RACCONTI BREVILINEI

di Silvio Aparo

 

 

 

 

 

  1

 

  ORRORE GEOMETRICO

 

  Stavano lì, immobili, una ventina di persone ad osservare qualcosa. Il loro sguardo era teso verso il basso, ad un’altezza che non doveva superare i quaranta centimetri dal suolo. Era presente anche un vecchio, sugli ottant’anni, con uno strano cappello. Altre persone, in lontananza, da circa centosessanta metri, si accorsero del movimento. Qualcuno di questi ultimi era fermo davanti alla vetrina di un autosalone che esponeva una fantastica Ferrari trecentoventi. Incuriositi si avvicinarono. Intanto alla fermata arrivò puntuale il mezzo. Il vecchio dallo strano cappello, osservò una scritta situata poco più in basso della mezzeria dell’autobus alla sinistra, per chi sale, della porta posteriore. Come in ascensore la scritta diceva: “portata massima seicentoquaranta chili”. Il mezzo ripartì, alcuni si allontanarono, altri in attesa di qualche altra autolinea alzarono gli occhi. Dunque nessuno più guardava in basso.

  Cosa aveva calamitato quegli sguardi?

  Forse milleduecentottanta formiche scarnificare un occhio!

 

 

 

 

  2

 

  IL PANE E IL COLTELLO

 

  Un giorno un coltello senza denti incontrò un pane duro. Il coltello provava e riprovava ad affettare il pane che, ermetico nella sua dorata crusca, non faceva il men che piccolo sorriso alla lama. Si crogiolavano nella loro impotenza. Il pane, se non fosse stato affettato al più presto, avrebbe perso la sua funzione; col passare dei giorni, piccoli funghetti verdi sarebbero apparsi sulla superficie ed una robusta mano l’avrebbe certamente mandato a canestro dentro al secchio dei rifiuti. Il coltello non sarebbe stato da meno. La sua lama avrebbe preso una grave malattia contagiosa; prima si sarebbe parzialmente coperta di puntini gialli infine, come un viso zeppo di efelidi, avrebbe perso la sua splendida cromatura. Era vitale che una soluzione fosse presto trovata:

  a) affilare il coltello e tagliare il pane. Sarebbe stato come conoscere l’assassino prima di leggere un giallo: scontato!

  b) rendere il pane morbido con acqua. Buono solamente per oche e preti, durante la quaresima: di cattivo gusto!

  c) comprare un altro pane. Avremmo fatto prima a cambiare coltello: inaccettabile!

  d) applicare con costanza da certosino la lama alla crusca. Il tempo necessario per bucare quest’ultima sarebbe bastato per scrivere un nuovo racconto: poco deontologico!

  Pare dunque che il loro rapporto fosse impossibile ma strettamente necessario. Nessun’altra lama avrebbe sfiorato quell’aurea pelle. Intanto il tempo, inesorabile, passò e i due corpi, attaccati dai rispettivi virus, ebbero problemi di sovrappopolazione collassando in miliardi di nuove vite.

  Ma l’uomo continuò a chiamarli rifiuti!

 

 

 

 

  3

 

  MOVETUR SEQUITUR ESSE

 

  Avevo le mani attaccate alle cosce, la testa dritta e i piedi uniti. Un perno mi passava per le spalle. I miei movimenti erano a volte bruschi a volte toccavo leggero. Riuscivo anche a girare su me stesso! Anzi, stavo notti intere immobile nel vuoto. Mi sentivo costretto, ero mosso senza il mio volere; potevo star male, sentirmi solo che a nessuno importava. Dovevo fare ciò per cui ero nato: servire!

  No! Non sono un proletario. Nemmeno un borghese corrotto. Mi accontento di fare il pupazzo di un calcetto da tavolo...

 

 

 

  4

 

  IL PITTORE E LO SCULTURE

 

  Amava dipingere nudi di donna, ma non riusciva mai a portarne uno a termine. Quando stava per terminare il quadro, come per magia, la figura spariva dalla tela, lasciando inequivocabili tracce di colore sul pavimento. C’era da diventare matti! Era certo che il suo caro amico scultore, il quale aveva lo studio al piano inferiore, si dilettasse a scherzare più del dovuto. E la cosa straordinaria era il modo in cui quest’ultimo avvalorava il suo gioco accusando a sua volta, l’amico pittore di sottrargli le sculture di nudi di donna, lasciando solo il basamento, che non riusciva mai a portare a termine.

  Un giorno i due, decisero di lavorare insieme e vollero per l’occasione rispettivamente dipingere e scolpire la stessa idea di donna che si erano fatti. Terminato il lavoro, chiusero tutto alle spalle e passarono la notte insieme per essere sicuri che fino al mattino seguente nessuno sarebbe potuto entrare nello studio a perpetrare l’usuale scherzo.

  Ma il mattino seguente rimasero sbalorditi di fronte alla scena che si presentò ai loro occhi: la figura era nuovamente sparita da ambo le opere!

  Si avviarono di corsa giù per i gradini fino al piano terra, dove c’era la bottega di Madame Clodette, una vecchia chiromante. “Madame!” esclamarono quasi all’unisono “ Ha forse notato qualcosa di strano stamattina?”. Madame, china per terra intenta a pulire la moquette, si voltò stupita. Lei, che di cose e persone strane aveva circondato la sua vita disse loro: “Cosa volete che siano le stranezze per me?” e riprese “Questa donna che è appena andata via mi ha macchiato la moquette di colore e gesso. Devo pulire! Tornate un’altra volta con le vostre inutili domande!”

 

  5

 

  IO E MIA MADRE

 

(sull’incipit di un concorso letterario a cui non ho partecipato)

 

  Era lì, davanti a me, con l’aria di chi volesse interrogarmi... L’immagine di mia madre, si presentava nei momenti e nei luoghi più opportuni. Ed è lì che mi trovò, sul finire di febbraio, durante il tempo che passa tra il rosa, nel cielo, del sole calante all’orizzonte ed il buio della sera. Tra le vie ventilate di Sestri Levante e il sentiero, di ciottoli, che si snoda fino al parco del castello alto. La sua bocca non proferiva parola alcuna, ma i suoi occhi mettevano a nudo la mia anima. Dalla panchina dove era seduta indicò, con la mano, la punta della scogliera; l’ultimo lembo di quella terra.

  Il giorno seguente andai sullo scoglio che mia madre mi aveva indicato, ma non riuscii a capire il motivo per cui lì mi aveva mandato. Decisi allora di tornare alla panchina del parco con la segreta speranza di poterla rivedere. Ma così non fu.

  Quella notte, pensando all’ultimo lembo di terra...

 

  Sestri si trova esattamente

  dalla parte opposta al sole

  che ogni giorno saluta e va

 

  Le sue case sono di cera e

  disegnate coi pastelli su di

  una tela mera

 

  L’orologio non vede il mare

  fermo nell’inverno che

  s’addensa nel suo tempo

 

  Ma c’è un punto forse impercettibile

  quasi invisibile in cui

  terra cielo e mare

  si odono cantare

 

...e in un angolo della stanza, tra la luce della candela e il chiarore del mattino, il volto di mia madre tornò a sorridere.