Le interferenze

 

Ho un ricordo quasi cristallino di quando Gilmour ci fece guardare l’eclissi di luna attraverso un frammento di vetro verde e poi con gli occhiali da saldatore presi in prestito da quella scimmia di capitan Mike.

Ricordo quel suo atteggiamento sempre laborioso ed autoritario, sempre un po’ distaccato: incuteva timore ai suoi figli e infondo un po’ lo incuteva anche a me.

Chissà forse aveva avuto un infanzia costituita da un’educazione molto rigida.

Chissà forse ha sempre avuto così a cuore le sue piccole anime da vivere una paura fortissima di perderle.

Il giorno in cui morì la sua bambina io ero nel lettone di mia madre, ricordo che al risveglio la Solidea ci annunciò la buona novella in un clima che è per me ancora surreale.

Non ho mai sentito la mancanza di quell’angelo del signore che era Beatrice, non ho forse mai pianto la sua morte, ho solo sempre pensato che la nuova dimensione che la lega all’eterno era ed è più affine alla sua delicatezza azzurra, alla sua voce calma e ai piccoli cavallini di plastica con cui animava la fattoria dei suoi sogni.

Ora però non riesco più a trattenere le gocce di sale che bagnano i miei occhi&ldots;

Ora Lei, suo padre e il grande affetto che mi lega alla loro famiglia mi fa sentire così vivo, così tersecante la linea di flusso da avere un moto di umanità, e un moto di divinità&ldots;

Guardammo la luna nella magica notte in cui i grilli suonavano le loro ninne nanne, guardammo la luna e vedemmo in lei una parte oscura che impediva al sole di starle di fronte per guardarla ed amarla, e baciarla intensamente con i suoi vitali raggi dorati.

Sentii vibrare la mia anima ancora pura di bambino e ora capisco che mai prima avevo sentito così da vicino il senso delle Interferenze che costantemente incrociano il Flusso del Divenire.

Ricordo l’alba fumosa sul molo di Porto Azzurro, le gocce di pioggia fresca che mi bagnavano la fronte mentre cercavo ristoro su di una panchina fredda come il suo marmo; ma che calore in quella scena dove il mare spingeva la brezza attraverso un diaframma ancora poco allenato, per comunicare all’Essere che infinito esso è&ldots;

Ricordo i fulmini che con maestosa e fulgida incoscienza si scaricavano nel blu di quelle acque.

Io ero li?

O forse ero trasportato nel cunicolo, distorto nello spazio e nel tempo, che l’emozione crea?

Poi, vediamo, cosa ricordo?

Ricordo questa musica che sto ascoltando: il concerto di Keith Jarrett al teatro Alla Scala, interferì con la mia esistenza nell’anno in cui la cometa Hale e Bop portò tutta la tristezza di questo mondo al mio cuore abbandonato.

Ricordo che ero nella Puglia salentina soddisfatto di avere con me una qualità di marijuana nettamente superiore a quella grigia trovata poi al Fico.

Ora che ci ho pensato e ripensato ho capito, al contrario dell’opinione generale, cosa rappresentava il fumo per il me stesso che stavo vivendo, cosa davvero rappresentava per quel ragazzo che ho amato così tanto:

un’interferenza devastante che apre invece di chiudere.

Una porta per quell’universo intestino che è il subconscio.

Il fumo per capire cosa mi stava accadendo.

Il fumo per morire senza dolore, il fumo per ridere sempre di buon umore.

Il fumo per dare significati cosmici all’evento dell’anno in corso:

la cometa.

In quell’anno, che amo definire Il Preludio alla Coscienza, prima che i lustri ciclici delle mie rilevazioni esistenziali avessero principio, Dio mi si è mostrato in tutto il suo splendore ammonendomi e incutendo in me il timore.

Si, il timore, per una vita che d’ora in poi avrei vissuto, il timore per dei sentimenti che d’ora in poi avrei versato e una grande paura di ciò che non potevo conoscere dell’uomo che sarei diventato.

In quell’anno in cui il cielo si vestì di una nuova affascinante compagna, il fumo e Keith Jarrett, insieme al mare e insieme a tutti gli angeli del paradiso, mi coccolarono, anche se infondo, anche gli infiniti universi paralleli che andavo percorrendo non potevano prendere il posto della mia venere che come una stella cadente aveva smesso, così, in un attimo, di riscaldare il mio spirito.

In quell’anno capì l’importanza del Flusso cominciando in modo assai criptico a parlare a chi mi stava intorno delle Interferenze senza mai pormi il problema dell’essere compreso.

Ricordo quel giorno d’estate in cui io e la mia regina, accucciati, sulle ottomane atlantidee, languidi, discorrevamo, come divinità di chissà quale cielo, dei frutti e dei fiori di questo pianeta meraviglioso.

Avvolto io nel mio pareo scarlatto, guarda a caso acquistato all’Elba, dicevo di Orione e del grande inganno che ci hanno sempre dato a credere sui Costruttori.

Non sono mai partiti per la fascia asteroidale della Cintura di Orione, cara sorella, asserivo con noncuranza, guarda il cielo e scoprirai che è la costellazione dell’Eridano quella da tenere presente: i Costruttori non sono andati da nessuna parte se non nelle regioni italiche plasmate dal Grande Fiume in cui poi tutti questi eventi straordinari li riporteranno alla piena coscienza del se.

Siamo noi i Costruttori, sorella Eleonora, nessuna mappa stellare ma l’armonia della nostra mente, il grande senso della creazione e l’amore per la vita sono la chiave, cerchiamo sempre fuori ciò che non riusciamo a trovare dentro, è più facile, ma ciò che è fuori non è una nostra risorsa, ciò che abbiamo dentro altresì è una fonte inestinguibile.

Parlavo tranquillo di tali argomenti ignorando completamente i consigli dei giornali catodici sull’inopportunità del visionare il disco del sole, che oggi veniva oscurato dalla luna sorella, a occhio nudo.

A noi, signori di questa dimensione, nulla è vietato!

Guardammo il sole eclissarsi e lo facemmo ad occhio nudo incrociando la cecità verso solo ciò che è male e verso solo ciò che i signorotti di questo tempo vogliono nasconderci con le loro vane alchimie mediatiche.

Noi abbiamo guardato il Vero.

Il Vero ci ha pervaso della sua forza protettiva.

 

Quando ho scoperto Echoes mi sono reso conto di quanto a volte sia difficile procedere sulla via della Verità&ldots;

Ho ascoltato e riascoltato e ririascoltato ancora questo strumento di conoscenza che precede e oscura un po’anche quella parte della luna che non si mostra mai ai terrestri.

Echos e le Interferenze: io Gilmour me lo sono ritrovato a due passi da casa e durante la mia infanzia egli mi mostrò la bellezza attraverso lo strumento operaio.

Poi, durante la mia tarda adolescenza, insieme ai dannati dinosauri che lo affiancano mi ha permesso di entrare nei cunicoli di energia che solo la vibrazione diaframmatica produce&ldots;

Ora, da un anno appena, ho scoperto che lui e gli altri demoni luminosi avevano interesse per le Interferenze già prima che io nascessi.

Hanno cantato di un pazzo demone brillante della sua stessa luce, del ricordo di quando egli era giovane e splendeva come un sole&ldots;

Poi&ldots;

Hanno posto un imagine che mi ricorda di me stesso sulla copertina di un loro disco che ho avuto in dono.

Hanno interferito con la mia vita in maniera vigorosa come&ldots;

 

 

 

Come cosa?

Come il Tutto e come il Nulla tra cui l’uomo, essere finito, rientra.

Hanno scaturito insieme a tutto il resto un bombardamento costante delle mie antenne paraboliche e hanno aiutato la mia mente a capacitarsi della propria natura e a porre un filo conduttore che attraversa tutto ciò che appare per darmi un immagine piò o meno distinta di ciò che è.

 

 

 

Così, come i neutrini ci attraversano dopo aver passeggiato per un tempo indefinito per il cosmo infinito, le Interferenze ci passano attraverso dando un senso al Flusso, dando un po’ di qua e un po’ di là le spintarelle necessarie per determinare tutto ciò che siamo e tutto ciò che percepiamo.

Dovremmo stare solo un po’ più attenti&ldots;