"IL TRENO"
Un racconto di Marco Birbes
Stavano allineati, come soldati in trincea, in schiera davanti al binario
del destino. I passeggeri aspettavano impazienti.
Il bigliettaio, disgustoso e ripugnante nano malforme, teneva in mano la
lista dei nomi. La stropicciava nervosamente. Famelico, ne assaporava il
contenuto.
Mancavano pochi minuti allarrivo del treno. Il vecchio orologio
analogico dal vetro crepato, insultato retaggio di memorie lontane,
sapprestava a scandire lorario fatale. Lentamente nominava i secondi,
rigorosamente in ciclica e cinica successione. Implacabile monotonia.
Ultima chiamata per lespresso 365. I signori viaggiatori sono pregati
di accomodarsi in silenzio sulla banchina dattesa, echeggiò una candida
voce femminile allaltoparlante. Eterea come la neve.
Giovani e vecchi, uomini e donne, onesti e corrotti: un nutrito drappello
di vita, calda carne pulsante e pensante, contava silente gli attimi della
sosta.
Il treno delle 12 è in arrivo. Ora il cancello dingresso verrà chiuso.
I signori passeggeri sono pregati di imbarcarsi, col biglietto alla mano,
disponendosi in ununica fila
Da lontano un fischio assordante annunciava larrivo del freddo metallo.
Proiettile lucido, lanciato su due raggi argentati. Il treno frenò e con
stridore brutale, simile ad intricate urla danime dannate, terminò la
propria folle corsa sul punto stabilito dalla sorte. Con una scossa nerbuta,
simile ad un repentino tremore corporeo, sassestò, sfiatando nuvole di
caldo vapore. Filiforme verme nero come la pece, con oblò rossi simili a
rabbiosi occhi di drago. Fumante.
Il putrido nano, bardato nella sua divisa immacolata, si collocò dinnanzi
allunico ingresso del treno, misterioso antro apocalittico. La fila
speranzosa sapprestava a salire. Si consumava come un solco dacqua arso
dal sole. Senza bagagli.
Voi no. Non è ancora il vostro momento. Andatevene via, giudicò
limmondo bigliettaio, respingendo via due piccoli bimbi. Anime bisognose,
questuanti.
Quando la colonna finì, lempio essere fece cenno alla locomotiva di
partire e, a sua volta, salì.
I passeggeri si sedettero nei sedili numerati rispettando rigorosamente
lordine della lista. Sospiravano con occhi speranzosi.
Il viaggiatore della poltroncina numero uno è chiamato per dirigersi al
vettore locomotore ad espletare le ultime formalità informò il nano.
Lanziano vegliardo si ripulì i minuscoli occhiali tondi come capocchie
di spillo. La folta barba biancastra sembrava un labile tentativo di celare
i danni del tempo. Un inutile stratagemma per occultare gli insulti di una
vita.
È il mio momento, sentenziò. Fece leva con gli arti superiori per
tirare in piedi le corrose membra e, con passo stanco e caduco, si direzionò
verso il suo traguardo.
Raccolga il giornale, per cortesia. Siete pregati di non lasciare sul
treno i vostri oggetti personali, ricordò impassibile il bigliettaio.
La porta della carrozza, chiudendosi alle sue spalle, fece uscire di
scena il vecchio. Inutile burattino consumato. Derelitto di un lontano
passato.
Dopo pochi minuti, il treno ebbe un sussulto, uno scuotimento improvviso.
Accese i motori e, lentamente, riprese ad ingoiare metri di risplendente
binario.
Mamma, mamma!, sibilò il bimbo cingendosi al caldo braccio pulsante
della giovane madre, Perché piangi?
Niente, figlio mio. Niente
Ma ci sarà pure un motivo?
Piango di gioia, Adam. Ho voglia di rivedere papà
Anchio, mamma
Lo so
Ora alzati, figlio mio. Noi andiamo di là insieme. Andiamo da papà
La donna sistemò il vestito al bambino, gli diede una carezza sul morbido
volto di pesca e, presolo in braccio, salzò verso la porta.
Si sbrighi, signora, la prego. È quasi luna, rammentò delicatamente
il bigliettaio ritrovando un sentore di commiserazione. Unultima vena di
umanità dalle viscere di una miniera esaurita.
Intanto il treno correva veloce e lineare. Dai finestrini non era concesso
vedere il paesaggio, un pannello color cremisi lo eclissava.
Il passeggero numero tre si prepari a raggiungere la motrice
Luomo slanciato pensava. Immerso nel suo sfarzoso vestito gessato. Aveva
indosso una candida camicia profumata, perfettamente stirata e calzava
scarpe chiare di gran marca. Le migliori. Aveva indosso il peso di tante
morti. Killer assetato, mercenario infallibile. Sotto i baffetti,
maniacalmente sottili e precisi, una bocca serrata e tirata ricordava. Uno
sguardo perso, rivedeva macabre scene lontane. Pugnali ardenti nellanima.
Forza, è il suo turno. Sia più rapido, non è ammesso ritardare. Sono
quasi le due, lo ammonì il microsomico personaggio, fissandolo con
freddezza.
Mi scusi, ma la gobba che porto cresce sempre di più. Mi appesantisce
Luomo aprì la pesante porta metallica e arrancò verso la fornace.
Coraggio, stiamo per perdere potenza. Il fuoco deve essere assolutamente
alimentato ogni ora, ricordò il malsano bigliettaio.
Lassassino si sentì più leggero e perse lantico affanno. La sua bocca
si distese ed i suoi occhi ritrovarono linnocenza e la gioia di un infante.
Sereno, entrò nel braciere.
Quando il ventiquattresimo passeggero ebbe compiuto il proprio dovere, il
treno, in vista delle 12, cominciò a rallentare la sua folle corsa.
Ultima chiamata per lespresso 365. I signori viaggiatori sono pregati di
accomodarsi in silenzio sulla banchina dattesa