Gli amori di Sandra

 

Sandra quasi quarant’anni.

Seduta al tavolo della cucina guarda distratta la strada. Ed intanto pensa. Forse il suo sguardo non segue una direzione precisa ma si perde riflesso nella porcellana della tazza che dilata la sua immagine e la fa sembrare sorridere.

Il suo sguardo segue il vapore che sale e lasciando scorrere i pensieri, le appaiono le immagini degli uomini che sono passati nella sua vita o che si sono fermati nel suo letto solo per un breve istante.

Quanti sono stati dei veri amori ? Quanti le hanno scaldato solo i piedi ed il corpo che ora non riesce più a provare delle emozioni, che alle volte lei stessa non riesce più a sentire?

Si sforza di ricostruire quei visi e quei corpi che non conservano più niente di fisico, della stessa sostanza dei sogni e si chiede che cosa le abbia impedito d’avere una vita normale, una famiglia con cui dividere una vita che ora le sembra cosí vuota.

Si osserva le mani che hanno perso la loro morbidezza con gli anni e si sente un po’ stanca, come se i ricordi l’avessero svuotata e la facessero sentire ancora più triste.

C’era stato un momento nella sua vita in cui si era detta “forse è la volta buona”, poi tutto era tornato senza colore ed i gesti e le parole erano stati risucchiati da quella quotidianità che le dava la nausea.

Solo prima di addormentarsi le tornava alla mente il viso del marito e le espressioni che assumeva quando era nervoso o stanco, quella sua durezza che non concedeva alla vita, alla loro vita, neanche un momento di dolcezza ma almeno di lui ricordava oltre al viso anche il nome.

Di altri non riusciva nemmeno a ricordare quello e si faceva rabbia perché in fondo qualcosa c’era stato tra di loro, delle carezze, dei baci e due corpi avvinghiati che seguivano il ritmo dei sensi che sembravano essersi svegliati, alla ricerca di un piacere che anche per un attimo le avrebbe fatto dimenticare la sua solitudine. "Meglio sola che un’altra delusione" ed era necessario ripeterselo con forza per convincersi che poi in fondo restare sola non era poi tanto male. Ed allora si riaffacciavano i ricordi galleggiando come una pietra pomice con i suoi pori vuoti e senza peso, senza odore e colore.

E cosí era accaduto ed era rimasta sola. Forse era stata la paura d’avere bisogno di un’altra persona con cui dividere qualcosa di più che non il letto o il timore di dovere aprire quella parte di se stessa che rimaneva forzatamente nascosta, perché la faceva sentire più debole e indifesa. O forse le delusioni che aveva provato e che l'avevano ferita. Ed il tempo era passato facendo perdere le sue tracce!

Sandra non era più giovanissima. Sentiva che qualcosa stava cambiando nel suo corpo, le si gonfiavano i piedi senza una ragione apparente, alle volte l’assaliva una profonda tristezza e non riusciva a fermare le lacrime.

Altre volte sentiva un brivido caldo che penetrava nel suo corpo e circolava impetuosamente, regalandole la sensazione esaltante d’avere la vita ai suoi piedi o le faceva vedere la sua vita rotta in tanti piccoli pezzi. E poi inevitabilmente ritornava la tristezza.

Ecco, adesso ad esempio i piedi le facevano male e quel dolore così reale la riportava indietro facendole riattraversare la porta rimasta socchiusa e mandandola a sbattere contro il muro, come una farfalla attirata dalla luce. E quella luce le feriva gli occhi.

Guardò dalla finestra le persone che sfilavano lungo la strada. Camminavano distrattamente senza prestare attenzione ai rumori della città, ai visi che passavano davanti a loro, agli occhi di Sandra che li osservava dalla finestra.

Da un po’ di tempo aveva preso l’abitudine di immaginarsi la vita di persone sconosciutie che incrociava per strada. Alle volte quel gioco diventava tanto serio da convincerla di poter entrare realmente nella loro vita e cosí pensava di trovare delle analogie con la sua vita ed in fondo illudersi la faceva sentire meglio.

Ma non era più una bambina e si rendeva conto che quello strano gioco nascondeva una speranza a cui appigliarsi, forse solo un amore in cui ancora sperare.

E più si dava da fare, più cercava e più sentiva crescere l’insoddisfazione.

Allora cominciava a mangiare senza potersi controllare, ad ingozzarsi fino alla nausea tanto da voler vomitare, a rimpinzarsi senza nemmeno sentire il sapore delle porcherie che riusciva ad ingurgitare. E più mangiava più si sentiva depressa e le veniva voglia di piangere.

Da un po’ di tempo poi dormiva male e poco ed al risveglio si sentiva tanto stanca che le veniva voglia di rinunciare alla giornata, ficcarsi sotto le coperte, immergere la testa nel buio ed aspettare.

“ Sono solo stanca ”, continuava a ripetersi ma sapeva che era solo una scusa anche se il suo lavoro non era certo riposante. Alcuni anni prima aveva creato un’associazione di sostegno psicologico alle donne che avevano subito violenza ma si rendeva conto che non esarebbe stato onesto addossare tutte le responsabilità del suo malessere, ad un lavoro che alle volte la sfiancava lasciandole un peso sulle spalle, un crampo nello stomaco.

La realtà contro cui si scontrava era alle volte tanto dura da risucchiarle anche le energie di cui aveva bisogno per cercare di conservare uno straccio di vita. E quando lo si strizzava ne uscivano solo delle piccole gocce scure e si sfilacciava.

E quando le parole non bastavano più a dire quello che provava, allora si chiudeva in un silenzio sordo da cui anche i suoni delle parole erano esclusi, troppo ingombranti per essere ascoltati, troppo rumorosi per essere sopportati.

Poi arrivava la sera e si sentiva distrutta. Il rumore del silenzio la feriva quanto il buio della notte che l’avvolgeva ed allora si guardava attorno sperando che il tempo passasse dimenticandosi di lei.

In quei momenti pensava che morire non le avrebbe fatto paura ma in fondo era solo una menzogna e quando il malessere ritornava, sperava solo che tutto finisse velocemente.

Arrivó al punto di non sopportarsi più e decise di ricorrere ad un medico nella speranza che almeno lui capisse quale fosse la causa del suo malessere. Ed il medico era stato chiaro: la menopausa.

Aveva sempre pensato d’essere pronta ad affrontarla ma allora era ancora cosí lontana ed ecco che improvvisamente si era presentata senza lasciarle nemmeno il tempo di prepararsi.

Sarebbe cambiato qualcosa non accettandola ? Probabilmente nulla ! Sara si ricordava molto bene di quando sua madre si era trovata nella stessa situazione e quando chiudeva gli occhi riusciva ancora ad immaginarsela mentre si sporgeva dalla finestra, cercando di trovare un rimedio a quelle maledette vampate di calore.

A lei capitava la stessa cosa e non riusciva più a sopportare quelle strane reazioni di un corpo che sembrava non funzionare più come una volta. Rivoleva il suo corpo, lo esigeva ma chi avrebbe potuto restituirglielo ?

Quella notte Sara, sdraiata nel suo letto, non riusciva a prendere sonno e si girava irrequieta senza trovare una posizione che le desse un po’ di pace.

Quando non riusciva ad addormentarsi e succedeva sempre più spesso, cominciava a pensare. Non che questo l’aiutasse a prendere sonno ma almeno le dava la sensazione di non sprecare completamente il suo tempo.

E quando si metteva a pensare, inevitabilmente tornavano ad affacciarsi i ricordi legati agli uomini che erano entrati ed usciti dalla sua vita. In quel momento della vita in cui si ritrovava ad essere sola, si meravigliava di ripensare senza rancore ad alcuni dei suoi uomini che non avrebbero meritato nemmeno il ricordo. Sí, alcuni non si erano comportati molto bene anzi avevano dimostrato un tale egoismo che Sandra avrebbe fatto meglio a dimenticarsi di loro o almeno avrebbe dovuto ricordarli solo con disgusto e rancore. Ma la solitudine la rendeva vulnerabile ed in fondo, forse avrebbe preferito una relazione destinata a fallire piuttosto che un vuoto da riempire e senza sapere come.

Il problema era che Sara si era fatta più esigente con il passare degli anni. Forse aveva vissuto troppe esperienze negative e si era troppo indurita. Anche sul lavoro doveva continuamente confrontarsi con il campionario di violenze che si nascondevano tra le pareti domestiche e ció non l'aveva certo aiutata a trovare un suo equilibrio. Conosceva la violenza e non solo per sentito dire, l'aveva vissuta sulla sua pelle e la riviveva ogni giorno quando apriva i giornali, quando rispondeva alle telefonate di donne che parlavano con la voce strozzata dal pianto e si sentivano colpevoli quasi non fossero loro ad avere subito violenza.

Non passava giorno che sul suo tavolo comparisse il fascicolo di una donna maltrattata, picchiata, ferita o violentata e quasi sempre si trattava « di cose successe tra i muri di casa e non sono affari tuoi », come molti non si stancavano di ripeterle, come se l’intonaco ed i mattoni arrestassero le grida di dolore, i pianti, gli insulti, i calci ed i pugni.

Quando Sara leggeva i referti medici si rendeva conto di avere avuto più fortuna di tante altre donne, in fondo suo marito si era solo disinteressato di lei dal momento che lei secondo suo marito, aveva pensato solo alla sua carriera e non aveva voluto dargli nemmeno un figlio.

Ancora ora si domandava che genere di padre sarebbe stato un uomo privo di emozioni che limitava la sua visione del mondo solo a ció che voleva ottenere dagli altri e che non conosceva il gusto del piacere e non vedeva altro che un orizzonte lineare e senza volume come le sue percezioni, le sue emozioni.

Sandra non è che non avesse desiderato un figlio, aveva solo fatto una scelta e piuttosto di essere una madre inesistente, aveva preferito non esserlo anche se le era costata molto una tale scelta e solo lei sapeva quanto.

Un figlio voleva dire disponibilità, tempo, energie e sacrifici ed il suo lavoro l'assorbiva talmente che non sarebbe stato possibile conciliare le due vite, personale e familiare con il suo lavoro.

Aveva fatto la scelta giusta? "Un figlio lo si fa in due" pensava. Sarebbe stato onesto nei confronti del bambino averlo solo per soddisfare quel sentimento materno che ogni donna possiede?

Che vita sarebbe stata senza un padre e con una madre nemmeno a metà tempo? Che diritto aveva di fare una scelta il cui prezzo maggiore non l'avrebbe certo pagato lei?

Come avrebbe potuto guardarlo in faccia senza sentire che l'aveva voluto solo per raggiungere la sua completezza emozionale? E pensava a tutti i bambini costretti a crescere da soli e vedeva il loro sguardo triste, i loro occhi che non brillavano e gli dicevano, "chi ha rubato i miei sogni, chi mi ha fatto dono di questa solitudine che non riesco a riempire!".

Sandra cercava tra i visi dei suoi uomini la persona con cui avrebbe potuto e voluto fare un figlio e si faceva solo del male.

Se si guardava indietro non vedeva che il loro egoismo e sentiva d'essere stata considerata troppo spesso un accessorio alla loro vita. Si era sentita troppe volte usata, della carne con cui fare del sesso male e velocemente, un orgasmo atteso inutilmente ed un'eiaculazione troppo veloce ed un dopo senza parole, senza emozioni, solo una frustrazione amara nella bocca.

All'inizio aveva pensato fosse colpa sua, «la donna è talmente abituata a sentirsi colpevole», aveva pensato.

Una volta, va bene poteva accettare che fosse stata sua la responsabilità, che non si fosse lasciata andare, trasportare come si dice. Una seconda volta si era detta non c'è amore ed allora che cosa pretendo ma la situazione si era ripetuta e Sandra aveva cominciato ad avere dei dubbi.

Allora aveva cominciato a chiedersi se le sue difficoltà nell'avere un orgasmo non fossero legate più all'egoismo dei suoi uomini piuttosto che ad una sua reale difficoltà.

E quando arrivó a trovare logica questa sua scoperta si rese conto di quanto tempo aveva perso inseguendo l'illusione di voler essere amata e non solo usata.

A Sandra capitava spesso di chiedersi come facessero le donne cosí spesso a doversi confrontare ad uomini meschini, egoisti, egocentrici e che nemmeno sotto le lenzuola riuscivano a concedere qualcosa che non fosse il loro piacere, un piacere cosí effimero e rapido, meccanico e che il più delle volte non si rivelava altro che un esercizio di potere, di sopraffazione.

Cominció a pensare a tutti gli appuntamenti mancati o disdetti all'ultimo momento, agli esperimenti di convivenza in cui si era ritrovata quasi sempre ad assumere il ruolo di una madre che deve proteggere, sostenere e capire un uomo che col passare del tempo le ricordava sempre di più un figlio viziato.

" Che cosa ho fatto di male per meritarmi questo" si domandava Sandra e non sapeva cosa rispondere. Perché le donne si sprecano cosí e s'innamorano quasi sempre della persona sbagliata sapendo che la loro scelta le farà soffrire?

Forse era solo la paura della solitudine, del silenzio da riempire ma se questo silenzio si riempie solo di urla, pianti e insulti ed alle volte di sberle, pugni e calci, valeva la pena di riempirlo?

Sandra si era trovata solo una volta in quella situazione ed in fondo era stata più fortunata di tante altre donne che accettavano di subire per i figli, perché non avevano abbastanza soldi per poter fuggire e rifarsi un'altra vita, perché una certa cultura considera indissolubile il vincolo del matrimonio, perché la legge non protegge abbastanza le vittime, perché la paura è più forte del dolore.

Quando si trovava a scavare nei ricordi, aveva la tendenza a costruire una sorta di catalogo mentale, a dividere i suoi uomini più per i loro difetti che per i loro pregi e questo la infastidiva e la faceva sentire colpevole per tutte le volte che si era sbagliata.

Allora cercava di convincersi che in fondo non sempre era andata cosí male e quando cercava qualcosa da salvare, le riusciva difficile trovarla.

Si concentrava chiudendo i pugni, si mordeva il labbro inferiore e si sforzava di ricordare e qualche volta dei brandelli di memoria si affacciavano, liberando delle sensazioni che pensava di avere ormai perso.

Antonio avrebbe voluto da lei un figlio e come uomo non era poi male. Sapeva farle piacere ed era affettuoso, sapeva ascoltarla e parlava poco di sé. Non faceva progetti perché non avrebbe potuto realizzarli, erano sí legati dall'affetto ma non dalla complicità.

Anche a letto entrambi sapevano ció che ognuno si aspettava dall'altro e cercavano di non deludersi, "d'essere all'altezza" ma era più un'abitudine che un piacere e tutto talmente prevedibile che entrambi si meravigliavano di accontentarsi di cosí poco;

Sandra aveva deciso che non avrebbe avuto un figlio con lui perché in fondo sapeva che era solo una questione di tempo e si sarebbero stancati di quel rapporto che viveva solo di affetto.

Le venivano allora in mente tutti i discorsi fatti con le amiche sull'importanza che la passione rivestiva in una relazione di coppia e sorrideva Sandra al pensiero di quante sciocchezze o solo parole inutili fossero state dette.

Ritornava a sfogliare la sua lista di uomini e lasciava scorrere la sua mente, pronta a fermarla con il suo dito immaginario.

Ed ecco che il dito si arrestava su di un nome che pensava di avere dimenticato. Dario era simpatico, affascinante e con un senso dell'umorismo che poteva sembrare a primo acchito, cinismo ma era sufficiente conoscerlo un po' meglio e ci si sarebbe accorti che l'ironia era la sua arma di difesa contro la sua incapacità d'essere come gli altri.

Dario era stravagante, imprevedibile, non si poteva contare su di lui per l'aspetto pratico delle cose eppure dal punto di vista affettivo e come sostegno morale era una vera roccia e si poteva stare sicuri che non si sarebbe stati traditi da lui.

Una vera roccia che non poteva essere scalfitta, la pioggia scivolava via in un rivolo, il fuoco l'anneriva ma non la sbriciolava, il vento le sbatteva contro e veniva respinto e la terra faceva parte di lui, saldo e dritto coi piedi ben piantati per terra.

Vi era in lui questa contraddizione, resistente, sicuro era uno scudo di protezione ma d'altra parte privo totalmente di quel aspetto pratico che gli avrebbe dato un volume reale, cosí lontano dai problemi di tutti i giorni, dalle paure che alle volte ci rendono insopportabili tutti i giorni uguali agli altri.

Ora Sandra si chiedeva perché si fossero separati ed il ricordo ormai cosí lontano non l'aiutava a capire.

Forse Dario era stato l'unico uomo che avesse realmente amato ed era stata la paura di dover dare molto e di chiedere troppo che l'aveva resa insofferente, che la faceva sentire irritata contro quell'uomo che le offriva la sua forza senza chiederle niente in cambio.

Era stata forse la paura di dovergli essere riconoscente e questo l'aveva fatta sentire più vulnerabile ed in debito e questo non lo sopportava.

«Quello che avvelena i rapporti è la paura di essere lasciati », pensó Sandra «e questo ti fa commettere l'errore di perdere la tua indipendenza e di voler essere come ci si immagina che l'altro vorrebbe.»

Si comincia a chiedere troppo, a pretendere che l'altro si muova, agisca, parli e senta come ci aspetteremmo da lui e poi ci si stanca, l'incantesimo è finito.

Era stato amore? Adesso che Sandra aveva dovuto imparare a controllare le sue emozioni, non era più sicura di sapere cosa fosse effettivamente l'amore. E poi se la risposta fosse stata sí, non si sarebbe sentita ancora peggio?

E poi con il passare degli anni tutto si era fatto più complicato e non poteva più nascondere di provare invidia per gli uomini e poi considerava la vita ingiusta.

Perché un uomo maturo puó ancora desiderare un figlio e trovare una donna molto più giovane che voglia darglielo ma per una donna e per di più in menopausa, le cose cambiano.

In fondo Sandra aveva sempre pensato con un certo disgusto all'egoismo di quegli uomini di una certa età che ad un tratto decidevano di farsi una nuova famiglia, d'avere un figlio per soddisfare il proprio egoismo ed egocentrismo, di sbattere in faccia alla vita, agli altri la propria rivendicazione di essere ancora vivi ed in grado di procreare. " E il figlio non è importante?" si domandava stupita Sandra.

Forse non gli mancherà niente ma si ritroverà un padre nonno che farà di lui un piccolo adulto in scala ridotta che dovrà realizzare le ambizioni e si porterà dentro le angosce di suo padre..

" Forse aveva ragione mio marito quando mi accusava di essere troppo rigida ", si diceva Sandra mentre guardava dalla finestra.

" Ma se essere rigida vuol dire essere onesti, essere giusti od avere ancora una moralità che ti impedisca di usare gli altri per affermare il proprio potere, allora preferiva difendersi da quella accusa piuttosto che accettare supinamente una scelta che considerava moralmente ingiusta.

" Gli uomini fanno quello che vogliono e se hanno una relazione con una donna molto più giovane vengono ammirati ed invidiati ma se è una donna a farlo, allora che cosa dice la gente? " E Sandra conosceva la risposta.

In fondo e se ne rendeva conto, quello che Sandra pensava era scontato, forse banale eppure la infastidiva lo stesso, anzi alle volte le faceva crescere una tale rabbia che a fatica si tratteneva dallo spaccare qualcosa.

Dopo si sarebbe sentita meglio ed avrebbe scaricato la sua rabbia e poi? Poi avrebbe continuato a portare in sè questo rancore sordo ed avrebbe continuato a dirsi « meglio sola !»

E quando s'irritava le tornava in mente il volto del marito, troppo occupato per concedere qualcosa alla loro vita, troppo preso a vivere nel suo piccolo mondo per potersi interessare alla vita degli altri, alla vita di Sandra.

Aveva mai avuto momenti di tenerezza o parole di dolcezza verso di lei? Non se lo ricordava ed in ogni caso perché l'aveva sposato se non l'aveva amato?

Quante domande e cosí poche risposte, quanti dubbi e nessuna sicurezza ma la vita era questa e forse era troppo tardi per cercare di cambiarla. Almeno avesse avuto un figlio, ora avrebbe avuto qualcuno con cui parlare!

Se la sua vita affettiva aveva dei buchi neri, molto era quello che andava salvato e guardandosi indietro e dentro, Sandra poteva dire di aver fatto un buon lavoro, di avere aiutato molte donne ad uscire da que tunnel senza fine che è la violenza subita.

Certo non aveva potuto trasformare la sua vita come avrebbe voluto ma almeno aveva tentato e come si dice " la speranza era l'ultima a morire".

Ancora adesso guardando dalla finestra appannata, Sandra s'immaginava una vita che le avrebbe offerto ancora delle sorprese, delle gioie e che valeva la pena di vivere solo per la speranza di stupirsi ancora e perché no, conservava ancora la speranza di trovare una persona con cui dividere quello che di meglio poteva dare, quello che solo ora aveva capito di poter offrire interamente, una vita da dividere, la sua umanità per colmarla.

 

Daniele Cavalieri