Ciao, mi chiamo Cristina Bobbio , ho 47 anni , una laurea in lettere che a
fini pratici non mi è mai servita a nulla, e una gran passione per i
libri. Non ho scritto nulla finora, a parte questi due brevi racconti.
Potrebbe essere un inizio, si vedrà. La biografia è tutta qui. Vi
ringrazio per l'attenzione e incollo qui di seguito i due racconti,.
Credo proprio di essere una di quelle non rare persone che fin dalla
nascita si sono ritrovate la pappa fatta. Ciò rappresenta un grosso
svantaggio. Si sa che quando la vita ti applica un bel razzo acceso ,
per usare un eufemismo, sul fondo della schiena, che tu lo voglia o no sei
costretto a darti una mossa. Nel mio caso invece tutto il contrario:
io potevo dormire tra sette guanciali non perché si nuotasse smodatamente
nell'oro, bensì a causa di quella tipica agiatezza piccoloborghese ,
accompagnata da grigiore e sonnolenza, che contraddistingue la classe
impiegatizia cui appartenevano i miei.
Classe impiegatizia alquanto spuria a dire il vero, perché derivante da
un'improbabile mistura di decaduti fasti nobiliari austroungarici e da ex
solida borghesia lombarda . Ciò significa che se putacaso mi fosse
passato per la testa di fare la parrucchiera , non dico la fisioterapista
perché negli anni Settanta non era ancora di moda, avrei certamente
suscitato un coro di proteste inorridite. Una ragazza di buona famiglia
doveva fare il classico, come minimo, e poi l'insegnante di lettere come
mia zia, cheperunadonnaèsempreilmestierepiùbello.
La mia casa di allora era lo specchio dei suoi abitanti. Un'amica che
anni dopo ebbe la ventura di entrarci rimase addirittura sconvolta dalla
sua atmosfera da loculo. Forse esagerò un poco, probabilmente influenzata
dalla conoscenza diretta dei miei genitori, ma nell'insieme la sua
impressione si può definire esatta. Il palazzo è ancora là, piantato e
solido, al centro di una delle vie più trafficate di Genova. Con la
facciata rifatta sembra persino elegante, una vecchia signora del primo
Novecento. L'appartamento è quasi più un ufficio che una vera casa: al
piano ammezzato, tra il viavai dei condomini , una volta di fronte c'era
pure un bordello che poi è stato chiuso. Ma la cosa più triste erano i
mobili. Non antichi e neppure vecchi, ma raffazzonati, senza senso :
qualcuno persino nuovo, di formica come i pensili e il tavolo della
cucina, altri commissionati a un falegname di Carpeneto amico di mio
padre, che vive ancora poveretto, ma per fortuna non lavora più. Si dà il
caso che i prodotti della sua arte , in tutto il loro splendore , me li
sia goduti io nella mia camera , la più allegra di tutta la casa per via
del suo colore chiaro, mentre il resto era di un marronaccio cupo.
Qui trascorsi un'adolescenza non del tutto infelice. Mi attirerei un
fulmine se osassi affermare il contrario. In fin dei conti la pancia era
piena, freddo non ne sentivo e quanto a certe esigenze estetiche, tipo la
questione dei mobili, non mi pare il caso di farne una tragedia.
L'atmosfera, quella sì che non posso dimenticarla, anche se adesso ci
ripenso come a un morbillo contratto nell'infanzia, senza ombra di
rimpianto. Ecco, l'atmosfera che vi si respirava potrebbe far pensare a
quei treni regionali della linea Genova-Ovada , polverosi, coi loro
ritardi sempre uguali, noiosi e prevedibili, fermi sul ponte
dell'Acquasanta o in galleria , che t'infondono quasi un senso di
sicurezza nel loro disordine. La mia casa era così, come un treno di
pendolari, con l'odore della pappa fatta che aleggiava intorno e ti si
avvolgeva nella mente .
Ma c'era anche una pappa non metaforica e tutt'altro che dannosa,
riservata allo stomaco. Mio padre, ragioniere ipocondriaco che poco o
nulla conservava del sangue avito, ma teneva in gran considerazione il
medico di famiglia, mio padre cucinava da dio. Poche cose e sempre le
stesse, tanto per non smentire il culto dell'abitudine, però tali da
sovvertire una volta per tutte l'idea che un uomo prevedibile non possa
nascondere ogni tanto una sorpresa . In cucina mio padre faceva
volteggiare la sua mole di cento e passa chili in modo quasi leggiadro,
brandendo il cucchiaio di legno. Il ricordo del suo sugo di carne, del
suo risotto, delle sue focacce al formaggio e alla salvia , delle sue
frittatine al pesto, dei suoi gnocchi di patate mi accarezza il cuore.
Penso: è tutto ciò che mi resterà di lui quando se ne sarà andato, il
sapore dei suoi sughi .
Fu all'epoca del liceo che cominciò la mia fuga da casa. Fuga virtuale e
per nulla avventurosa dietro la porta della mia stanza, interrotta
regolarmente all'ora dei pasti. I libri, i voli della fantasia possono
costituire una comoda soluzione per chi non è capace di rinunciare alla
famosa pappa . Ci sono molti modi di chinare la testa : uno fa il
dentista perché lo faceva suo padre, o l'impresario di pompe funebri per
non rompere una tradizione di famiglia ; un altro semplicemente non sa
cosa fare di se stesso.
Mia madre, lei parlava poco, forse per compensare la logorrea di mio
padre, i cui argomenti vertevano costantemente su certi temi fissi come
mifamalequimifamalelà o cosasimangiaoggi o cosac'èoggiallatele.
A volte rideva, e quando rideva lei era una festa, perché per un breve
istante tornava ad essere quella che era stata e che io non avevo mai
conosciuto. Il suo riso somigliava a una specie di acuto prolungato che
solo a sentirlo ti faceva piegare. Aveva perso quasi tutto con la guerra.
Poi un cugino le aveva procurato un posto fisso alla Camera di Commercio
di Genova, in archivio, il classico piacere fatto a una parente povera.
Negli uffici si portava allora la cappa nera. Da bambina ci sono stata in
quel buco polveroso : oltre a mia madre c'erano tre vecchie signorine, di
cui una gobba, una nana e l'altra enormemente grassa. Tutte parlavano con
voce tremula e gentile, sottovoce per non disturbare. E scrivevano,
scrivevano su grandi libroni col pennino e l'inchiostro.
Mia madre era allegra malgrado tutto. Talvolta alla sera dispiegava sul
tavolo della cucina un'enorme camicia di mio padre, accingendosi a
stirarla.
Io la guardavo attonita, chiedendomi come facesse a seguire tutte quelle
anse di stoffa senza smarrirsi ; a un certo punto, trionfante, lei
sollevava tra le braccia la camicia come una vela, poi energica e veloce
cominciava a piegarla.
Non mi raccontava quasi nulla, mentre io a lei tutto. A noi piaceva
camminare nei vicoli dopo l'ufficio, prima di tornare a casa; lei si
rianimava, io la prendevo a braccetto e finivamo per comprare la focaccia
al formaggio. Ogni tanto si andava da Buonafede a mangiare un krapfen con
la panna, e allora sì che era festa.
Oggi mia madre è vecchia e cerca invano le parole, che buffo, ma è tardi
per raccontare. Di lei mi resterà il silenzio e l'eco della sua risata.
La casa di Genova è vuota, non ne vogliono sapere di affittarla. Una
volta al mese ritiro la posta e ogni tanto mi pigliano questi pensieri,
di quale svantaggio ci sia nel ritrovarsi la pappa fatta anziché un bel
razzo acceso sul didietro, e cosa significhi non aver saputo far nulla di
se stessi.
Ma per quanto mi sforzi non riesco a fare di questo una tragedia, né a
spremere una lacrima che non contenga pure qualcosa di dolce.
Volete sapere che cosa è l'opera ? Immaginate di tornare bambini e di
trovarvi al circo per la prima volta: tutto brilla , ci sono tanti colori
e musica ovunque . Il cuore canta, batte per l'emozione e quando arriva
il numero del trapezio quasi si ferma dal terrore. La primadonna è là
sospesa in aria, volteggia , si riappende e riparte, i suoi voli sono
gorgheggi. Rulla il tamburo, silenzio, applausi.
Mamma, qui c'è quella grande tenda rossa che copre tutto davanti a noi,
perché ? Perché a teatro la scena deve essere una sorpresa, aspetta e
vedrai. Ma non è come al circo che c'è la banda , e poi la musica da dove
viene ? Starnuti e colpi di tosse, le luci si spengono, applausi : entra
il direttore.
Ecco la musica, viene da un buco là in basso, col binocolo si vedono le
facce degli orchestrali e la coda da pinguino del maestro e il volteggiare
della sua bacchetta. E' ancora buio,è triste l'orchestra e piange, non so
perché. Finalmente si apre. C'è tanta luce adesso, è una festa. Che bei
vestiti, sembra un film, solo che qui tutti cantano, prima uno poi
l'altro, non capisco le parole però che bello, ma cosa succede ora ? E'
entrato un gobbo con la calzamaglia, il mantello tutto colorato e un
berretto coi campanelli : si mette a parlare al signore elegante che
siede sul trono. Che buffo , fa mille smorfie e il signore ride. E' come
un clown. Ma dopo arriva un vecchio coi capelli bianchi : il gobbo gli
dice qualcosa e quello si arrabbia , poi con un vocione terribile grida
una parola che non capisco e alla fine le guardie lo portano via. La
tenda s'è chiusa, ma cosa è successo mamma, chi è quel gobbo, cosa gli ha
detto il vecchio ?
E' Rigoletto, il buffone gobbo. Quel vecchio si chiama Monterone : al
duca di Mantova, quello che sta sul trono, piaceva sua figlia, perché lui
è fatto così, gli piacciono tutte, ma poi si stanca di loro e le pianta.
Per questo il vecchio è arrabbiato, ma Rigoletto lo prende in giro
dicendo che sono tutti quanti stufi delle sue lagne. Non l'avesse mai
detto : Monterone gli scaglia la maledizione, e questo vuol dire che gli
capiterà qualcosa di molto brutto .
Adesso è tutto buio, il gobbo cammina su e giù, poi viene uno alto e
secco con un mantellone e una voce da orco : fa due chiacchiere con
Rigoletto e se ne va. Rigoletto è triste, ma a un certo punto viene fuori
una donna bionda vestita di bianco che lo abbraccia. E' un tantino grassa
e trilla tutta, chi è? E' Gilda, la figlia del buffone. Lui la tiene
nascosta perché non vuole che il duca la scopra, sai com'è fatto, poi sono
guai.
Però il duca l'aveva già scoperta e gli piaceva un sacco. Anche lei
l'aveva visto in chiesa, ma non sapeva che era il duca. Vedrai che adesso
arriva, ma vestito da povero, le fa credere di essere uno studente.
Ascolta il duetto d'amore.
Come sono belle le due voci che cantano insieme . Lui è grasso come lei.
Sono buffi perché se ne stanno impalati e non fanno quasi niente, non si
danno i baci come nei film. Non possono baciarsi o muoversi tanto, sennò
come farebbero a cantare ? Il canto è fatica, sai.
Ma intanto il duca è scappato via, forse è Rigoletto che torna, no , è un
gruppo di uomini col mantello nero.
Sono i cortigiani, gente che vive nel palazzo a spese del duca e in
cambio devono sempre fargli piacere, dirgli come sei bello, come sei bravo
e ogni tanto gli preparano una sorpresa, tipo adesso : vogliono rapire
Gilda e portargliela in regalo, tanto per ridere un po', visto che non
hanno niente da fare tutto il giorno. Però gli capita fra i piedi proprio
Rigoletto. Allora ridono ancora di più perché, ascolta bene, gli fanno
credere di voler rapire un'altra, una contessa che abita lì vicino, e
Rigoletto è tutto contento che non vogliano rapire sua figlia, e gli dice
eccomi qua, sono con voi,fatemi fare qualcosa anche a me. Così lo bendano
e gli fanno reggere la scala. Vedi, è buio pesto, lui ancora non ci
capisce niente, l'hanno piantato lì da solo.
Ora stanno portando via Gilda, lei è in camicia da notte, grida aiuto.
Rigoletto si accorge dello scherzo, corre come un matto chiamando Gilda ,
Gilda, Gilda, poi rotola giù dalle scale. Che volo mamma, si sarà fatto
male ? Ma no, è quello lì che vuol farsi vedere, però è bravo, ha cantato
alla grande . E cosa ha detto alla fine, dopo essere rotolato? Ah , la
maledizione , le parole del vecchio.
S'è chiuso il sipario, tieni la merenda , ci vorranno almeno venti minuti
per cambiare la scena . Prima però non mi hai domandato chi era quel tipo
lungo e secco col vocione da basso che parlava con Rigoletto. Io non ho
capito niente di quello che dicevano. All'opera non si capisce quasi mai
quello che dicono, ci vorrebbero le scritte sotto, chissà che un giorno
non si decidano a metterle. Quel tipo si chiama Sparafucile, è uno che
ammazza la gente per denaro. Forse Rigoletto potrebbe avere bisogno di
lui per liberarsi di un nemico, ma per il momento non gli serve.
Che caldo, quando ricomincia ? Ecco, hanno spento le luci, torna il
direttore. C'è di nuovo il palazzo ma non come all'inizio, ora il duca è
solo.
Canta una musica bellissima, la sua voce va in alto, poi quando ha finito
ci sono applausi, la gente grida biiiiiii e lui rifà la stessa canzone.
Si chiama romanza, il pubblico ha chiesto il bis. La sua voce va tanto in
alto perché è un tenore. Rigoletto invece è baritono. E Gilda ?
Soprano.
Fa' attenzione, adesso arrivano i cortigiani, vengono a dire al duca che
Gilda è nel palazzo, l'hanno portata loro. Lui va via di corsa .
La musica è strana ora , sembra che abbia il singhiozzo : c'è Rigoletto
che zoppica, va un po' qua un po' là, e canta lalà, lalà, lalà.
Lui canticchia ma è disperato, sta cercando Gilda, lo sa che lei è lì da
qualche parte. Cosa è successo, perché adesso grida così ?
Senti la musica, è come un fiume in piena : cortigiani, vil razza dannata
grida Rigoletto , e vuol dire che quella è gente cattiva coi più deboli,
mentre coi forti diventa umile e paurosa . Questo significa essere vili.
La musica si è addolcita, il buffone sta chiedendo pietà , ridatemi mia
figlia ; però ai cortigiani non gliene importa niente, al massimo lo
prendono per matto. Arriva Gilda sempre in camicia da notte. Senti ora
come tuona Rigoletto che nessuno osi avvicinarsi , e i cortigiani
bisbigliano che i tipi come lui è meglio lasciarli fare : è solo un
buffone, se dovesse tentare qualche brutto scherzo ci metteranno poco a
dargli un colpo in testa.
Sono rimasti soli, Gilda racconta : tutte le domeniche in chiesa io
vedevo un ragazzo bello come il sole, e noi ci guardavamo senza dire
niente, i nostri cuori parlavano ; poi lui è venuto da me stanotte, ha
detto che mi amava, io ci ho creduto che fosse uno studente, ma dopo sono
arrivati quelli che mi hanno rapita e mi hanno portata qui morta di
spavento.
Gilda tace, può solo piangere e con lei piange la musica .. Ma perché non
è contenta che l'hanno portata da lui ? Perché le ha detto una bugia.
Ora guarda chi viene , lo riconosci ? Il vecchio coi capelli bianchi,
quello che si era arrabbiato con Rigoletto. Finora i guai sono capitati
solo al povero buffone,al duca invece niente, neanche un mal di pancia.
Però Rigoletto gli dice : sta' tranquillo vecchio che sarai vendicato,
poi si mette al centro della scena col pugno alzato e canta sì vendetta,
tremenda vendetta, e Gilda è spaventatissima, prega suo padre di
perdonarlo perché è ancora innamorata.
Allora cantano due cose diverse ? Proprio così, uno dice una cosa e
l'altra il contrario, ma la musica li mette d'accordo : questa è l'opera.
Tra poco ci sarà l'ultimo atto, il mio preferito. Perché ? Soprattutto
per il quartetto. Sentirai, qui sono in quattro che dicono cose diverse e
la musica te le farà capire, non le parole, ma i sentimenti di ognuno.
La scena è la più bella di tutte : c'è una casa sul fiume, mezza
diroccata, e si vede una barca che dondola. C'è veramente l'acqua? No, è
una tela mossa dai macchinisti, però col gioco delle luci sembra proprio
acqua.
Che posto è ? E' una specie di osteria sul fiume di Mantova, il Mincio.
Lì ci abita Sparafucile, ti ricordi, il basso, quello che ammazza la
gente per soldi. Rigoletto e Gilda sono nascosti nell'ombra e guardano
quello che succede dentro la casa : c'è il duca che canta una canzone e fa
un acuto pazzesco, il pubblico diventa matto . Ma ora lui la canta di
nuovo ? Forse. Aspetta, sì, ricomincia. Rispara l'acuto. Adesso non è
che la fa un'altra volta? Sarebbe un tris, ogni tanto capita. No, meno
male!
Ma cosa ci fa lì il duca ? E' venuto per Maddalena, la sorella di
Sparafucile, e non sa che quello è stato pagato per ammazzarlo , da
Rigoletto naturalmente.
Comincia il quartetto . Sta' bene attenta, ci sono il duca di Mantova e
Maddalena nella casa, Rigoletto e Gilda fuori : tenore e mezzosoprano,
baritono e soprano. Il duca fa lo stupido con Maddalena, quanto sei
bella, quanto mi piaci, mentre lei se la ride a voce bassa; intanto Gilda
piange sull'acuto e Rigoletto le ordina di star zitta, cosa piangi a fare,
te l'avevo detto io, la pagherà ! Così uno fa il cretino, una ride, una
piange , l'altro pensa alla vendetta e non c'è bisogno di spiegarlo, c'è
la musica che dice tutto.
Adesso Rigoletto manda via Gilda : tieni un cavallo e questi vestiti da
uomo, prendi la strada per Verona che io poi ti raggiungo. Lei non deve
assistere a quello che succederà tra poco : Sparafucile riceve il denaro
, dieci scudi, e finito il lavoro ne avrà altri dieci . Il suo lavoro è
ammazzare il duca ? Sì, però Rigoletto vuole essere lui a gettare il
corpo nel fiume, quando sarà bello stecchito. Nel frattempo il duca ha
deciso di farsi una dormitina nel granaio : è il momento buono per
portargli via la spada, cosa che a Maddalena non va giù per niente. E' un
peccato ammazzare un così bel ragazzo, e poi venti scudi sono pochi, lui
vale di più. Ma guarda chi viene ora, vestita da uomo .
Gilda. Brava, proprio lei, che ha disobbedito a suo padre : invece di
andare a Verona è tornata lì per amore del duca.
Attenzione adesso a quello che si dicono Maddalena e Sparafucile : è
troppo bello quel ragazzo, anch'io gli piaccio, ti prego lasciamolo
dormire in pace! Sei pazza, tra poco il tuo bello sgozzato da me finirà
in pasto ai pesci.
E Gilda ascolta tutto. Ma senti fratello, mi è venuta un'idea :
ammazziamo il gobbo invece, così ci becchiamo i soldi ; cosa dici, ho mai
tradito un cliente io ?Quello deve morire. Se qualcuno passa di qui posso
ammazzarlo al suo posto, ma tanto con questo tempo te lo scordi, nessuno
passerà.
C'è la tempesta. Gilda ha deciso di bussare alla porta e di morire al
posto del duca. Mamma, senti questi uuuuuuu, sembrano fantasmi ! E' il
coro dietro le quinte che fa finta di essere il vento.
Gilda bussa. Maddalena e Sparafucile non possono crederci, con un
tempaccio simile c'è qualcuno che picchia alla porta . Un bel colpo di
pugnale e Gilda si ritrova nel sacco impacchettata e pronta per i pesci.
Ma è morta ? No, deve ancora cantare.
Guarda , è tornato Rigoletto. Muore dalla voglia di avere tra le mani il
suo nemico, ma pazienza, ci manca poco. Batte la mezzanotte, Sparafucile
esce col sacco. Rigoletto è proprio deciso a gettarlo lui nel fiume,
sennò che gusto ci sarebbe ? Sparafucile se ne va sulla sua ultima nota
bassa, buonanotte.
Rimane solo col sacco . Non lo sa che dentro c'è Gilda ? No che non lo
sa, mica c'era quando ce l'hanno messa. E poi adesso sta vivendo il suo
momento magico, si sente forte, un povero buffone che sotto i piedi tiene
un uomo così potente ! Ma dura poco : da qualche parte esce la voce del
duca.
E' la canzone che cantava prima ? Sì, forse si è appena svegliato e
Maddalena è con lui, però noi questo non lo vediamo.
Ecco, ha trovato Gilda nel sacco. Si mette per terra vicino a lei e tutti
e due se ne stanno lì sdraiati. Pensa che una volta ho visto un baritono
che ha preso in braccio il soprano e l'ha tenuta così fino alla fine.
Doveva averne di forza! Ma questo non può farcela, è troppo grassa.
Cantano ancora, anche lei che sta per morire. E' sempre così nell'opera,
si canta mentre si muore. E cantando persino le ultime parole diventano
più belle, come qui, ascolta bene : lassù in cielo vicina alla madre, in
eterno per voi pregherò. Perché sua mamma è morta e lei la raggiungerà in
cielo.
Vanno avanti per un po' col duetto, poi a un certo punto Gilda non canta
più :
è morta , dice Rigoletto dopo averla chiamata inutilmente , e rivolto al
pubblico con le braccia alzate grida ah, la maledizione , e cade a terra
. Morto ? Ma no, vuoi far morire tutti ? Nell'opera si muore spesso, ma
alla fine dietro il sipario i morti si alzano e vengono fuori a
ringraziare il pubblico.
E' finita, applausi, si accendono le luci. La gente sta in piedi per
vedere meglio i cantanti che a uno a uno , poi tutti insieme, si
inchinano e raccolgono i fiori. Ogni tanto si sente un brava, un bravo
urlato a squarciagola chissà da chi, come una schioppettata. Succede
sempre,e pure questo fa parte dell'opera. Alla fine , ma proprio alla
fine di tutto ci si avvia verso l'uscita , seguendo la fiumana di folla
che tutte le volte fa pensare a una lunga e lenta fila di elefanti che
procede dondolando. Fa sempre più caldo in teatro, quasi ci si
addormenta, la magia piano piano svanisce lasciandosi dietro una sottile
scia malinconica. Come al circo, sì, come al circo.