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L'ignoranza è forza

George Orwell, 1949

(estratto da "1984")

 

Fin dall’inizio del tempo che si possa ridurre alla memoria, e probabilmente fin dalla conclusione dell’età Neolitica, ci sono state, nel mondo, tre specie di persone, le Alte, le Medie e le Basse.

 

Esse sono state suddivise in vari modi, hanno avuto nomi diversi, in numero infinito, e la loro proporzione relativa, cosi come l’atteggiamento dell’una verso l’altra, sono stati diversi a seconda delle età: l’essenziale struttura della società non si è però, alterata. Anche dopo enormi rivoluzioni ed apparenti irrevocabili mutamenti , si è sempre ristabilito il solito schema, così come un giroscopio ritornerà sempre in equilibrio per quanto venga spinto lontano sia in una direzione, sia in quella opposta.

 

Gli scopi di questi tre gruppi sono del tutto inconciliabili fra loro. Lo scopo del gruppo che chiameremo delle persone Alte è quello di restare dove esse sono. Lo scopo delle persone Medie è quello di sostituirsi alle Alte. Lo scopo delle persone Basse, quando esse hanno uno scopo (perché è una peculiare caratteristica delle Basse d’esser troppo schiacciate dal peso del lavoro, durissimo e servile, che prestano per essere, se non di tanto in tanto, coscienti di qualche cosa che non siano le preoccupazioni della vita quotidiana) è quello di abolire ogni distinzione e creare quindi una società in cui tutti gli uomini siano uguali. Così la storia registra, attraverso tutte le età, una lotta, che è sempre la stessa nelle sue linee essenziali e che non fa che ripetersi, con incessante regolarità. Per lunghi periodi, gli Alti sembra che tengano sicuramente il Potere, ma prima o poi viene sempre un momento in cui perdono la fiducia in se stessi o la capacità di governare stabilmente, ovvero le perdono entrambe.

 

Essi vengono rovesciati, allora, dalle persone Medie, che reclutano al loro fianco le Basse, dando loro a intendere che combattono per la libertà e per la giustizia. Una volta raggiunto il loro obiettivo, le Medie respingono le Basse nella loro previa posizione servile, e divengono esse stesse Alte.

 

Subito senza dar tempo al tempo , un nuovo gruppo di persone Medie sbuca fuori da uno degli altri due gruppi, ovvero da tutti e due, e la lotta riprende immutata. Dei tre gruppi, soltanto quello delle persone Basse non è mai , nemmeno per breve tempo, capace di riuscire nei suoi scopi. Sarebbe una esagerazione affermare che, attraverso la storia, non ci sia stato alcun progresso di specie materiale. Anche oggigiorno, in un periodo che pure è di decadenza, l’uomo medio è fisicamente, più progredito di quanto non lo fosse pochi secoli innanzi.

 

Ma nessun accrescimento della ricchezza, nessun addolcimento dei sistemi di governo, né alcuna riforma o rivoluzione, sono riusciti mai a porre innanzi d’un millimetro il sogno dell’uguaglianza fra gli uomini. Dal punto di vista delle persone che abbiamo convenuto di chiamare Basse, nessun mutamento storico ha mai significato qualcosa di più che un cambiamento dei nomi dei padroni.

 

Verso la fine del secolo decimonono, il ricorrere e il ripetersi di questo schema è apparso un fatto evidente a molti osservatori.

 

Sorsero allora scuole di pensatori che interpretarono la storia come un processo ciclico e che pretesero di dimostrare che l’ineguaglianza era la legge inalterabile della vita umana. Tale dottrina, naturalmente, aveva sempre avuto proseliti, ma un mutamento significativo era avvenuto almeno nel modo in cui veniva enunciata. Nel passato, la necessità d’una società organizzata in forma gerarchica era stato il fondamento della dottrina delle persone cosiddette Alte.

 

Era stato predicato dai re e dagli aristocratici, così come dai preti, dagli avvocati e da altri consimili parassiti di quei primi, ed era stato addolcito, in genere, dalle promesse di qualche compenso in una sorta di mondo immaginario che avrebbe dovuto esistere oltre la tomba.

 

I Medi, almeno durante tutto il tempo che lottavano per il potere, avevano sempre fatto largo uso di termini come libertà, giustizia e fraternità. Venne il momento, però, in cui il concetto della fratellanza umana prese ad essere attaccato proprio da coloro che non erano ancora in posizione dominante di comando, ma che speravano di pervenire e raggiungerla , a breve scadenza. Nel passato I Medi avevano fatto le rivoluzioni sotto la bandiera dell’uguaglianza e quindi avevano stabilito una tirannia di nuovo conio non appena si fossero sbarazzati dell’antica. I nuovi gruppi di Medi proclamavano, invece, la loro tirannia in anticipo. Il socialismo, una teoria che fece la sua prima comparsa all’inizio del secolo decimonono, e che fu l’ultimo anello d’un sistema di dottrine che si può grossolanamente far iniziare fin dalle prime ribellioni antischiaviste dell’antichità, era ancora profondamente inquinato dalla retorica utopistica del passato. Ma in ognuna delle varianti del socialismo che ebbero successo a partire, all’incirca dal 1900, lo scopo dichiarato di stabilire l’uguaglianza e la libertà fu sempre più apertamente messo da parte. I nuovi movimenti ideologici, che fecero la loro comparsa verso la metà del secolo, il Socing in Oceania, il Neo-Bolscevismo in Eurasia, il Culto della Morte, secondo la corrente definizione, in Estasia, ebbero tutti lo scopo cosciente di perpetuare la non-libertà e la diseguaglianza.

 

Tali movimenti, com’è naturale, sorsero dai vecchi e conservarono la tendenza a mantenere I vecchi nomi e, insomma, a osservare una sorta di ossequio verbale alle vecchie ideologie. Ma lo scopo di ognuno era d’arrestare e come congelare la storia in un determinato momento. Il pendolo doveva fare un’ultima oscillazione in una direzione, e quindi fermarsi. Come era sempre avvenuto, gli Alti sarebbero stati rovesciati dai Medi, che sarebbero divenuti, a loro turno, gli Alti; ma questa volta, per mezzo d’una deliberata strategia, gli Alti sarebbero riusciti a mantenere la loro posizione in permanenza.

 

Le nuove dottrine sorsero , in parte, a causa dell’accrescersi ed accumularsi delle conoscenze storiche, così come per l’affermarsi del senso storico, che esisteva appena, prima del secolo decimonono. Il moto ciclico della storia era ora perfettamente intelligibile, o per lo meno appariva tale, e se era intelligibile, doveva essere anche, di conseguenza, alterabile. Ma la causa principale e motrice, seppure non dichiarata, era che, fin dall’inizio del ventesimo secolo, l’uguaglianza umana era divenuta tecnicamente possibile. Era ancora vero che gli uomini non erano uguali per quel che riguardava le loro capacità naturali e che le loro funzioni dovevano essere distribuite secondo le specializzazioni, in modo da favorire certi individui a spese di altri; ma non c’era più alcuna necessità per la differenza di classe, così come per le differenze di ricchezza su vasta scala. Nel passato, le differenze di classe non solo erano state inevitabili ma erano anche state desiderabili. L’uguaglianza era il prezzo della civiltà. Con lo sviluppo della produzione meccanica, tuttavia, il problema divenne un altro.

 

Sebbene fosse ancora necessario, per gli uomini, d’essere occupati in lavori di vario genere, ma non era più necessario, per essi, di vivere in diverse scale sociali ed economiche.

 

Quindi, dal punto di vista dei nuovi gruppi che si apprestavano a esercitare il potere, l’eguaglianza degli uomini non era più un ideale per il quale valeva la pena di combattere, ma un pericolo che bisognava scongiurare.In età più primitive, quando una società organizzata pacificamente non era in alcun modo possibile, era stato piuttosto facile fare di essa, almeno, un articolo di fede. L’ideale del paradiso terrestre, nel quale gli uomini sarebbero vissuti uniti in uno stato di fratellanza, senza leggi e senza la spiacevole necessità d’un assillante lavoro, aveva tenuto soggiogata l’immaginazione degli uomini per migliaia d’anni.

 

E tale visione, naturalmente aveva fatto presa anche su quei gruppi che avevano approfittato, in effetti, di ciascun mutamento della storia.

 

Gli eredi della rivoluzione francese, inglese e americana, avevano creduto, in parte, alle loro medesime frasi attorno ai diritti degli uomini, come la libertà di parola l’eguaglianza di fronte alla legge e simili, e avevano anche permesso alla loro condotta d’essere, in qualche modo ed entro certi limiti, influenzata da esse.

 

Ma attorno alla quarta decade del secolo ventesimo, tutte le principali correnti di pensiero politico fecero capo a un principio dittatoriale.

 

Il paradiso terrestre fu definitivamente screditato proprio nel momento in cui era divenuto amabile. Ogni nuova teoria politica, anche se si faceva chiamare con I nomi più diversi, pure si rifaceva indietro, alla gerarchia e all’irregimentazione del passato: e nel generale incupirsi e ottenebrarsi delle menti attorno al 1930, alcune pratiche che erano state da lungo abbandonate, e in taluni casi per centinaia di anni (come il carcere preventivo, l’uso dei prigionieri di guerra come schiavi, le esecuzioni pubbliche, le torture per sollecitare le confessioni, l’uso degli ostaggi e le deportazioni in massa d’intere popolazioni), non soltanto divennero nuovamente comuni, ma furono perfino difese e tollerate da coloro che si consideravano liberi e progressivi.

 

Fu solo dopo una decade di guerre nazionali e civili, rivoluzioni e contro-rivoluzioni in tutte le parti del mondo che il Socing e le teorie rivali apparvero come ideologie politiche perfettamente elaborate. Esse erano state tuttavia preannunciate dai vari sistemi, generalmente definiti come totalitari, che erano apparsi nei primi decenni del secolo, e le linee principali che avrebbe assunto il mondo, una volta emerso dal caos, erano state per lungo tempo chiare. E che genere di persone avrebbero avuto il controllo del mondo era stato ugualmente chiaro. La nuova aristocrazia era composta, per la maggior parte, di burocrati, scienziati, tecnici, organizzatori sindacali, periti di pubblicità, sociologi, maestri, giornalisti e politicanti di professione. Questa gente, che aveva avuto origine nelle classi medie salariate e nei gradi superiori delle classi lavoratrici, era stata formata e messa insieme dal mondo improduttivo dell’industria di monopolio e di governi a tipo centrale. Paragonati con le categorie corrispondenti del passato, essi erano meno avidi e anche meno tentati dal lusso, ma più affamati di pura potenza, e soprattutto più coscienti di quel che facevano e più preoccupati di sbaragliare l’opposizione.

 

Quest’ultima differenza era di capitale importanza. Paragonate con quella in atto ai nostri giorni, tutte le tirannie del passato si debbono considerare fiacche, mantenute su compromessi, e soprattutto inefficienti.

 

I gruppi di governo erano sempre più o meno partecipi di ideologie liberali e tolleravano scappatoie d’ogni genere, giudicando solo degli atti materiali e palesi e disinteressandosi di quel che I sudditi effettivamente pensavano dentro le loro coscienze.

 

Persino la Chiesa Cattolica del Medio Evo, considerata secondo lo standard odierno, era abbastanza tollerante. Tra le ragioni per questo comportamento c’era anche quella che i governi del passato non avevano il potere e i mezzi di tenere i cittadini sotto una sorveglianza costante e continua. L’invenzione della stampa, tuttavia, rese più semplice il compito di manipolare l’opinione pubblica, e il cinematografo e la radio perfezionarono non poco tale tecnica e ne accrebbero le possibilità. Con l’invenzione e lo sviluppo della televisione, e il progresso tecnico che rese possibile di ricevere e trasmettere simultaneamente sullo stesso apparecchio, il concetto di vita privata si poteva considerare del tutto scomparso. Ogni cittadino o meglio ogni cittadino che fosse abbastanza importante e che valesse la pena di sorvegliare, poteva essere tenuto comodamente sotto gli occhi della polizia e a portata della propaganda ufficiale, e avere nello stesso tempo tutte le altre possibili via di comunicazione precluse. La possibilità di ottenere non solo una totale ubbidienza alla volontà dello Stato, ma anche una completa uniformità di vedute su tutti gli argomenti, esistette, da allora, per la prima volta.

 

Dopo il periodo rivoluzionario, dal ‘ 50 al ‘ 70 all’incirca, la società tornò a raggrupparsi, come sempre, in Alta, Media e Bassa.

 

Il nuovo gruppo degli Alti però, contrariamente a tutti quelli che lo avevano preceduto nella funzione, non agiva puramente in modo istintivo, ma era perfettamente cosciente di quel che era necessario a salvaguardare la sua posizione. Si era già capito, e da tempo, che l’unica base sicura dell’oligarchia era il collettivismo. La ricchezza e I privilegi sono difesi assai più facilmente allorché sono posseduti tutt’e due insieme.

 

La cosiddetta "abolizione della proprietà privata" di cui si parlò versa la metà del secolo ventesimo voleva dire, in realtà, la concentrazione della proprietà in un numero di mani assai inferiore che per il passato. Ma con questa differenza, che I nuovi proprietari erano un gruppo anziché una massa di individui. Uno per uno, nessun membro del partito possiede alcunché di proprio, il Partito possiede ogni cosa che si trova nell’Oceania, perché esso controlla ogni cosa e dispone della produzione come più crede opportuno. Negli anni che seguirono la Rivoluzione, Il Partito riuscì ad assumere codesta posizione di comando quasi senza incontrare opposizione, poiché l’intero processo fu raffigurato come un atto di collettivizzazione. Si era sempre tenuto per fermo che, se la classe dei capitalisti fosse stata privata delle sue proprietà, ne sarebbe seguito il socialismo: e non c’era dubbio che I capitalisti fossero stati privati, appunto, delle loro proprietà. Fabbriche, miniere, terreni, case, trasporti&ldots;,era stata tolta loro ogni cosa, e dal momento che tutto ciò non era più proprietà privata ne seguiva che doveva essere proprietà pubblica. Il Socing che prese le mosse dei primi moti socialisti, e che di quelli ereditò la fraseologia, aveva in effetti attuato il primo punto del programma socialista: con il risultato, preveduto del resto nei particolari, che l’ineguaglianza economica era diventata ormai un fatto permanente.

 

Ma il problema di perpetuare una società organizzata gerarchicamente era assai più complesso. Ci sono solo quattro modi per cui una classe dirigente può essere allontanata dal potere. O è vinta dal di fuori, o governa in modo talmente fiacco e inefficiente che le masse vengono naturalmente spinte a rivoltarsi, o permette a un gruppo di genere Media, forte e insoddisfatta, di farsi le ossa, o , da ultimo perde la fiducia in se stessa e , con questa, la volontà di governare. Queste cause non operano singolarmente ma si danno, di regola, tutt’e quattro insieme, sebbene in varia misura.

 

Una classe dirigente, in tal modo, che riesca a guardarsi da tutte quattro può contare di tenere il potere in permanenza. In definitiva il fattore determinante è costituito dall’atteggiamento mentale della stessa classe dirigente.

 

Dalla seconda metà di questo secolo, il primo pericolo, in realtà, era scomparso. Ognuna delle tre potenze che ora dividono il mondo è, di fatto, invincibile, e potrebbe cessare di esserlo solo attraverso lenti mutamenti demografici che un governo con vaste garanzie di potere può evitare in modo assai semplice e sicuro.

 

Il secondo periodo, anch’esso, è soltanto teorico: le masse non si rivoltano mai di propria iniziativa, ne si rivoltano soltanto perché sono tenute in oppressione.

 

In realtà , se si impedisce loro di fare paragoni con altri strati della popolazione, non arrivano mai nemmeno ad accorgersi che sono oppresse. Le cicliche crisi economiche dei tempi passati erano del tutto inutili, e non si permette loro di accadere ora: e tuttavia altri ed egualmente vasti mutamenti possono darsi, e si danno, ma senza risultati politici, poiché non c’è alcun modo in cui il malcontento possa articolarsi. Per quanto riguarda il problema delle eccedenze di produzione, che è stato latente nella nostra società fin dall’epoca dell’invenzione della macchina, esso è risolto facilmente mediante l’ingegnoso procedimento della guerra continua che si presta anche a essere sfruttata per tenere costantemente in stato d’eccitazione il morale delle masse.

 

Dal punto di vista dei governi attuali, quindi, gli unici pericoli effettivi possono essere costituiti dal sorgere d’un nuovo gruppo di persone abili e assetate di potere da una parte, e dal possibile diffondersi d’uno scetticismo di tinta liberale nelle loro medesime file.

 

In altre parole si tratta di un problema essenzialmente educativo. Tale problema infatti consiste nel plasmare di continuo sia la coscienza degli appartenenti al gruppo dirigente, sia quelle di coloro che appartengono, invece, al gruppo che potremmo chiamare esecutivo e che si trova immediatamente al disotto di quel primo.

 

La coscienza della massa occorre che sia influenzata solo in modo negativo.

 

Dato questo stato di cose, si può facilmente intuire, seppure già non la si conosce, quale sia la struttura generale della società in Oceania.

 

In cima alla piramide sta il Gran Fratello. Il Gran Fratello è infallibile e onnipotente. Ogni successo, ogni risultato positivo, ogni vittoria, ogni scoperta scientifica, ogni forma di conoscenza e di intuizione, così come ogni forma di benessere e di virtù, si ritiene che provengano direttamente dalla sua guida e dalla sua ispirazione. Nessuno ha mai veduto il Gran Fratello. Egli è un volto sui manifesti, una voce dal teleschermo. Si può essere matematicamente sicuri ch’egli non morirà mai, ed esiste già un notevole margine di incertezza per stabilire la data della sua nascita. Il Gran Fratello è la forma con la quale il Partito ha deliberato di presentarsi al mondo. La sua funzione è quella di agire come un punto in cui si possa concentrare l’amore, la paura e il culto, gli stati emotivi, cioè, che possono più facilmente essere eccitati e sentiti verso un individuo che non verso una organizzazione. Immediatamente al disotto del Gran Fratello si trova il Partito Interno, l’ammontare dei cui componenti è bloccato ai sei milioni, e cioè a qualcosa come un po’ meno del due per cento dell’intera popolazione di Oceania. Al disotto del Partito Interno si trova il Partito Esterno, il quale, se il Partito Interno si può raffigurare come il cervello dello Stato, si può a sua volta giustamente rassomigliare alle sue mani. Al disotto del Partito Esterno si trovano le masse mute alle quali ci si riferisce, di solito con la parola prolet, e che assommano all’incirca a un ottantacinque per cento della popolazione.

 

Se ci riportiamo ai termini usati nella nostra precedente classificazione, I prolet rappresentano I Bassi: dal momento che le popolazioni in stato di schiavitù che si trovano nei territori equatoriali, e che passano costantemente da un vincitore all’altro, non si possono considerare una parte permanente e necessaria della struttura.

 

L’appartenenza o meno a uno di codesti tre gruppi non è, per principio, ereditaria. Il bambino nato da genitori appartenenti al Partito Interno non è nato, in teoria, nel Partito Interno. L’ammissione a una delle due categorie del partito avviene in seguito ad un esame cui si presenta all’età di sedici anni. Non esiste nessuna discriminazione razziale, o alcun dominio riconosciuto dell’una sull’altra provincia. Ebrei, negri, sudafricani o indiani purosangue si possono trovare anche nei gradi più alti del Partito, e coloro cui è devoluta l’amministrazione di una determinata area sono sempre scelti fra gli abitanti di questa. In nessuna parte dell’Oceania gli abitanti hanno la sensazione d’essere una popolazione coloniale governata da una capitale distante. L’Oceania non ha capitale, e il suo capo titolare è persona della quale non si sa assolutamente dove risieda. Con l’eccezione che l’Inglese è considerata la sua lingua franca, e la neolingua la sua lingua ufficiale, l’Oceania non è centralizzata in nessun altro modo. I suoi governanti non sono tenuti assieme da vincoli di sangue ma dall’osservanza di una comune dottrina. E’ vero che la nostra società sembra stratificata, sul quel che a prima vista appare come uno schema ereditario: ci sono infatti assai meno movimenti in una direzione o nella direzione opposta, fra I diversi gruppi, di quanto non ne avvenissero sotto il capitalismo, ovvero nell’era preindustriale. Fra le due sezioni del Partito c’è un certo margine di scambio, ma non più di quel tanto che basti per far escludere dal Partito Interno I deboli e gli inefficienti e per indebolire a loro volta quei membri del Partito Esterno che tradiscono il prurito dell’ambizione, assorbendoli, nei ranghi del Partito Interno.

 

Ai Prolet, di regola non si permette mai di entrare nel Partito. I più dotati fra essi, che potrebbero divenire, in seguito, focolai di malcontento, vengono semplicemente individuati dalla Psicopolizia ed eliminati. Il Partito non è una classe nell’antico senso della parola. Scopo del Partito non è di trasmettere il potere ai suoi figli, soltanto perché sono I suoi figli: e, se non ci fosse altro modo di mettere le persone più efficienti al potere, esso sarebbe del tutto preparato a reclutare anche intere nuove generazioni dalle file dei prolet.

 

Negli anni cruciali il fatto che il Partito non era un corpo ereditario costituì un fattore importante per neutralizzare l’opposizione. Il vecchio tipo di socialista cui era stato insegnato a combattere contro qualcosa che veniva chiamato "privilegio di classe" tenne per certo che tutto ciò che non è ereditario non è, del pari, permanente, così come non si accorse che la continuità di una oligarchia non ha bisogno di essere una continuità fisica, ne si soffermò a riflettere che tutte le aristocrazie ereditarie hanno sempre avuto vita breve, nel mentre che le organizzazioni di tipo adottivo, come ad esempio la Chiesa Cattolica, sono durate per centinaia ed anzi, per migliaia di anni. L’essenza che regola l’oligarchia non è l’eredità trasmessa di padre in figlio, bensì la sopravvivenza di una determinata concezione del mondo e di determinate abitudini di vita imposte dai morti ai vivi. Una classe dirigente continua ad essere tale soltanto fino a quando è in grado di nominare I propri successori. Il Partito non si preoccupa di perpetuare una linea di discendenza sanguigna, ma di perpetuare se stesso.

 

Chi controlli il potere non ha nessuna importanza, ove la struttura gerarchica rimanga inalterata.

 

Tutte le fedi, I costumi, I gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano in nostro tempo, hanno lo scopo effettivo di sostenere la mistica del Partito e di impedire che la vera natura della società contemporanea appaia nella sua realtà. Una rivolta materiale, così come ogni mossa preliminare che conduca a tale rivolta, è, al presente, praticamente impossibile. Dai prolet non c’è nulla da temere. Lasciati a se stessi, essi continueranno di generazione in generazione, e di secolo in secolo, a lavorare, a generare e a morire non solo senza provare mai alcun impulso alla rivolta, ma soprattutto senza la possibilità di intendere che il mondo potrebbe anche essere diverso da quello che è.

 

Essi potrebbero divenire pericolosi solo se il progresso della tecnica industriale rendesse necessario di migliorare e di portare a un livello superiore lo standard della loro educazione.

 

Ma dal momento che le rivalità commerciali e militari non hanno più ora l’importanza che avevano una volta, il livello dell’educazione del popolo va man mano declinando. Conoscere quali siano le opinioni condivise dalle masse e quali siano, per contro, le opinioni che le masse non condividono, costituisce un problema del tutto trascurabile. Alle masse, infatti, è garantita una sorta di libertà intellettuale dal momento che esse sono sprovviste, appunto, dell’intelletto. D’altro canto, per quel che riguarda invece un membro del Partito, nemmeno la più piccola deviazione dall’opinione ufficiale, anche sul più insignificante degli argomenti, sa essere tollerata.

 

 Fonte: http://www.ecn.org/filiarmonici/1984.html