L'OPERA IN FIABA: Le nozze di Figaro
C'era una volta un furbacchione di barbiere chiamato Figaro. Proprio lui,
ve
lo ricordate? Quello che teneva bottega a Siviglia e se la passava alla
grande , a spese dei nobili e dei ricchi borghesi, e non aveva un padrone
al
mondo. Che fine avrà fatto,vi domanderete, dopo le nozze del conte
d'Almaviva
con la bella Rosina? Il nostro Figaro aveva venduto la sua libertà in
cambio
di uno stipendio fisso: si era messo al servizio del conte, tutto qui, e
l'aveva
seguito nel suo sfarzoso castello. Ma no, direte voi. Ma sì invece, queste
cose capitano anche ai migliori di noi.
Da allora molti anni erano passati, e l'ex barbiere pensava che fosse
venuto
il momento di mettere definitivamente la testa a posto: in poche parole
aveva deciso di prender moglie. E chi meglio della cameriera di donna
Rosina poteva fare al caso suo, se poi codesta cameriera era anche
giovane,
bella e piena di spirito? Pure il suo nome emanava grazia e leggiadria:
Susanna o Susannetta, così la chiamavano. Le nozze erano già pronte e gli
sposi non vedevano l'ora, ma c'era un ma. Si dà il caso che il signor
conte,
il quale non aveva perso il vizio di correr dietro alle gonnelle, purché
fossero giovani e carine, avesse messo gli occhi proprio sulla Susanna. E
inventava scuse per rimandare il matrimonio, una volta una cosa, una volta
l'altra,
tanto il padrone era lui. Ma Figaro, che sotto la livrea era rimasto la
solita vecchia volpe, al padrone gliel'avrebbe fatta vedere col lanternino
la sua Susanna, e intanto dormiva con un occhio solo. Fin qui potremmo
anche
stare tranquilli, se non fosse che il nostro eroe ne aveva altri di nemici
al castello: Don Bartolo per esempio, una vecchia conoscenza, che ce
l'aveva
con lui dai tempi di Siviglia, e non ditemi che ve lo siete dimenticato
perché tanto non lo racconto più; don Bartolo, dicevo, si era piazzato
bene
anche lui in casa del conte ,ed ora tramava ai danni di Figaro insieme
alla
governante Marcellina, una tipa non più giovanissima cui sarebbe molto
piaciuto prendere il posto di Susanna. Poi c'era don Basilio, il maestro
di
musica, il quale era disposto a farsi in quattro per chiunque gli
dimostrasse gratitudine sonante, e ronzava intorno alla Susanna come un
diavolo tentatore: cosa ci stai a fare tu con questo poveraccio, quando
potresti far la signora e girartene in carrozza, e avanti così tutti i
giorni la stessa solfa, che Susanna non ne poteva più. Momento , momento,
su don Bartolo e don Basilio siamo tutti d'accordo, già li conosciamo, ma
cos'è questa storia di Marcellina, da dove spunta costei? Va bene, la tipa
era un'antica serva di don Bartolo che aveva seguito la corrente
sistemandosi pure lei al castello, e si era data una bella ripulita
facendola da furba, un po' qui, un po' là, ci siamo capiti; le mancava
giusto di sposarsi per diventare rispettabile e l'aveva pensata bella:
strappare a Figaro una promessa di matrimonio se non le ridava i soldi che
gli aveva prestato. Brava la vecchia! Figaro tuttavia non se ne dava gran
pensiero, e avrebbe dovuto invece.
E Rosina, mi chiederete, cosa faceva, se ne stava zitta? Ahimè, malgrado
si
potesse ancora chiamarla la bella Rosina, qualche ruga di troppo e
l'incostanza
di un marito avvezzo a prediligere la novità, facevano la differenza.
Tant'è
che mentre il conte passava le sue giornate a correre da una stanza
all'altra
con l'intento di sorprendere da sola la Susanna, che pure lei meschina
aveva
il suo daffare a scappare di qua e di là, la povera contessa era sempre lì
davanti allo specchio che si provava i vestiti, metti uno via l'altro, e
cambiava parrucche e nèi e posticci, casomai al marito fosse saltato il
ticchio di entrare nelle sue stanze. Però quello mai che si facesse vedere
una volta sola, a parte quando doveva controllare i conti. Per fortuna
che
a tenerla su di giri c'era un tipetto niente male, il nipote del
giardiniere, a nome Cherubino: un monellaccio di prima categoria, ma così
grazioso e simpatico che non ti ci potevi arrabbiare per più di un minuto.
Nient'altro che un paggio, però bravissimo a farla ridere, lei che di
solito
aveva la lacrima facile. Questo Cherubino era nell'età felice in cui si
svegliano tutti gli ormoni e scatenano un putiferio che non ti fa capire
più
niente. Le sbucava fuori da sotto il letto, da dietro il canapè, faceva
capolino da una tenda, se lo trovava dentro la cassapanca in mezzo alle
cuffie e alle sottogonne; le fregava i nastri solo per aspirarne, beato,
il
profumo: insomma un vero folletto, una peste di ragazzo che la nostra
contessa non aveva cuore di sgridare, anche perché , sotto sotto, ne
adorava
l'ingenua galanteria.
Ora accadde che proprio il giorno fissato per le nozze di Figaro e
Susanna,
cui il sire del castello aveva dovuto suo malgrado acconsentire, proprio
quel giorno la signora contessa venisse colta dal suo signor marito nel
bel
mezzo di un remescio poco chiaro. Colpa di Cherubino, manco a dirlo, che
si
esibiva nelle consuete pazzie, e gli era addirittura saltato in mente di
cantarle una canzonetta mentre Susanna finiva di pettinarla. Il guaio è
che
il conte, a causa di una soffiata di don Basilio che non si faceva mai gli
affari suoi, da qualche tempo aveva cominciato a guardare il paggio con
sospetto, e non gli andava a genio che quello fosse sempre lì a ronzare
intorno alle sottane di sua moglie o peggio, della sua carissima Susanna.
Così quel mattino che già gli girava storta per via delle nozze, avendo
udito un vago suono di chitarra provenire dalle stanze della contessa,
decise di piombarvi inaspettato. Per fortuna bussò, il che permise al
paggio
di fare un bel volo dalla finestra che dava sul giardino e atterrare
felicemente su un mucchio di fieno.
Sebbene le due innocenti lo guardassero con gli occhi tondi, al conte reso
più acuto dalla gelosia non era sfuggito il suddetto remescio, e angustiò
la
consorte con una noiosissima scenata che la poverina prese come tanta
manna,
quasi fosse una dichiarazione d'amore, risolvendo poi di battere il ferro
finché era caldo. Fu così che madama la contessa e la sua leggiadra
cameriera, uscito il conte con la coda tra le gambe, decisero insieme di
giocargli una di quelle burle da guarirlo per sempre, o almeno per un po',
da quella sua mania di fare il galletto. Ci voleva un bigliettino galante,
nel quale Susanna avrebbe invitato il maturo corteggiatore ad un convegno
notturno nel giardino, quella notte stessa. Si sarebbero scambiate i
vestiti, lei e la padrona, cosicché il conte nel momento cruciale avrebbe
stretto tra le braccia non l'agognata fanciulla, bensì sua moglie. Nel
frattempo Susanna nei panni della contessa avrebbe menato per il naso quel
volpone del suo caro maritino, visto che gli uomini in genere si credono
molto più furbi delle loro mogli. Peccato che ben altre nubi, di
carattere
decisamente temporalesco, si addensassero sullo sposo novello: Don
Bartolo
e Marcellina avevano scelto proprio quel giorno per far scoppiare la
tempesta, sventolando sotto gli occhi del conte la famosa promessa di
matrimonio fatta da Figaro alla vecchia furbastra.
Ad Almaviva non occorreva altro per far saltare baracca e burattini:
fermi tutti, queste nozze non s'hanno da fare ! Mentre don Bartolo si
fregava le mani ridacchiando e la comare s'era buttata su Figaro come la
mosca sul miele, indovinate un po' chi giunse in quel preciso momento? Ma
la Susanna, è naturale, che cominciò subito con lo strappar via la
parrucca
alla vecchia, attribuendole ogni sorta di titolo onorifico, tra le
risatine
del conte e le alte proteste del povero Figaro.
In mezzo a un simile pandemonio chiunque avrebbe perso come minimo la
bussola, ma il nostro barbiere era di ben altra pasta: miei signori, un
attimo di silenzio, disse , abbiate la bontà di ascoltare ciò che sto per
dirvi. E tirò fuori l'asso nella manica che aveva tenuto in serbo per una
situazione come quella, perché non c'è che dire, era un uomo previdente:
trovandosi egli nell'impossibilità di pagare il debito contratto con la
presente Marcellina, avrebbe sì onorato l'impegno di sposarla, ma non
subito, richiedendosi in tale circostanza il consenso dei suoi nobili
parenti che bisognava prima cercare. E con suoi intendeva proprio i suoi
di
lui, Figaro, perché miei signori, sappiate che io sono un bambino rapito
dai
masnadieri a genitori di rango, come dimostrano questi documenti e
soprattutto il tatuaggio che vedete qui.
E scoprì il braccio destro, cosa che fece tirare un urlo a Marcellina e
quasi morire soffocato don Bartolo dalla presa di tabacco che stava
fiutando: ma questo è il nostro adorato figlioletto che i banditi ci hanno
rubato! Figlioletto? Vorreste farmi credere che siete. Tua madre, e
questo
è tuo padre, disse l'ex vecchia pretendente che già faceva lavorare il
cervello, indicando don Bartolo che avrebbe voluto scavare una buca
sottoterra: ecco, mio caro, il frutto del nostro antico amore, e indicò
Figaro. Ho capito tutto, fece don Bartolo, faremo un doppio matrimonio e
sia finita. Dopo questo spettacolare scioglimento lascio a voi immaginare
chi dei presenti, malgrado i sorrisi forzati e l'urbanità di modi, si
mangiasse il fegato; e il bello è che il poveretto ancora ignorava quale
burla gli si preparasse per quella notte.Mentre tutti si complimentavano
con
gli sposi che da due erano diventati quattro, la Susanna ne approfittò per
far scivolare nella tasca del conte il fatidico bigliettino , letto il
quale
egli si sentì sciogliere nello stomaco un balsamo celestiale che lo guarì
all'istante da tutta la bile che aveva ingoiato fino a quel momento.
Venne dunque la notte, una di quelle tiepide notti che invitano gli amanti
ad avvalersi del morbido muschio dei boschetti, piuttosto che di un
semplice
letto di piume. E nel parco del castello quella notte c'erano proprio
tutti
i nostri eroi, giovani e vecchi, servi e padroni, soli o in coppia, e
ognuno
si aggirava in cerca di qualcosa, chi un ricordo, chi un'illusione, chi
senza sapere bene cosa. C'era don Basilio spinto da una certa maligna
curiosità, c'era il paggio Cherubino che fiutava l'aria densa di profumi e
ne seguiva la scia; c'erano i due vecchi parrucconi, don Bartolo e
Marcellina, che cercavano sollievo ai reumatismi e allo spettro dell'età;
c'era
Figaro tutto allegro che cercava la sua Susanna, e c'era il conte
ringalluzzito che la cercava pure lui. Ma soprattutto c'erano le due
vezzose
donne, una coi vestiti dell'altra. Era fatale che in tutto quel girare e
aggirarsi ci si dovesse prima o poi scontrare, e fu Cherubino il primo che
andò a sbattere sulla contessa, cioè Susanna, che lo mandò a quel paese
con
un sciò sciò perentorio e così poco nello stile della contessa che il
ragazzo alquanto perplesso fece un giro su se stesso inciampando proprio
sulla Susanna, cioè la contessa, che tutta trepidante seguiva i passi
dell'altra.
Redarguito stavolta con signorile dolcezza, Cherubino finì per non capirci
più nulla, risolvendo tra sé che probabilmente si trattava di un qualche
gioco o scherzo di donne e che a lui quindi conveniva restare nei paraggi.
S'infilò
in una pagoda pronto a saltar fuori appena la cosa si fosse fatta
interessante. E infatti non tardò molto ad assistere a una scenetta
davvero
piccante: Almaviva, che a giudicare dall'odore doveva essersi versato
addosso un'intera boccetta di profumo, si precipitava sulla Susanna o chi
diavolo fosse, con l'ardore di un giovane innamorato. Il guaio è che non
solo Cherubino si stava godendo, si fa per dire, la scena: mezzo nascosto
da
un albero c'era Figaro completamente brasato e incapace di emettere suono.
Per fortuna la vera Susanna lo marcava stretto e si affrettò a sbarrargli
il
passo: venite via di qui, presto, andiamo a piangere insieme la nostra
infelice sorte! E camuffando la voce e l'andatura di madama lo trascinò
in
una specie di capanno degli attrezzi che si trovava poco distante. Bisogna
proprio ammetterlo, o la Susanna recitava tanto male che neppure un
bambino
ci sarebbe cascato, o Figaro era così stracotto di lei che l'avrebbe
riconosciuta tra mille; fatto sta che se ne accorse quasi subito, ma pensò
bene di starsene zitto e continuare la farsa, un po' per divertirsi , un
po'
per farle pagare il coccolone che s'era preso: sicuro madama, chi mai
vide
due infelici al pari di noi, così indegnamente traditi , esclamò con
enfasi;
è d'uopo quindi consolare i nostri cuori afflitti rendendogli pan per
focaccia. E l'abbrancò per la vita, provocando l'immediata reazione di
Susanna che gli fece girare la faccia dall'altra parte con un bello
schiaffo. Così mi piaci Susannetta, gridò Figaro al settimo cielo, ma
adesso basta, facciamo pace.
Sistemati felicemente i novelli sposi, che ne era degli altri due? E'
certo
che anche loro male non stavano, e sarebbero stati ancora meglio se
avessero
potuto continuare ad illudersi; ma prima o poi le cose vanno rimesse a
posto. Si doveva fare ordine, prima che tutto s'incasinasse di nuovo, e
l'ordine
per qualche tempo sarebbe durato. Vennero i servi con le torce e la
coppia
fu accerchiata; il chiarore illuminò il viso della contessa che fino a
quel
momento si era illusa di essere un'altra, più giovane e desiderata. Il
conte
si vergognò e cadde ai suoi piedi, pensando che l'errore aveva fatto
rinascere in lui l'antico incantamento. Non domandatevi se il giorno dopo
avrebbe cambiato idea: quella notte ogni cosa era al posto giusto,
compreso
Cherubino che uscito fuori dal suo nascondiglio, dopo aver visto e udito
cose inenarrabili, ora finalmente sapeva ciò che fino a quel punto gli era
parso confuso e quasi incomprensibile.