Aspettando&ldots;..

di Cabiddu Silvana

 

 

Finalmente le 05,10 di quell’8 maggio si erano decise ad arrivare.

La città trasudava alcool,droghe fumo,film,tacchi alti,brillantini,shampoo da parrucchiere.

Sudava da altre parti malattie sentite ed affrontate con dolcezza,timori del corpo e dell’anima che lentamente mangiavano qua e là .

Ellis ascoltava l’andirivieni di motorini smarmittati e sapeva che non sarebbe arrivato;Sthephan ne era il tipo,se solo avesse avuto il suo numero di telefono.

Si erano toccati e baciati nel reparto dell’ospedale e il loro desiderio rimaneva caldo sul suo seno e sulla sua pelle tutta.

Era gonfia di almeno 6 chili in più,un farmaco somministrato maldestramente aveva messo a dura prova il suo fisico.

Si chiedeva,poggiata alla spalliera a fronte dello specchio,quanto quella merda avrebbe ristagnato tra le fibre dei suoi muscoli.

Osservando i suoi occhi neri a mandorla non riusciva a distinguerne troppo bene la linea.

Era stata dal parrucchiere per un taglio diverso ai suoi capelli corvini e alla sua vita che finalmente era vita libera.

Chiamò Lucy per un po’ di conforto,dopo circa dieci anni.

Erano state in tandem nella rappresentanza di libri porta a porta per una famosa casa editrice.

E allora Lucy era sempre stata la più”in”:Magra,slanciata ma non troppo alta,minigonna,calze filanca,camperos,capelli lunghi,sottili,biondo rame,occhi alla attrice del momento,alla quale per altro somigliava realmente.

Il tandem,aveva retto,sebbene Ellis non riuscisse allora a spingersi troppo in la nell’insistenza coi clienti;fra le scale e le porte e le cucine e i soggiorni odoranti di cibo,di vecchio,stantio,cellophane dove far accomodare le due belle trentenni spacciatesi per “intervistatrici”.

Quindici anni dopo non dieci,Ellis ricordava perfettamente il suo essere definita dal “Mister” dell’editoria la”dark lady” di Greenville.

Quell’appellativo le si addiceva per quanto riguardava i due abiti che indossava,intercanbiandoli.Un tubino nero a mezzo ginocchio con relativa giacca,scarpa bassa con tacco a rocchetto,borsa con apertura a borsellino.

Ellis saliva le scale dell’ufficio suo malgrado,dondolando i lunghi ricci a onde neroblu,sempre lucidi e profumati;era stato quello il suo primo lavoro dopo la tragedia.

Una bella esperienza durata un anno,con relativo,fittizio innamoramento per Simone,uno dei migliori.Attualmente sposato con figli,così come Lucy ,che aveva risposto con voce molto flebile dall’abitazione del padre,insieme alla figlia Ilenia di dieci anni.

Aspettava una biopsia dell’ultimo tratto intestinale e desiderava con cuore un fratellino,cioè un altro compagno di vita per lei ed Ilenia.

La città era squallida quanto basta a rendere grigie e chiuse come l’isola troppe case e troppe esistenze,cioè vite.

E non era cambiata,così come non era cambiata l’isola.

Motorini e una cucina malsicura,da sabato sera trascorso ormai,con qualche altro cadavere da qualche altra parte.

Ellis non avrebbe perdonato a Davide di non aver saltato il cancelletto verde per accompagnarla a bere un caffè ,che si preoccupò di preparare da sola dopo la pizza”pony express” .

Sì,questa era la città dei pony express.

Della stabilità,senza ombra di slittamenti,pizzeria,cinema,discoteca o locali.

Bello,un tempo,e neanche.

Ci sono vite e vite,e normale,ed è regolare che quelle”non regolari”si scostino per indole dall’inquadratura.

Sobbalzò leggermente,al botto di un motorino contro il palo del semaforo all’incrocio.

Almeno avesse avuto il numero di sthephan.

 

Davide era fatto così,lui lo sapeva che non sarebbe venuto a trovarla,ma aveva i suoi quadri,e questa la rendeva nervosa.

Allungò le gambe ancora ritente d’acqua e decise di bere fino a pisciare quella merda per tutta la notte.

Accese una sigaretta e si avviò verso la stanza da bagno due porte più in la;decidendo per un bagno caldo e due gocce di vaniglia.

Il suo corpo sodo era segnato dai solchi di calze,slip e reggiseno;fu così che opto per un’idea di “giustizia”

-di resa dei conti tutta sua

- di chiusura del cerchio,anche se per altro era stato gia chiuso,ma c’era una noticina stonata che disturbava il rock’n’roll in quel corpo gonfio.

Inutile,aveva provato molte colonne sonore,ma la sua era il pop rock’n’roll, e a seconda,il pop un po’ romantico di cantanti malvisti da critici e trentenni.

“chi cazzo se ne frega” pensò,suicidatevi come meglio credete,e a quanto pare vi piace

- lentamente.

per quanto la riguardava,aveva gia dato,e non trasudava né cinismo,né iperrealismo,né alcunché di angusto o di molesto.

Aveva il diritto sacrosanto di camminare nelle sue scarpe senza niente in prestito,e se qualcuno storceva il naso,andasse pure a fare le sue considerazioni da un’altra parte,o a scrostare padelle in una trattoria.

 

Adesso si trovava da “Ciccio”

Ordinò una mezza tagliata con contorno di verdurine fritte e dell’acqua minerale gassata,con buona pace della sua ulcera.

Si guardò attorno,ogni cosa,molto,molto lentamente.

Ma il paesaggio era assente

- piatto

- scontento

-semilucido

- inodore

- incolore

- l’orizzonte del mare era nascosto da una qualità originale di palmizi non troppo floridi,che rendevano comunque il contesto un po’ meno doloroso o squallido.

Da un po’ Ellis,camminava senza sentire il terreno sotto le suole delle scarpe, come circumnavigare se stessi all’ombra dell’apatia assente di stimoli che non riusciva più a raccattare da nessuna parte.

Non è il posto

- siamo noi

- no, no ci sono luoghi,posti,persone,case,cose che sono una merda

- altro che No.

E la tagliata,eccola.

Profumata,con la rucola.

E che verdurine.

Questo Ciccio marina è un figo