Bartolo aveva fatto venire per il contratto di nozze. E perché don
Bartolo non era con loro? Perché il
Ma la fortuna non serve a niente senza sale in zucca, e il nostro eroe ne
aveva da vendere. Gli ci volle poco a girare la frittata a suo favore: già
che c'era il notaio, perché non fargli sposare all'istante i due
innamorati? E il testimone? Presto fatto, don Basilio, che di fronte a un
bell'anello lucente diventò l'uomo più malleabile di questa terra.
Quando arrivò don Bartolo tirandosi dietro le guardie, era già tutto
sistemato. Ma è proprio un vizio quello di volermi arrestare, disse il
conte con nobile condiscendenza : io sono Almaviva ! E quelli via, come
l'altra volta, con la coda tra le gambe. Quanto al tutore, dovette far
buon viso e ingoiare il rospo.
Tutti contenti alla fine, e più di tutti il barbiere, che tra sé meditava
su come far sì che quella inaspettata vena aurifera continuasse a dare i
suoi frutti per molto e molto tempo ancora.