LA SPIAGGIA

 

Dopo un lungo cammino arrivai con i miei compagni di viaggio, in una città di mare.

Era un paese dove non si respirava l’atmosfera eccitata dei posti di mare, dove le spiagge, anche in un pomeriggio d’estate, avevano la tristezza di luoghi fuori stagione.

Anche il sole era un sole fuori stagione .

Quasi meccanicamente ci dirigemmo verso la fine della spiaggia, lì dove iniziava un mare grigio e scontroso.

Gli altri ragazzi si sistemarono su alcune sdraio diroccate, io dovevo andare in bagno, ma non vedevo bar o stabilimenti balneari .

Chiesi ad un passante e questi mi indicò una stradina attraverso la quale dovevo risalire il paese.

Finalmente arrivai davanti ad un edificio con un ingresso imponente, di un’epoca in cui i bagni pubblici avevano un’altra importanza.

 C’erano due porte più piccole laterali ed una grande centrale, con quelle laterali che si chiudevano a molla da sole, come quelle di una chiesa.

Oltre la porta c’era un ampio androne con diverse persone, che discutevano tra loro.

Sul lato sinistro , si aprivano le porte dei bagni, ma questi non erano “l’attrattiva” principale dello stabile.

Sulla destra c’erano tre porte più ampie spalancate e ad esse si affacciavano una moltitudine di persone, che sembravano in attesa del loro turno per sostenere un esame.

Mi avvicinai incuriosito e mi resi subito conto che all’interno delle sale si svolgevano dei processi rapidi e sommari, come quelli che si tengono a Miami ed in altri paesi per una contravvenzione.

Da quello che riuscivo a sentire, in questo paese, a differenza di Miami, le cause trattate in questo modo potevano essere ben più importanti.

La situazione mi incuriosiva, ma non potevo più rinviare i miei bisogni corporali e mi misi in coda per il bagno.

Sui muri dei bagni c’erano molte scritte diffamanti indirizzate a coloro che erano stati causa dei guai giudiziari degli imputati.

Stranamente non leggevo alcuna ingiuria nei confronti dei giudici e, mentre aspettavo il mio turno, ne chiesi il motivo a chi mi precedeva.

“ Tempo fa era pieno di scritte di quel tipo, ma tra gli imputati si ingenerò la credenza, che i giudici riuscivano a risalire agli autori delle ingiurie e si vendicavano con condanne severe . Anche chi era già stato giudicato poteva incorrere nella vendetta dei giudici in appello.”

“Non è questo il motivo della fine delle ingiurie ai giudici,” intervenne un altro ” adesso la popolazione si è convinta finalmente che i giudici sono solamente lo strumento della legge. Questo in seguito all riforma dei processi e delle pene di due anni fa. ”

Avrei voluto saperne di più, ma arrivò il mio turno e riuscii solo parzialmente ad evitare di bagnarmi i pantaloni.

In compenso la sensazione di liberazione, una volta depositati i miei liquidi, mi riempii di buonumore.

Incominciai, così, ad interessarmi alla sorte dei diversi dibattimenti.

Un imputato aveva ricevuto una condanna eccessiva per il reato commesso ed era uscito sconvolto dal Tribunale-bagno-chiesa.

Lo seguii istintivamente insieme ad altre due persone e ascoltammo le sue lamentele.

Gli altri due, appena usciti in strada, erano tornati subito indietro, e altre persone si muovevano nello stesso modo uscendo e rientrando dalle porte, come api all’ingresso di un alveare.

Il “mio” condannato parlava guardando avanti come se io non fossi esistito, come se fosse convinto che nessuno può alleviare le nostre pene, come tutti.

Non riuscivo a comprendere i riferimenti processuali che citava nelle sue argomentazioni e tutto il suo discorso mi risultava confuso.

Mentre lo seguivo nella discesa incrociammo un altro imputato, che, con lo stesso atteggiamento, si avviava salendo, verso il suo giudizio.

Come su uno scambio ferroviario, abbandonai quello che scendeva e seguii l’altro fin dentro il tribunale.

Compresi che era inutile fare domande, gli imputati parlavano, con lo sguardo fisso in avanti, come se la loro voce provenisse da un disco.

Iniziai a comprendere qualcosa e mi accorsi che ,anche dalle parole dei rei, non traspariva nessun risentimento verso l’autorità che aveva contestato la colpa, ma venivano maledette le persone e le circostanze che avevano condotto al compimento del delitto.

Lo svolgimento del processo eraè diverso da quello che siamo abituati a conoscere.

Il giudice non interrogava l’imputato su argomenti inerenti il suo capo d’accusa.

Le domande riguardavano aspetti diversi della vita dell’individuo: che gioco faceva con i figli, quali erano i suoi hobby, quand’era l’ultima volta che aveva riso con sua moglie.

L’imputato non era concentrato nella difesa, il suo atteggiamento rivelava che in realtà egli era già certo della sua pena, e in definitiva la reputava giusta.

La persona al mio fianco, riconoscendomi come un novizio e senza che io avessi chiesto nulla, mi illustrò le varie fasi del processo.

‘E quello che succede quando sedete vicino ad un appassionato spagnolo alla vostra prima corrida, o tutte le prime volte della vostra vita, quando vi parla qualcuno più esperto.

“Questa parte del processo serve a convincere il giudice della colpevolezza o meno dell’imputato”.

“Ma sembra che l’imputato non opponga nessuna resistenza”.

“Infatti è così, è il giudice che deve convincersi, ma l’imputato qualunque cosa dica non può influenzare il giudizio del giudice. Non può discolparsi perché l’oggetto del dibattimento non é la sua colpa, ma la sua condanna.

Mi rendo conto che all’inizio può risultare difficile capirlo, anche per noi è stato così dopo la riforma del diritto, ma l’uomo si abitua a tutto.

Dunque nella prima fase che può risultare insignificante, il giudice, attraverso le domande, entra nell’animo dell’imputato e legge la sua colpa.

 L’imputato non è in grado di evitare questa verifica.

In realtà nei primi tempi si assisteva ad un tentativo di difesa, ma poi ci si è resi conto che questo non portava alcun risultato.

Il fulcro della riforma consiste, infatti, nel preparare i giudici all’uso di tecniche misteriose ed infallibili, in modo tale da rendere sterile ogni difesa e da far rispettare il loro giudizio da parte dei condannati.

“allora perché tutto questo interesse intorno ai processi ?”

“’E proprio per quello che vi dicevo” visibilmente soddisfatto per l’opportunità offerta dalla domanda “oggetto del processo è la condanna. La condanna è quantificata in un certo valore, che non sto qui a spiegarle&ldots;

“ ‘E quindi sull’entità della condanna che si accende la discussione ?”

“No” sempre più soddisfatto dei miei dubbi “anche questo valore non è oggetto di contestazione perché è determinato secondo criteri inattaccabili.

Il processo si accende quando si deve stabilire come la condanna deve essere eseguita.

A questo punto devo fare una breve precisazione. Nel nostro paese è possibile compensare i crediti verso la fortuna con le disavventure giudiziarie.

Per fare un esempio se un contadino, dopo aver lavorato per un’intera stagione vede andare in rovina il raccolto, gli viene attribuito un credito di fortuna dalle autorità preposte. Spesso però la gente tralascia di compiere gli adempimenti necessari ed è per questo che di un credito può anche essere richiesta la constatazione in sede processuale.

‘E famoso il caso di un tale, accusato di omicidio, che voleva compensare la sua condanna con lo smarrimento di una schedina vincente del superenalotto che lo avrebbe reso miliardario.”

“Ebbene ?”

“ Si vede che non ha capito ancora” oramai al massimo del godimento, ”il fatto di aver perso la schedina vincente non da nessun credito di sfortuna. La persona era stata fortunata a giocare una schedina vincente e poi è stata sfortunata a perderla. La compensazione era già, per così dire, avvenuta. “

Parlando con il tale uscimmo dal tribunale diretti al bar sull’altro lato della strada.

Ad un tratto vidi salire dalla strada, scortato da un folto gruppo di curiosi uno dei ragazzi che erano con me.

La mia prima reazione fu di entusiasmo, ero contento di poter dare una dimostrazione delle conoscenze che avevo appreso.

Era stato colto in flagrante, mentre attraversava la strada al di fuori delle strisce pedonali.

Entrando nel Tribunale, come per un tacito accordo, il tizio che mi aveva dato le spiegazioni, si accingeva ad assistermi nella difesa. Con uno sguardo di intesa mi fece capire che prima si sarebbe fermato un momento al bagno.

Quando noi eravamo già seduti davanti al giudice, ci raggiunse abbottonandosi i pantaloni.

Il ragazzo osservava tra il rassegnato e lo stupito la nostra eccitazione e il nostro confabulare, tuttavia seguì docilmente i nostri consigli.

Le fasi del processo si svolsero come descritte in precedenza e, senza incidenti verbali, si arrivò alla condanna.

La condanna fu abbastanza severa, perché il suo comportamento costituiva un’offesa alla città, intesa come comunità di individui, che rispettano determinate regole, ritenute necessarie per il vivere civile.

Era arrivato il mio turno e, anche il mio “assistito”, mi osservava, avendo percepito, che la stanza attendeva una mia esposizione.

Il suo sguardo lasciava trapelare un certo fastidio per la mia operosità, sembrava quasi che mi considerasse responsabile di quanto gli stava accadendo.

Quest’avversione, probabilmente, derivava dalla rapidità con la quale avevo accettato le nuove regole e mi ero adeguato a situazioni, che appena quel mattino mi sarebbero sembrate assurde.

Il mio comportamento non era stato poi così singolare, ero in buona compagnia, con me, c’era e c’è, il resto dell’umanità.

Ma il suo malessere, forse, aveva radici più profonde.

Ero concentrato nell’esposizione,e, poiché la condanna era stata rilevante, il credito per compensarla doveva essere importante.

“ Quando cresceva” esordii “ Lubiano, il ragazzo che avete davanti, litigava con tutti, non aveva amici. Era sempre scontroso e benché fosse abbastanza intelligente, era convinto di avere scarse capacità e finì col convincere di questo anche i suoi professori ed i genitori. Ma di tutto questo voi Signori Giudici siete certamente a conoscenza” dissi anticipando la replica del Pubblico Ministero.

 I giudici sorrisero compiaciuti. “ Ha avuto qualche ragazza che lo amava sinceramente, attratta dalla sua anima tormentata, ma lui non riusciva a farsi amare, era più portato a farsi odiare e quindi, anche con le persone meglio disposte, riusciva nell’intento. Ma l’aspetto più triste non era il suo rapporto con gli altri, quanto la convinzione che tutti, anche se apparentemente non lo dimostravano apertamente, avevano le medesime pessime relazioni fra loro.

Ogni coppia secondo lui, si tormentava reciprocamente e ogni amicizia era falsa e illusoria.

Chi pensa di essere la causa del proprio malessere ha una possibilità di salvezza, ma chi pensa che il problema sono tutti gli altri&ldots;.

La causa di questa visione negativa dell’umanità, che non sto qui a sindacare se giusta o sbagliata, ma comunque diversa dalla maggior parte della cittadinanza” aggiunsi con malcelata ruffianeria “ è da ricercars nei rapporti familiari .“

L’atmosfera era distesa e un giudice ritenne di bearsi con questa massima :

“ i genitori sono come gli allenatori di calcio. Il loro contributo ad un risultato positivo è molto modesto, ma possono essere determinanti nel condizionare negativamente una partita come una vita.”

“ Anche nel nostro caso ” continuai “ i genitori hanno determinato, pur senza volerlo, la formazione del carattere del mio assistito. Lubiano ha un fratello più giovane e fin dall’adolescenza, il fratello ha catalizzato le attenzioni, le lodi e le speranze dei genitori. Non è che il minore avesse maggiori qualità o fosse più adatto a farsi benvolere di Lubiano, semplicemente veniva dopo, e quindi, era più facile sperare di trovare in lui, ciò che in Lubiano non si era palesato. Questo qualcosa era mutevole , ma aveva a che fare con tutto ciò che si discosta dalla normalità e che un genitore si augura di trovare in un figlio.

Uno spirito artistico, una vena letteraria, una predisposizione alle attività sportive.

In effetti il fratello minore raggiungeva risultati migliori di Lubiano in diversi campi, ma senza mai distinguersi per l’eccezionalità delle sue qualità.

 Questi risultati non erano da imputare a particolari predisposizioni, ma semplicemente ad un atteggiamento familiare che determinava una maggiore fiducia in se stesso e nei propri mezzi.

Questa fiducia convinceva il minore di essere maggiormente dotato e facendogli raggiungere migliori risultati, permetteva di convincere di questo anche gli insegnanti ed i genitori.”

Ero riuscito a conquistare i giudici che mi ascoltavano rilassati, ma il Pubblico ministero intervenne: “ queste argomentazioni vi permetterebbero sicuramente di compensare totalmente la condanna, ma, come lei sicuramente saprà,” con tono di scherno “ per condanne di tale gravità occorre una prova provata.”

Il mio assistente, che fino a quel momento si era inorgoglito per la mia trattazione, mi guardò sconfortato, e mi disse che c’era bisogno di una prova documentale o di una testimonianza .

Il pubblico era incuriosito dalla mia tranquillità e si unii in un silenzio d’attesa.

“ Ho qui una testimonianza diretta” dissi “ sono il fratello”.

Il giudice scrisse nella motivazione della sentenza di compensazione : di giorno faceva a cazzotti con la vita, di notte prendeva a calci il mare.

Io e Lubiano tornammo in spiaggia, io gli poggiavo la mano sulla spalla, lui piangeva.