“L’uomo è un punto tra il tutto e il nulla”

B.Pascal

 

 

 

Il Sacerdote

 

 

Io lo guardo con devozione e ammirazione e vedo un uomo compassato e umile dallo sguardo penetrante di dietro l’occhiale spesso.

Lui, un uomo come tanti, ma non uno dei tanti.

Indossa un abito di buon taglio dai colori sfumati, una camicia inamidata che sa di fresco, ha il capello rado e plumbeo, una voce melliflua e avvolgente come si conviene alla sua casta.

Il suo aspetto è quello tipico di un monaco che si riconosce dall’abito, la sua è un'eleganza sobria, completamente priva degli influssi dell’effimero mondo consumista e modaiolo, la sua è una figura classica, quasi mitologica&ldots;

La sua è una figura portante nel mondo.

Egli educa il giovane stimolando il ragionamento.

Egli educa il giovane all’amore.

Per il sapere&ldots;

E’ un uomo colto con idee precise su cui ha costruito la propria vita, ma non sulle proprie idee basa i propri sermoni onirici bensì sulla Storia, dei Pilastri&ldots;

Così per alcuni anni ho, insiemi a tanti altri giovani, il privilegio di ascoltare la sua parola senza tuttavia mai afferrare veramente il senso delle sue lezioni. Sono affascinato e interessato dal mondo che si dischiude attraverso il suo insegnamento, ma non riesco mai ad afferrare il vero significato del significante e del significato&ldots; Non sono mai all’altezza di capire veramente che cosa è il dubbio, quale obbiettivo conseguire attraverso la dialettica, perché ostinarsi alla ricerca del se, quale sia la verità che si deve perseguire&ldots;

Sono affascinato e interessato ma sono ignorante e non capisco il senso del discorso, perdo il filo che Arianna mi ha donato e sono schiavo di un labirinto che per me è come una Babele imperscrutabile.

Il Sacerdote si fuma l’inseparabile sigaretta meditando alla finestra tra una boccata d’aria fresca e una di veleno finissimo&ldots;

Passa il tempo e io cresco ed esco nell’università che è il mondo.

Sono un giovane indifeso e vulnerabile, gioco le mie carte a viso aperto con l’innocenza di chi crede nell’ideale misconoscendo il reale, costruisco la mia vita volando nel cielo dell’immaginario e vendo sogni che durano fino all’alba del nuovo giorno. Vivo io stesso nel sogno che la giovinezza mi regala e corro&ldots;

Corro come un demone impazzito che risplende come un sole.

Ardo come una fiamma che con il doppio del suo splendore brucia in metà del tempo.

Sento il vento nei lunghi capelli e sento il calore di giovani compagne che alimentano il mio fuoco.

Poi, un giorno, mi trovo in una delle case che gli umani della mia stirpe hanno dedicato al Dio d’Abramo.

Non è un giorno qualsiasi.

Oggi il Dio onnipotente che egli ha tanto amato ha chiamato a se uno dei suoi sacerdoti più illuminati. Il suo Dio onnipotente non gli ha concesso che un anno per capire che senza i suoi sermoni e le sue preziose parole, senza i suoi giovani ascoltatori e senza le sue sigarette dolci e amare, la sua vita, la sua missione sarebbero arrivate a una svolta fatale.

Io quel giorno ero lì per partecipare non del dolore che ci viene insegnato per la perdita dei nostri cari.

Io quel giorno ero lì per salutare ed accogliere per sempre nel mio cuore di giovane uomo l’anima di quel sacerdote pieno di luce.

Una luce fortissima che da quel momento mi ha chiarito tanti dei concetti espressi e non compresi.

Una luce e un insegnamento:

la vita, momento di passaggio, è una missione, una grande responsabilità verso il passato, il presente e il futuro&ldots;

Ogni attimo, ogni forma di vita, ogni segnale, anche se apparentemente confuso e indecifrabile, è come una nota che vibra&ldots;

La vita è come una musica soave e sublime che ci attraversa, ci accompagna e ci illumina.

Nel tempo.

Per sempre.

La amo&ldots;

 

Augusto Verri