Una bella storia d’amore

 

Una bella storia d’amore vi vogliamo raccontare

una storia che per l’autore era stato più un errore.

Eravamo una storia arrabbiata di parole una brutta insalata

ma una Dama, una bella signora questa storia ha trasformata

 

C’era una volta un libro originale ed impulsivo, con tante cose belle da dire, ma distribuite così male al suo interno da far paura. E infatti non lo leggeva proprio nessuno. Era un libro triste perchè non si sentiva capito ed apprezzato. Ma come fa un libro ad essere triste? Un libro, di solito, è un libro e basta. Sì, quando lo leggiamo e lo sfogliamo un libro è un libro e basta, ma quando lo chiudiamo e lo dimentichiamo sul tavolo o nella libreria cosa succede al suo interno? E’ come un mondo pieno di attori buffissimi che si preparano, fanno commenti e si riposano dietro le quinte. E se aprendolo leggiamo che un uomo è seduto su una sedia fumando la pipa e sfogliando il giornale non dobbiamo pensare che quando il libro si chiude quell’uomo all’interno continui scioccamente a starsene seduto fumando e leggendo, perchè l’uomo va a farsi una passeggiata, la pipa va a fare il pieno di tabacco e il giornale corre in edicola per aggiornarsi sulle ultime notizie. Insomma, in ogni libro c’è un mondo vivo che non vediamo, ma possiamo immaginare. Un mondo che torna perfettamente in ordine ogni qual volta qualcuno si appresti ad aprirlo in modo che il lettore trovi lì una bella storia, con un senso compiuto e non degli elementi sparsi. Pensate alla vita dura degli abitanti di un libro che oltre a farsi trovare nel posto giusto devono anche correre da una pagina all’altra, secondo il bisogno che c’è di loro senza farsi vedere dal lettore. Per cui se ad esempio il quadro della Gioconda si trovasse a pagina 8 e a pagina 156, dobbiamo pensare che suo compito è quello di farsi trovare prima a pagina 8, poi , quando il lettore volta pagina deve scendere dal quadrto, mettersi la cornice sulle spalle e correre, passando dietro, fino a pagina 156. Di tempo ne ha in questo caso, perchè in mezzo ci sono parecchie pagine, però può capitare a volte che qualche oggetto o personaggio si trovi spesso, a pagina, 8, a pagina 10, a pagina 15, ecc... e allora lì davvero la vita diventa dura.

Come tutti sanno la maggior parte del tempo un libro non lo passa aperto, ma chiuso su un comodino o in libreria. I libri più fortunati vengono aperti anche tutti i giorni, ma solo per qualche ora. Ad esempio i libri scolastici devono essere sempre pronti ad entrare in scena e si devono munire di buoni sistemi di sicurezza per proteggersi dagli alunni che versano lacrime sulle loro pagine dopo le interrogazioni oppure si sfogano con ogni sorta di scarabocchi senza preoccuparsi di imbrattare irrimediabilmente la loro scena.

Il protagonista di questa storia era un libro con tanti personaggi divertenti e seriosi, allegri e tristi che si erano ritrovati insieme in qualche centinaio di pagine per opera di uno srittore sconosciuto che aveva intitolato il suo lavoro nel modo più banale e ridicolo che si poteva trovare: “Una bella storia d’amore”. Ma non fatemi ridere, dai! Di storie d’amore ce ne sono già così tante, tutte uguali, che barba! Più o meno avrete pensato così anche voi leggendo il titolo dietro questa pagina. I personaggi del nostro libro le avevano provate tutte per farsi notare. Avevano provato con una storia romantica tipo “Paolo e Francesca”, poi con una storia dura, maschia, piena di morti e di sparatorie; un’altro tentativo fu quello di scopiazzare da qualche telenovelas puntando su quegli intrecci familiari che insegnano in TV ogni giorno ai becconi che le guardano. Il guaio era sempre il solito: mai che ci fosse un’idea davvero originale, sempre le solite robette fritte e rifritte che ormai hanno fatto ottanta volte il giro del mondo. Non erano storie brutte brutte, però erano scontate, noiose. Fossero state storie brutte ma originali qualche pazzo le avrebbe certamente apprezzate e con aria da intenditore avrebbe scritto in qualche recensione “Racconto bellissimo!”. Ma quelle cose che sono una via di mezzo, nè carne, nè pesce, quelle proprio non le leggeva nessuno. All’autore la cosa non interessava più di tanto, poteva sempre scrivere un’altra storia, magari l’aveva già fatto e si era pure dimenticato della prima storia scritta tanto tempo prima, all’inizio della sua poco promettente carriera. Per i personaggi del libro questo invece era proprio un bel problema. La “bella storia d’amore” per loro era tutto, c’erano dentro fino al collo. Non potevano far finta di niente perchè lo scopo della loro vita era proprio quello di essere letti, appassionare qualcuno e volendo anche essere utili per insegnare qualcosa di nuovo, una bella morale, perlomeno qualche frase d’effetto tipo quelle che ai ragazzi piace tanto scrivere e riscrivere sul diario scolastico. E invece niente, poche copie vendute e subito finite in qualche scaffale a raccogliere polvere.

Avendo tanto tempo a disposizione i personaggi avevano inventato un gioco, una specie di caccia al tesoro che li faceva correre da una pagina all’altra fino all’esaurimento delle forze. Ad esempio dovevano correre fino a pagina 300, poi là trovavano un secondo biglietto che li faceva tornare a pagina 112, qui, dopo aver risolto un piccolo rebus andavano da Pul, ed infine venivano rimandati a pagina 3, cioè al punto di partenza per cercare il tesoro che era nascosto lì da qualche parte ancor prima che partissero. - Che gioco cretino! - sentenziava ogni volta Leopoldo - tanta fatica per tornare al punto di partenza! - Dì piuttosto che sei una lumaca con quelle gambe svitate! - rispondeva Rello, il più veloce del gruppo. - Sta attento Rello, le lumache a volte possono essere un intralcio per quelli come te! - ma Rello era già partito. Leopoldo lo aspettava al varco e al momento giusto apriva di scatto una delle sue ante di legno massiccio lasciando un bel bernoccolo al distratto pennarello e la sua fugace immagine nell’esterno dell’anta. - Ha barato! - interveniva Vercingetorige - come al solito, del resto! Leopoldo è squalificato! - e via che ricominciava l’ azzuffata.

Col passare del tempo si eliminò il gioco e si trattenne solo la parte più divertente, cioè la litigata finale, si insultavano a vicenda e si addossavano le colpe senza risparmio di termini ed energie. Forse però è giunto il momento di conoscerli meglio, questi protagonisti, e poi ci potremo addentrare meglio nella storia.

Pul era un pulcino, il più piccolo di tutti e se ne stava in disparte, sempre in cima a pagina 314 guardando fuori dal libro e sognando di essere in uno di quei libri sistemati lì vicino al suo. Chissà cosa raccontavano, che storie si nascondvano al loro interno, magari di cavalieri e di terre da conquistare oppure di pirati o di indiani irriducibili ... ed eccolo sognare di essere un piccione viaggiatore che verso la fine salva tutti i buoni da una orrenda fine portando una lettera importantissima che cambia in meglio il precipitare degli avvenimenti. “Ah, magari fosse vero!” esclamava di tanto in tanto e così passavano le ore in cima a pagina 314.

Vercingetorige era il nome di n’altro personaggio. Era un uomo, non un animale come Pul, ma questo non fa una grande differenza quando il libro è chiuso. Si dava un gran da fare per tante cose contemporaneamente senza portarne a termine neppure la metà. Era un chiacchierone, un imbroglione convinto di essere il protagonista della storia. Gli altri glielo lasciavano credere ( non proprio tutti) perchè era il più forte, il più grosso e poteva arrabbiarsi anche molto a volte, quindi meglio non contrariarlo troppo! Vercingetorige era un brontolone di natura, malato di protagonismo, ma in fondo simpatico e accettato da tutti (... non proprio tutti) perchè le sue fesserie facevano ridere al contrario di Pul che invece metteva tristezza solo guardandolo. Nessuno ha mai capito da dove venisse il suo nome, lui lo portava con orgoglio raccontando spesso della teoria secondo la quale l’autore gli aveva dato il nome di un famoso condottiero romano, o forse di uno dell’Impero Austro Ungarico ... comunque sicuramente era un nome importante, appartenente a qualcuno che aveva fatto strada nella vita, non uno qualunque. Qualcun’altro invece metteva in giro la voce che “Vercingetorige” nient’altro fosse che il nome del cane del bizzarro autore. Vercingetorige urlava anzichè parlare, ma ormai tutti avevano capito che questo era il suo temperamento. Nel racconto era il portinaio di un grande palazzo dove all’ultimo piano abitava una bella ragazza che lo salutava educatamente tutte le volte che passava sul pianerottolo per salire o scendere, ma, purtroppo per lui, ... nulla di più. Lui fingeva di leggere libri impegnati, di politica, di economia, ma tutti sapevano che nel cassetto teneva un libro sgulcito di vecchie favole.

Grande nemico di Vercingetorige era l’incredibile Leopoldo, un armadio della camera del delitto di cui si parla all’inizio della storia. Leopoldo era un oggetto taciturno ed individualista esperto nel farsi sempre gli affari suoi tranne che per tutto ciò che riguardava Vercingetorige verso il quale aveva una spiccata tendenza a litigare. “Questo libro è troppo stretto per tutti e due” gli aveva detto, “o te ne vai tu , o me ne vado io!”. Entrambi a parole erano stufi di questa storia in cui non succedeva mai nulla d’interessante, ma poi sotto sotto erano certi che senza di loro sarebbe stata ancora peggio, si sentivano necessari e per amore disinteressato del libro restavano ancora qualche giorno, come ultimo tentativo. Leopoldo vedeva sempre tutto nero e per fortuna parlava poco perchè aveva il dono di demoralizzare in due minuti anche Pulcinella. Aveva una gamba un po' svitata e cigolante, ma si guardava bene dal chiedere a qualcuno una mano per sistemarla. Nessuno sapeva cosa fosse nascosto dietro le sue ante rigorosamente chiuse. Il problema è che non lo sapeva neppure lui perchè l’autore non l’aveva scritto, ma lui riteneva di dover custodire gelosamente il segreto del suo contenuto rivelandolo solo al momento opportuno, ciò alla fine della storia. Leopoldo era il classico genio incompreso, capitato per sbaglio in un libro che secondo lui non era al suo livello. La sua umiltà e spirito di abnegazione lo avevano poi convinto a rimanervi ... anche perchè non era possibile andarsene.

Un tipo del tutto differente era invece il gatto Sebastiano, sempre tra i piedi per sapere gli affari di tutti, amico di tutti, non aveva una sua opinione perchè non aveva studiato tanto e non gli venivano tanto bene i discorsi. D’altra parte in quella storia di discorsi ce n’erano già così tanti che i suoi sarebbero stati assolutamente superflui. Anzi! Faceva una cosa più utile: ascoltava e faceva sì con la testa in modo che chiunque stesse con lui avesse l’impressione di essere ascoltato e aprezzato. La cosa che non sapeva spiegarsi era come mai lo convincessero tutti i discorsi. Lui era sempre d’accordo, sia con chi gli spiegava che è bello il nero e sia con chi invece gli spiegava che è bello il bianco. Aveva ragione Vercingetorige ed aveva ragione Leopoldo, quando poi litigavano faceva confusione e si metteva a dormire. Sebastiano con la sua simpatia sapeva più cose di tutti gli altri perchè tutti parlavano con lui, ma lui non sapeva di sapere tutte quelle cose e giocava con una palla sua amica, chiamata Tiroide.

Tiroide era una pallina molto buona e simpatica, sempre disponibile a giocare con chiunque, soprattutto con il gattone curioso. Lei non era curiosa, ma generosa sì. Era capace di starsene delle ore sotto qualche mobile senza dire niente e poi quando a qualcuno veniva in mente di cercarla era sempre pronta a fare quattro chiacchiere o a giocare. Era l’unica che si ricordava per tempo dei compleanni e preparava per ognuno qualche regalino. Sognava di diventare una mongolfiera da grande, e tutti però si mettevano a ridere quando ne parlava perchè al massimo poteva poteva assomigliare ad una palla da tennis, non di più. Lei non si scoraggiava e non si offendeva, ma restava fedele al suo sogno. “Senza sogni qui si muore!” diceva spesso. Inoltre aveva una caratteristica del tutto particolare che consisteva nel diventare più dura quando qualcuno si metteva a litigare, come quelle palline di gomma che rimbalzano tantissimo e hanno effetti così strani ed imprevedibili che non le affermi finchè non si fermano da sole sotto qualche mobile. Qualcuno dice di averla vista saltare anche nei momenti belli di grande gioia, ma ormai quei momenti erano diventati così rari che tranne Ovescion nessuno se ne ricordava più. Ovescion era una vecchia chitarra tenuta ancora molto bene. Il suo nome a dire il vero era Omescion, ma lei si era sempre fatta chiamare con la “V” al posto della “M” perchè così aveva un nome importante, e poi evitava di essere presa in giro perchè il suo nome al contrario poteva essere letto “Noi scemo” come qualcuno gli aveva già fatto notare in modo poco delicato. Si sà, le chitarre del giorno d’oggi sono permalose, si credono d’essere chissà chi e si offendono con poco, si scordano anche se solo viene il garbino.

Ovescion suonava spesso perchè era la cosa che sapeva fare meglio. Agli altri non dava troppo fastidio perchè era effettivamente bravina e graziosa nei suoi suoni ed era piacevole ascoltarla. Una volta raccontò che i suoi genitori volevano farle studiare violoncello sin da piccola, ma lei non ne voleva sapere e ne faceva di tutti i colori per marinare la scuola. Addirittura andava di nascosto dalla nonna che le regalava sempre, di nascosto, qualche corda di chitarra. Ovescion, così dolce e carina era anche testarda come un mulo e quando si impuntava su una cosa era capace di farne una tragedia pur di non mollare. Magari se i suoi le avessero detto di andare a scuola di chitarra, lei avrebbe suonato di nascosto il violoncello. Ovescion scriveva canzoni e, superato un primo periodo di vergogna, aveva cominciato a farle ascoltare agli amici. Nella “Bella storia d’amore” appariva solo una volta, a pagina 203, quando il protagonista la trova casualmente lì accanto a sè e la usa per fare una serenata alla sua bella. Ma siccome le parole improvvisate da quel disgraziato sono un po' sconce la ragazza gli da uno schiaffone e va via sbattendo la porta. “Le solite ingiustizie! - commentava la chitarra parlando con la malcapitata porta - prima fa il porco e poi se la prende con me tirandomi contro un muro!” La porta intanto controlla di non aver nulla di rotto. “Fa l’offeso lui, quel maleducato, non pensa a me, a quanto mi ha fatto vergognare davanti a quella ragazza. Che affronto, che vergogna! Doveva zappare la terra quello, non fare il protagonista della storia!” La porta gli dava ragione e lo avvertiva di parlare più piano perchè il tipo era ancora lì, dietro di lei. Fatterelli come questi se ne potrebbero raccontare tantissimi, ce ne sono ad ogni pagina del libro. Ci sarebbero poi tanti altri soggetti da descrivere come la Bibbia, soprannominata il “prete” del gruppo, anziano libro spiegazzato con tante storie da raccontare. Oppure sarebbe bello dilungarsi a parlare della signora Scopa, sempre dietro a pulire, a spolverare i piedi di tutti e dire “Forza, forza, muoversi!” Grande chiacchierona rimasta vedova da quando andò bruciata la sua amica Paletta. Questi sono solo alcuni personaggi, i principali di cui qualcosa bisognava dire prima di entrare nel vivo della strana vicenda di cui hanno fatto parte. C’è anche una conzone che Ovescion ha composto per divertimento facendo una caricatura alla quale gli stessi personaggi stavano volentieri cantandola con gusto:

La banda del libro <D:Archivio 2000creazionefavolelabanda.htm>

Era ormai un po' di tempo che nel libro serpeggiava uno scontento generale, ognuno senza volerlo faceva emergere i lati peggiori del proprio carattere e con il proprio comportamento invitava gli altri a fare altrettanto. Ovescion era sempre scordata e con la scusa di accordare si metteva indisparte sempre più spesso; Tiroide passava delle ore sotto i mobili senza che nessuno la cercasse. D’altra parte stava diventando sempre più dura e giocando con lei ci si poteva anche fare male. Il libro era come una città dove succedono contemporaneamente tante cose, ma la stessa persona non può vederle tutte nello stesso istante. Ogni capitolo rappresenta un quartiere e ogni pagina una via. La prima pagina si sentiva fondamentale perchè un buon inizio è già metà dell’opera, l’ultima dal canto suo era importante perchè era l’ultima, la più mozzafiato. Ognuno era preoccupato di migliorare e difendere sé stesso, ma nessuno si preoccupava minimamente del suo vicino di pagina. Dall’interno il libro sembrava grande perchè nessuno aveva mai visto qualcosa di più grande. Nessuno fatta eccezzione per Pul che stando sempre appollaiato sul margine superiore di pagina 314 si era ormai convinto che esistevano anche altri libri oltre al loro. E infatti il modo visto da fuori era ben più grande e la nostra storia d’amore non era altro che uno dei tanti libri schicciato in seconda fila nella parte più alta di un mobile pieno di libri di ogni genere. Questo però i personaggi rifiutavano di ammetterlo e per sicurezza non si affacciavano mai per curiosare fuori dai loro confini. Pensavano: “L’amore è la cosa più importante e la nostra è una storia d’amore, quindi siamo dentro ad una storia importantissima ... solo che qualcosa non funziona perchè nessuno ci legge”, e a questo punto ognuno dava una spiegazione diversa sulle cause di tale insuccesso editoriale. Dicevamo che il povero libro incompreso era in seconda fila, ma non solo; quella stanza infatti era più un ripostiglio che una vera e propria dignitosa “stanza”. Capitava raramente qualcuno che restava a guardare per un po' i libri, ma quasi mai quella scansia e assolutamente mai quel libro impolverato.

Nel disperato tentativo di comprendere la causa di tanto insuccesso il consiglio superiore (così si erano soprannominati Vercingetorige, la Scopa e la chiatarra) invitò gli abitanti del libro a partecipare ad una assemblea generale, a pagina 314 per riguardo al timido Pul che da lì non si muoveva. Dopo i vari ringraziamenti e preamboli inutili si accese la discussione in un crescendo preoccupante. - Bisogna spazzare via chi non c’entra ! - disse la scopa mostrando i suoi piedi di paglia. - Non si può far rimbalzare il problema da una parte all’altra del libro, bisogna affrontarlo! - disse Tiroide. - Il problema è che qui ci sono troppi armadi cigolanti! - disse Vercingetorige. - O forse torppi ciccioni chiacchieroni! - rincalzò Leopoldo - E tu, Bibbia cosa dici ? - chiese Sebastiano - Ehm, dunque, aspettate un momentino ... ecco qua (dopo aver sfogliato un po' di pagine): “C’é un tempo per costruire e un tempo per demolire!” Detto questo cominciò una rissa, ma una di quelle risse che non facevano piùda tanto tempo; una rissa fatta con gusto, senza violenza, ma con tante botte (non so se mi spiego).

Qualche tempo dopo l’ assemblea generale si cominciò ad abbassare il polverone dell’azzuffata e lentamente ognuno tornò alla sua pagina a leccarsi le ferite e riprendere le solite attività. Ovescion canticchiava qualcosa per ammazzare il tempo e Tiroide se ne stava appollaiata lì ai suoi piedi senza troppo interesse, ascoltando qualche parola ogni tanto. In uno di quei pochi momenti lucidi rimase colpito da alcuni versi che chissà perchè gli erano piaciuti anche se non ne capiva, come al solito il senso. La strofa diceva più o meno così:

Venite, venite prendete, prendete pure,

perchè non venite, prerchè non prendete?

Non abbiate nessuna paura questa è sola acqua pura,

non era questo che voi volevate? Perchè allora vi voltate? ...

- Perchè non vanno?- chiese Tiroide - Eh? Hai detto qualcosa? - s’interruppe distrattamente Ovescion. - Ho detto, perchè non vanno? Intendo quelli della canzone... - Chi deve andare? - Boh ?! Se non lo sai tu! Eri tu che cantavi... - Ah ! Il canto! Scusa non avevo capito. - Santa pazienza, era ora! - E’ una storia che non ho ancora terminato, sono indeciso se farla finire bene o male. - Falla finire bene, no?! - Vorrei, ma dopo diventata un po' troppo scontata e banalotta, comunque ascoltala, magari mi dai qualche buon consiglio:

Ho immaginato un villaggio fatto di capanne di paglia in una zona del mondo vicina all’Equatore, dove il sole quando picchia ...picchia forte e l’acqua è il bene più prezioso. Un giorno finisce l’acqua a causa di una grande siccità e la gente comincia a lamentarsi. Prima contro il governo, poi contro il cielo ed infine gli uni contro gli altri. - Proprio come abbiamo fatto noi! - disse Tiroide - Non mi interrompere e ascolta: la gente non rischiava di morire perchè in un modo o nell’altro qualche bevanda, qualche lattina si rimedia sempre: aranciata, cocacola, sprite... sono prodotti che circolano e vengono incontro al bisogno di bere della gente, ma di acqua ...niente.

- Accidenti! - intervenne di nuovo l’ascoltatrice - ma come fanno a farsi il bagno ?!

- Ma che ne so! E’ una storia così, inventata, non ho pensato mica a tutto!

- Io mi sarei fatta un bel tuffo nell’aranciata! Spluff!! Ah che bello, con tutte quelle bollicine!

- Beh, comunque ascolta: con l’andare del tempo la gente si dimentica del sapore dell’acqua e si abitua a fare tutto con la coca e l’aranciata. - E te credo! - Ben presto però si accorgono che qualcosa sta cambiando. Diventano sempre più tristi e scontrosi. Si arrabbiano per ogni sciocchezza e non si parlano più con semplicità come al tempo delle pioggie.

- Secondo te - chiese Tiroide - le barchette di carta stanno a galla sull’aranciata?

- Ma cosa diavolo c’entrano adesso le barchette di carta? Doiing... - ad Ovescion saltò una corda. - ecco, se ne è rotta un’altra. Cerca di seguire il filo del discorso e non pensare più al bagno di aranciata, va bene?

- Va bene, va bene...

- Al centro del villaggio ci sta un vecchio pozzo profondo e chiuso per sicurezza perchè nessuno ci caschi dentro. Una antica leggenda sosteneva che laggiù, in fondo a quel pozzo, ci fosse un’acqua purissima, ma nessuno era mai andato a controllare. Un giorno arriva un uomo che crede nella leggenda e vuole provare a scendere nel pozzo. Allora costruisce una carrucola e con una lunga corda si cala giù nel pozzo armato di tante borracce vuote. La discesa si rivela lunghissima, sembra non finire mai, il freddo comincia ad essere forte e anche la corda, che non è infinita, sta per finire il suo srotolamento. Non si vede neppure perchè quel puntino di luce che è rimasto là in alto non è sufficiente per rischiarare le profondità del pozzo. L’uomo comincia a pensare di essersi sbagliato a credere nella leggenda, ma prima di arrendersi vuole fare un’ultimo tentativo provando a far cadere una delle sue scarpe per sentire, eventualmente qualche rumore dovuto dall’impatto con l’acqua. E infatti lo sente. Un tonfo debole, appena percettibile, giunto indietro dopo diversi secondi dal lancio della scarpa. Questo segnale di speranza è sufficiente per ridargli coraggio e calarsi ancora più giù. Dopo un po' lascia cadere anche l’altra scarpa ed ora il rumore dell’acqua è più chiaro e vicino. Pieno di gioia continua la sua folle discesa nel buio totale fino ad arrivare finalmente alla tanto sospirata acqua. Dopo un’abbondante bevuta riempie in fretta tutte le borracce che si è portato dietro immaginando già la festa che gli faranno in superficie quando le mostrerà a tutti. Gli stessi pensieri si intensificano anche nel viaggio di ritorno, quando con il prezioso carico inizia a risalire dal pozzo.

- Ma le parole del canto cosa significano? - chiese Tiroide che era stata zitta più del solito

- E aspetta, no? Ci stavo arrivando proprio adesso. Quando, stremato dalla grande fatica, l’uomo arriva in superficie si aspetta un’accoglienza calorosa. Ma ... nessuno sembra interessato al suo ritorno. Allora mostra le borracce, ma nessuno si avvicina. Allora a questo punto dice le parole che cantavo prima: Venite, venite prendete, prendete pure, perchè non venite, prerchè non prendete?

- Giusto! Perchè non prendono l’acqua quegli sciocchi?

- Appunto perchè sono sciocchi. Si sono dimenticati il sapore dell’acqua e ormai non la desiderano più. Lui grida, va incontro alle persone ancora tutto sporco, ma nessuno sembra contento per quella notizia. Qualcuno per farlo smettere assaggia l’acqua, ma con sua grande sorpresa ne rimane disgustato: “Ah, ma cos’é, non ha colore e non pizzica nella gola, e poi non è dolce. E’ molto meglio l’aranciata, non ti pare?”

- Giusto! - commenta Tiroide - ...cioè no, non è giusto, è più buona l’acqua. Ma finisce così?

- Non lo so. Volevo finire con un bambino che al contrario di tutti beve l’acqua e ritorna sereno, ma mi pare banale.

- Cosa vuol dire “banale”? La chitarra non riuscì a rispondere perchè proprio in quel momento si sentì un gran botto echeggiare in ogni pagina.

Successe l’insperato: qualcuno aveva aperto il libro e poi l’aveva subito richiuso. A tutti sembrò l’arrivo di un terremoto.

- Cos’é successo? Chi è stato Perchè non mi avete avvertito? - urlava Vercingetorige.

- Non sappiamo, dicono che qualcuno abbia aperto il libro, ma sono solo voci di corridoio - rispose la vecchia scopa per farlo stare zitto; ma lui gridava sempre più forte

- Dove, dove?!... Devo andarci, sono venuti per me, finalmente qualcuno che se ne intende di artisti - e l’immancabile Leopoldo aggiunse

- ... sì, magari ti portassero via! - questa volta però non fecero in tempo a litigare perchè Sebastiano arrivò di corsa dicendo delle parole strane incomprensibili, nella confusione. Dopo una frenata lunga tutta la stanza riprese fiato un attimo e disse

- C’è un f..., laggiù, ... c’è un foglio ... prima non c’era, laggiù in f..., laggiù in fondo!

- Sta calmo - suggerì Tiroide - altrimenti non capiamo niente.

- Fì, fto calmo, ... ecco, adeffo fono calmo. Laggiù, dalle parti di Pul, poco prima, hanno aperto il libro, hanno meffo qualcova di enorme, groffiffimo, dentro e poi via, hanno chivo e fono fcappati.

- E tu come fai a saperlo? - chiese la vecchia scopa

- Paffavo di lì, andavo a trovare Pul. Giufto! Pul! Povero uccellino, il mio Titti, fperiamo che fia ancora vivo! E via, partirono di nuovo tutti insieme, come pazzi, come quando giocavano alla caccia al tesoro, senza più il minimo rispetto per tutto quello che incontravano. Sembrava una gara con il tempo, e npensare che non c’era affatto fretta, la cosa groffiffima li aspettava tranquilla là dove aveva detto Sebastiano. Tutti coloro che vedevano passare la fiumana di oggetti animati si aggiungevano al gruppo correndo anche loro senza sapere il motivo di tutta quella fretta, tanto non è che avessero molto da fare e se qualcuno corre in una direzione vorrà dire che un motivo ci sarà, e prima c’era stata quella botta... insomma si va, senza discutere, grandi e piccini.

Il primo ad arrivare fu ovviamente il mitico Rello che ci è sfuggito nelle presentazioni perchè va troppo veloce. Il suo vero nome era “Pennarello blù chiaro”, ma così è troppo lungo, non è comodo per la gente, perciò era diventato “Rello”, più semplice e scattante, come lui che non stava mai buono e correva sempre.

- E’ una busta! Sì, una di quelle cose che gli uomini usano per mettere in prigione inchiostro e carta - disse Rello - ... ma a me non mi fregano. Intanto arrivarono anche gli altri, un bel gruppo di oggetti in corsa che superano Rello senza ascoltarlo minimamente preoccupati piuttosto di verificare il contenuto della busta. Sebastiano faceva eccezzione continuando la corsa nelle pagine successive per vedere che fine avesse fatto Pul. Intanto i curiosi entrano nella busta e possono finalmente esclamare:

- Ohh! Una lettera! Che bella lettera! Quant’è che non ne vedevamo una! - - E’ commovente - aggiuse la vecchia scopa - guardate, qui verso la fine dice “Ti amo tanto da morire”... oh che parole!

- Forse il nostro autore si è ricordato di noi - disse Tiroide - Ma va là, sempre con la testa fra le nuvole quella palla - interruppe drasticamente l’atmosfera Leopoldo - E’ solo una lettera, una come tante. Mio nonno ne aveva i cassetti pieni.

- Va bene, sarà anche una lettera come mille altre - disse Ovescion catturando l’attenzione su di sè - in fondo tutte le lettere d’amore sono piene di frasi tipo “ti amo”, o cose simili, non ci vuole una grande fantasia per dire quelle cose, però non possiamo negare che qualcuno l’ha messa proprio qui, da noi, nel nostro regno e con ogni probabilità queste parole per qualcuno sono molto importanti e per nulla scontate. Dobbiamo essere orgogliosi di questo onore, di questo segreto che ci è stato affidato.

- Perchè segreto? - chiese qualcuno dal fondo, - Ma perchè l’ha messa da noi sicuramente per metterla in un luogo sicuro, segreto, dove non gironzolano troppi curiosoni. Una volta ho scritto una canzone che parlava proprio di...

- Va bene, va bene - interruppe Leopoldo - la tua canzone la sentiremo un’altra volta. Adesso bisogna decidere cosa fare. Per esempio: penso che bisognerà fare dei turni di guardia. Se siamo i custodi della lettera dobbiamo custodirla. - ma ecco che proprio su queste parole entra in scena anche Vercingetorige che aveva già fatto uno sforzo molto grosso a starsene zitto fino a quel momento.

- Cosa vuoi custodire tu con quella gamba rotta, povero trabicolo! Possibile che tu non capisca che oggi abbiamo ricevuto una grossa offesa, un insulto da farci morire tutti di vergogna, a partire dai colpevoli - sempre guardando minacciosamente Leopoldo. - Se uno viene da me e mi dice “Io sono il nuovo portinaio” vuol dire che io devo sloggiare, altrochè custodire. Vi ricordo che noi siamo “una bella storia d’amore”, e qualcuno ha avuto la sfacciataggine di portare proprio qui la concorrenza, una sdolcinata letterina lacrimante di qualche dodicenne innamorata.... Sapete cosa vi dico? Per me bisognerebbe bruciarla quella lettera!

- Giusto, bravo, bene! - dissero alcuni che non avevano mai un parere proprio e davano sempre ragione al primo che alzasse un po' la voce.

- Macchè giusto! - intervenne Leopoldo - Bisognerebbe bruciare te, non la lettera. Ma che storia d’amore siamo se non abbiamo un minimo di senso dell’ospitalità!

- Brutto armadio arrugginito, è colpa dei morti ambulanti come te se nessuno legge più la nostra storia ... - ma questa frase Vercingetorige non riuscì a finirla perchè contemporaneamente ad essa cominciò la loro rissa quotidiana. Nel timido tentativo di fermare i due combattenti qualcuno si prese a la sua razione di bastonate, e qualche insulto pesantuccio, per cui nel giro di un paio di minuti successe il finimondo e non è bene raccontare i particolari ai più giovani lettori. Finalmente arrivò Sebastiano, di cui tutti si erano dimenticati, insieme al piccolo Pul, tutto spettinato ed incredibilmente fuori dalla sua postazione di guardia. Sebastiano pensò di zittire tutti con uno dei suoi spaventosi miagolii ed urlò:

- Fermi tutti!!! - tutto continuò assolutamente come prima. Preso dallo sconfortò ci riprovò: - C’è qui Pul! Si è fatto male, e poi ha qualcosa da dire... - ecco questa era una notizia abbastanza strana da fermare davvero la rissa e attirare l’attenzione. Sebastiano però non aveva ancora finito - ...e poi dovete chiamare anche me quando si fa a botte, egoisti!

- Cosa hai visto Pul? - chiese Ovescion con ancora la vecchia scopa incastrata tra le corde - Era una donna gigantesca e mi ha lavato

- Ma no! Era una ragazzina normale, sei tu che vedi tutto così gigantesco. - lo interruppe Leopoldo.

- Ecco, vedi? Non mi credono, io me ne vado - disse deluso Pul a Sebastiano.

- No, aspetta - cercò di rimediare Vercingetorige che aveva ancora Tiroide tra i denti per la rissa - non dar retta a quelli lì, dicci cosa hai visto.

- Si, dicci, dicci! - insistettero un po' tutti. Pul guardò quella folla scalmanata, violenta, sporca, davanti a sè. Per un momento ebbe l’impressione che fosse il suo grande momento, non aveva mai avuto la possibilità di parlare a tutti come in quel momento. Poi rispose alla domanda

- Cosa devo dire? Ho già detto. E’ arrivata quella montagna umana con una busta in mano. Era bellissima

- La busta? - chiese Tiroide

- No! La montagna, cioè la ragazza, insomma. Io ho provato a volare verso di lei, ma non sono più capace, e così mentre cercavo di farmi notare, lei ha fatto partire dai suoi occhi un gocciolone di lacrima che mi ha fatto cadere indietro.

- Accipicchia, che onda. - disse la Bibbia - peggio di Mosè nel mar rosso!

- Poi ha chiuso il nostro libro, e lo ha rimesso dove era prima, e se ne è andata... Però si è sbagliata, perchè prima a destra avevamo la “Guida al Novecento” ed ora invece ci sono “Gli scritti di Mao Tse Tung”. Ma credo che in quel momento gliene fregasse ben poco di questo.

- Infatti - confermò - la scopa - anche a noi non è che interessi un gran chè. Dicci piuttosto com’era. Cosa vuol dire che era bellissima?

- Sì dicci, dicci! - incalzarono gli altri

- Non lo so! Insomma cosa volete da me? Non lo so! Cosa vuol dire che siete ignoranti? Niente, solo che siete ignoranti! ... E chi vuole capisce subito, chi non vuole non capisce neanche se glielo spieghi. Io so solo che a me è piaciuta subito, ... molto.

- Forse perchè era triste, come te Pul - disse Sebastiano Tiroide partì in quarta con una delle sue

- Io so una storia dove non avevano più l’acqua e così quando l’hanno presa dal pozzo ....

- Taci!!! - gli urlarono tutti contemporaneamente. E capì che forse adesso non era il caso di raccontare storie.

- Insomma, lasciamolo finire a questo povero canarino - disse ancora Sebastiano - raccontagli quello che hai detto a me.

- Sì, è vero. La montagna ha parlato mentre chiudeva il libro e ha detto “Qui sarà al sicuro, spero; non ci viene mai nessuno.”

- Ed io che pensavo di essere nella stanza da letto dei bambini! ...In una soffitta; ecco dove siamo! Certo che però gli uomini a volte sono proprio cattivi con noi libri. - scoprì sconsolato Rello. - Se la donna ha detto così, allora ho ragione io. - insistette Leopoldo - dobbiamo custodire la lettera. E’ la prima vera missione che ci viene richiesta da quando siamo in questa casa. Io sono bravo a custodire; ho un segreto dentro di me che non conosce nessuno, lo custodisco bene io!

- Sta tranquillo - imbeccò Vercingetorige - finchè qui ci sei tu e il tuo segreto gireranno tutti alla larga e la lettera non correrà alcun rischio. E via che riprese la zuffa interrotta per ascoltare Pul, il quale davanti ad un simile spettacolo si voltò lentamente e si trascinò verso la sua postazione, questa volta senza Sebastiano, che non potè resistere alla tentazione di gettarsi nella mischia.

Nei giorni seguenti ci fu un certo movimento in ogni pagina del libro. C’era un gran da fare per la lettera anche se non si era deciso nulla di preciso a riguardo. La vecchia scopa dava una pulitina alla lettera, Rello controllava se all’interno ci fossero degli errori di ortografia da correggere. Tiroide e Sebastiano facevano continuamente avanti ed indietro dalla lettera alla pagina di Pul per vedere prima se la lettera c’era ancora e poi se, casomai, il pulcino avesse qualcos’altro da aggiungere. Leopoldo discuteva con Vercingetorige sul da farsi e sulle soluzioni possibili. Ovviamente non erano mai daccordo, ma solo a tratti arrivavano alle mani, in genere si trattenevano abbastanza. C’era una cosa sulla quale erano tutti daccordo: la fanciulla sarebbe tornata e per quell’occasione tutti volevano fare bella figura. Ma quando sarebbe tornata? In fondo a volte si trovano nascondigli così segreti... che poi non si ritrovano più. La ragazza poteva dimenticarsi il libro nel quale aveva messo la lettera, o lo scaffale nel quale aveva messo il libro. Oppure poteva rompere i rapporti con il suo amante e così dimenticarsi di quella lettera senza più alcun valore. C’era comunque un gran parlare di questo ritorno; tante ipotesi si facevano sul quando, il come, il dove, il perchè e soprattutto il “se”, perchè c’era pure una lontana possibilità che non tornasse. Inevitabilmente, quando Ovescion desiderava una cosa, e sentiva che quella cosa poteva avverarsi, era cioè possibile, nasceva una nuova canzoncina. E questa volta la canzoncina entrò nell’orecchio di tutti perchè in fondo esprimeva il desiderio di tutti. Diceva così:

Splendida Dama <D:Archivio 2000creazionefavoledama.htm>

Era un po' malinconica, ma la si cantava volentieri, pieni di speranza, convinti quasi a mò di preghiera che la “Splendida Dama” prima o poi avrebbe ascoltato. Ognuno immaginava la Dama (questo era ormai il suo soprannome) in modo diverso e personale, secondo quello che dettava la propria fantasia. Qualcuno le preparava un regalo, qualcun’altro un bel discorso, altri più semplicemente dormivano tranquilli per potersela sognare in santa pace. Sebastiano non aveva un suo lavoro preciso, ma andava a curiosare da tutti facendo domande e se c’era bisogno cercando anche di rendersi utile. Fu così che gli capitò di incontrare la vecchia Bibbia che discuteva animatamente con la vecchia scopa. Questa voleva mettere un po' di ordine, ma la bibbia non ne voleva sapere di spostarsi, perchè in quel momento aveva da fare. Anche i vecchi litigano tra loro, purtroppo, ma non la fanno troppo lunga perchè non hanno le forze di litigare come si deve, e allora la vecchia scopa andò a pulire da un’altra parte scuotendo la testa: - ... non c’è più religione! - disse tra sè e sè mentre si avvicinava Sebastiano. Il gatto rimase a guardarla incuriosito, voleva chiederle chi fosse questa signora “religione”, ma preferì andare verso la bibbia che sembrava più calma.

- Cosa fai? - Sto leggendo una mia storia - rispose piena di sè la Bibbia.

- Urca! Una storia! - a Sebastiano piacevano tanto le storie - Che storia?

- Una cosa che ho trovato sull’Apocalisse di san Giovan

- San Giovan...? E chi è?

- Ah, questo non lo so, non c’è mica scritto tutto! E poi pensò che non si chiami proprio così perchè l’ultimo pezzetto me l’ha strappato un bambino per farci un disegno

- Oh, che peccato, mi dispiace tantissimo; ti ha fatto male?

- Beh, un gran bene non me l’ha fatto di sicuro. Cosa vuoi farci? Questi giovani d’oggi non hanno più i valori di una volta. Non c'è più religione, al giorno d'oggi! Non c’è più rispetto per gli anziani, nessuno che ti chieda cortesemente se hai bisogno di sederti, o che ti aiuti ad attraversare la strada, o cose simili... Oggi giorno fanno quel che vogliono, arrivano a casa tutte le ore del giorno e della notte e comandano. Ma se è vero quel che dice l’Apocalisse un giorno si farà giustizia, finalmente!

- A proposito, cosa leggevi di così interessante nell’ Apisse, ...Apeclisse, calesse .... di san Giovan?

- Si dice Apocalisse! Santo cielo, che ignoranza! Siediti qui che te la leggo. E’ tanto che qui non mi ascolta più nessuno! Allora... “Vidi un angelo...” lo sai almeno cos’è un angelo?

- Sì, sì, lo so, quello che vola così... - provò a rispondere Sebastiano

- E allora non mi interrompere e stammi a sentire! Oh! “ Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce <<Chi è degno di aprire il libro e di scioglierne i sigilli?>> Ma nessuno, nè in cielo,nè in terra, nè sotto terra - contemporaneamente Sebastiano scrutò il cielo, la terra e sotto terra - era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perchè non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo. Uno dei vegliardi mi disse: << Non piangere più; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il germoglio di Davide e aprirà il libro ed i suoi sette sigilli >>

- Un leone ?! Ma sei matto? Io non voglio che venga un leone a leggere il nostro libro! Meglio che stia col gingillo!

- “Sigillo”, ignorante! E poi cosa hai capito?! E’ un modo di dire... l’importante è che qualcuno lo apra quel benedetto libro. - spiegò la Bibbia

- Aspetta un momento! Ma di che libro parla lui? - Beh, forse del nostro... visto che nessuno lo apre, forse è perchè c’è quel sigillo di cui parla san Giovan, non credi? Cioè, voglio dire che magari non è tutta colpa nostra, magari è colpa di questo sigillo. E poi si tratta di una profezia, e le profezie non sbagliano un colpo, sai? Quindi vedrai che qualcuno ci leggerà.

- Se lo dici tu... però speriamo che non assomigli ad un leone. In quel momento Leopoldo passava di lì e sentendo l’ultima parte del discorso si sentì in dovere d’intervenire. - Un leone? Dove sarebbe un leone? Non c’è, sta tranquillo - lo assicurò Sebastiano - è solo un modo di dire di San Giovan, quello che ha scritto la bibbia. Tu lo sapevi?

- Certo, come no! San giovan, quello della Bibbia, è ...è famosissimo - e subitò se ne andò salutando per non smascherare ulteriormente la sua ignoranza sull’argomento.

- Ciao, ci vediamo! - salutò Leopoldo cigolando - Aspetta, dove vai? vengo anch’io. Leopoldo, dimmi il tuo segreto, dai... non lo dirò a nessuno - Sebastiano gli andò dietro

Passavano i giorni e passavano le ore mentre cresceva l’attesa nella storia d’amore. L’attesa è una gran bella cosa: è un sentire comune che deve sfociare in qualcosa, e se sfocia in bene diventa gioia, se invece sfocia in male diventa tristezza e delusione. Farebbe bene a tutti attendere qualcuno, perchè questo ci tiene desti e attenti, mentre invece chi mon aspetta nessuno si annoia e non sa cosa ci sta a fare nel suo libro.

Arrivò finalmente il giorno in cui qualcuno riaprì il libro e per qualche attimo ci fu un’emozione generale così forte e densa che si poteva tagliare a fette, ma purtroppo non fu una visita molto gradita perchè si accorsero subito che non erano interessati nè a leggere la loro storia, nè a riprendere la lettera. Era semplicemente un giorno in cui il padrone di casa aveva deciso di fare un po' di pulizia e di portare tanti libracci vecchi ed inutili ad un centro dove raccoglievano la carta per riciclarla. Quante botte in quel giorno, quanti salti, strappi, e sopratutto quanta amarezza... Essere riciclati è la peggior cosa che possa capitare ad un libro. Preferirebbe essere bruciato, piuttosto. Riciclare un libro significa dirgli, sei tutto sbagliato, vai smontato e rifatto da capo, invece il fuoco almeno scalda e fa luce. Stavano cambiando qualcosa per la loro piccola vita, stava per finire quella brutta, stupida, inutile, storia d’amore, si rendevano conto che stava per finire tutto. Nessuno lo diceva, ma si leggeva sulle facce: non avevano più voglia di litigare, di cantare, di ripassare la parte. Pul si era salvato per miracolo perchè Sebastiano e Rello erano andati a prenderlo con la forza. Chissà quali strani meccanismi scattano nei pulcini in certe situazioni critiche, certo nessuno si sarebbe aspettato, proprio dallo spaurito Pul quelle parole che ruppero il silenzio.

- Ragazzi, non dobbiamo arrenderci!

- Come? Cos’hai detto - dissero i pochi che ancora avevano voglia di parlare.

- Pul ha parlato? Era proprio Pul quello che ha parlato? - chiedevano i più lontani.

- Sì, ho parlato io - riprese l’uccellino - e ho detto che non dobbiamo arrenderci proprio adesso. E’... è adesso che possiamo far vedere ... (prende respiro) ... quanto vale la nostra storia.

- Ma cosa dice quello! Ma senti chi parla di non arrendersi! Taci, cornacchia gialla! Il primo impatto delle parole di Pul non fu molto positivo, ma quando potè continuare gli occhi di tutti erano puntati su di lui e ognuno era curioso di sapere cosa ci fosse dietro la sua affermazione.

- Ascoltatemi ragazzi. Io non so chi potrà mai accorgersi di noi. Ma se è vero che abbiamo un orgoglio, se è vero che siamo stati fatti per qualcosa lo dobbiamo dimostrare, e possibilmente lo dobbiamo dimostrare prima di morire. Io sono sempre stato triste perchè non mi piaceva vedervi litigare di continuo, sognavo dei lettori che rimanessero strabiliati nel leggere le nostre pagine; ma ora che non litigate più, che andate silenziosamente verso la fine, mi piace ancora di meno. Ascoltate cosa ho pensato. Forse, dico forse ... non sono proprio sicuro; forse, dicevo, lo scopo della nostra vita non era quello di essere un libro come tanti altri, e se vogliamo non era neppure quello di essere migliore degli altri - un brusio leggero emerse tra la folla dopo queste parole.

- E allora sentiamo, mister microbo 314, cosa ci avrebbero scritto a fare, secondo te? Per finire nella carta straccia?

- Forse, e io spero che sia proprio così, forse siamo stati creati per proteggere quella lettera. Sì, io sento che è così. Noi siamo i custodi di una vera storia d’amore, non una storia inventata come quella che ci portiamo appresso, ma una storia vera, con della gente vera che magari in questo momento sta soffrendo. Quindi io dico che non dobbiamo mollare la lettera. E’ lei il nostro onore. Dobbiamo essere buttati via? Che ci buttino pure; dobbiamo bruciare? Che ci brucino; dobbiamo finire in una fogna, in una macchina che ci ricicla, dobbiamo morire? Va bene, dico io: moriamo pure, ma facciamolo per qualcosa, moriamo con onore, non facciamoci fregare la lettera che in quel giorno ... quella fanciulla ci affidò.

A questo punto ci furono tanti commenti; qualcuno era d’accordo, qualcuno no, di sicuro però Pul aveva messo il dito nella piaga, aveva riacceso l’orgoglio, la voglia di vivere, di dimostrare qualcosa. Aveva mosso il fuoco sotto la cenere. Magari la ragazza non ci pensava neppure più alla lettera, però c’era poco da scegliere, essere permalosi non serviva proprio a nulla. O si lottava per la lettera, o non si lottava per niente e così uno la volta si ritrovarono tutti nella pagina della lettera per proteggerla e salvarla da tutti i pericoli che il libro avrebbe incontrato cambiando casa.

Fu caricato in una cassetta, sopra ad altri libri e poi su un camioncino, sopra altre casse. Se ne stavano lì, aggrappati alla lettera come si sta aggrappati alla vita prima di morire e si sentivano eroi anche se nessuno era pronto per applaudirli, anche senza pubblico pagante. Erano eroi per il solo gusto di fare qualcosa di buono, di dare un senso alla propria rabbia, per il gusto, meglio ancora, di dare la vita per qualcosa, così, senza ricompensa. Non seppero lì per lì se chiamarla fortuna o maggiore disgrazia, ma in un tratto in cui la strada percorsa velocemente dal camioncino, era piena di curve, capitò loro di scivolare fuori dalla loro cassa a causa di un sobbalzo troppo violento. Erano in cima infatti, e senza nessun libro sopra non erano fissati tanto bene.

Quando arrivarono degli uomini a scaricare le case quel piccolo libretto rimase lì, in un angolo del camioncino, inosservato. Il mezzo ripartì più leggero e ancora più veloce, con poca carta straccia a bordo, mezzi quaderni scarabocchiati e in un angolino scuro quella ridicola “bella storia d’amore”, rovinata nella copertina, con qualche pagina spiegazzata o addirittura stracciata. Nessuno poteva immaginare che dentro quel libro ci fosse una storia vera, una lettera preziosa. Nessuno tranne quella fanciulla che solo Pul aveva visto, e che tutti avevano immaginato in mille mondi da favola.

- Ah! Che tormento! Ma quando finirà questa sofferenza? Cosa aspettano a farci fuori? - brontolava Ovescion - Sembrerebbe quasi che qualcuno si diverta a salvarci la pelle per poter ridere un’altro po' di noi

- Non te la prendere - lo consolò Vercingetorige in un raro lampo di compassione verso il prossimo - Non ti arrabbiare così, non serve. Hai sentito Pul, no? Dobbiamo difendere la lettera.

- Sì... una lettera di quattro righe scritte da chissà chi - aggiunse sarcasticamente Leopoldo che non perdeva l’occasione di andare contro Vercingetorige neppure in situazioni come quella. - Per me quella, se l’è già dimenticata, la lettera.

- Magari sì, magari no... ci sono tanti magari nella vita. - provò a dire Tiroide

- Non farmi arrabbiare oggi, Leo. Non ne ho proprio voglia. Quando litigo è segno che sto bene, me l’ha detto il dottore; ma oggi proprio non ho voglia neppure di litigare... anche se è evidente che ho ragione io.

- La ragione si da ai matti... - rispose Leopoldo, ma proprio in quel momento ci fu un nuovo violento scossone. Nel ripulire il camioncino qualcuno aveva preso e gettato il libro malconcio in un angolo sporco di un viottolo buio e desolato. In quel giorno stavano imparando tante cose che non avevano mai neppure immaginato. Avevano imparato, ad esempio, che il mondo era molto più grande della stanza in cui avevano raccolto polvere per tanto tempo, ma insieme a questo avevano pure scoperto che tutto questo mondo non era poi così accogliente ed interessante. Avevano imparato che in casi disperati erano capaci di essere forti ed uniti come al tempo in cui erano ancora stretti nella penna dello scrittore. Avevano imparato a dire meno sciocchezze e a non giudicare il prossimo per quello che appare dal di fuori. Avevano imparato cosa significhi avere una missione, una storia vera tra le mani e avevano smesso di sentirsi attori incompresi. Però avevano l’impressione che non fosse servito un granchè imparare tutte queste belle cose visto che il loro viaggio stava terminando con una sconfitta. Non bisogna mai perdere la speranza, ma se non c’è più miente da sperare è difficile tenere duro e continuare la lotta. L’unico modo per continuare a vivere in questi casi è credere profondamente che la cosa più importante non è che la nostra storia vada a finire bene, quanto piuttosto che noi la viviamo bene, anche se ne capitano di cotte e di crude. Comunque i nostri eroi sarebbero certamente stati più allegri se avessero saputo cosa stava loro succedendo.

Il giorno seguente passò per quel viottolo un bambino che doveva andare a scuola ed essendo come al solito in ritardo filava come un fulmine. Era abituato a schivare i bidoni che ormai conosceva alla perfezione, ma quasi cadde a terra per frenare la corsa quando vide con la coda dell’occhio qualcosa d’insolito in quel famoso angolo. Raccolse quel libro più per curiosità, che per altro e senza farne una conoscenza troppo approfondita lo portò a scuola con sè. A scuola poi, durante la prima ora cominciò a sfogliarlo sotto il banco e si accorse quasi subito della lettera. Lesse la lettera sgualcita mentre i nostri attori in miniatura se ne stavano silenziosi a guardarlo. Lui si commosse, la rimise dentro e disse sottovoce - La riporterò a questo indirizzo insieme al libro, per qualcuno deve essere importante! Fu come un colpo di fulmine, volevano urlare di gioia perchè erano proprio le parole che volevano sentire maggiormente. Si riaccesero gli animi e ritornò l’ottimismo tra i custodi della lettera che ormai avevano abbandonato ogni speranza di rivedere la fanciulla. Invece il sogno segreto stava per trasformarsi in realtà. Avevano lottato fino all’ultimo per quella lettera ed ora era la lettera che salvava loro. Tutti cercarono di rimediare quello che si poteva, cercavano di farsi belli, di ripassare la parte, cercavano la pagina dove fare l’entrata in scena e tutto questo movimento era commovente perchè le condizioni erano ormai indecenti, il libro non aveva più un aspetto presentabile e se nessuno l’aveva letto prima, figuriamoci ora! Loro però erano emozionati come il giorno in cui erano stati stampati su quei fogli e profumavano ancora d’inchiostro fresco. Erano certi che finalmente lei, la ragazza del sogno, li avrebbe ritrovati e letti. Il giorno seguente il bambino si presentò all’indirizzo scritto sulla busta della lettera e consegnò il libro alla ragazza, la quale non poteva credere ai suoi occhi. Lei aveva pianto molto per quella lettera. Chi aveva portato via quelle casse di libri dalla soffitta non sapeva che quel libro era il suo nascondiglio segreto. Appena lei aveva saputo della pulizia in corso si era precipitata a cercare la lettera per salvarla, ma era troppo tardi, già partita con il camioncino.

Ora però la tristezza lasciava il posto alla gioia. Lei aveva pregato di incontrare ancora quel libro, ed il libro aveva pregato per ritrovare lei: due preghiere uguali ed opposte che non caddero nel vuoto, ma trovarono un punto d’incontro grazie a quello scolaretto. Corse nella sua stanza tenendo stretto tra le mani il libro, dall’interno gli attori carirono che qualcuno li teneva in mano e stava per avvicinarsi il momento della verità. Lei si sedette, prese respiro e cercò di calmarsi. Sperava con tutto il cuore di ritrovre la sua lettera. Quando finalmente aprì la “bella storia d’amore” trovò davvero la sua lettera, ma non solo! Insieme ad esse c’erano un mare di buffi personaggi rimasti a bocca spalancata alla vista della fanciulla. Lei era bellissima, bella come nei sogni, anche di più, aveva occhi buoni e contenti, ma pure stupiti e meravigliati di trovare quegli esserini chiusi lì dentro.

- E voi chi siete? - chiese Nessuno riuscì ad aprire bocca, non sapevano cosa dire, avevano atteso troppo quel momento. Leopoldo aprì un’anta del suo armadio scricchiolante, non l’aveva mai fatto prima, e tirò fuori il suo segretissimo segreto di cui era sempre andato tanto orgoglioso. Tirò fuori un volto di legno, lavorato a mano con una pazienza e precisione incredibile. Era il suo regalo, era il suo segreto: di nascosto Leopoldo aveva sempre lavorato il legno, ma non aveva mai voluto farlo sapere agli altri e l’aveva tenuta nascosta dentro di sè. Lei rimase con quell’oggetto in mano, commossa ed incapace di dire qualunque cosa.Allora timidamente Pul intonò il canto che tutti sapevano, il canto della speranza.

Splendida Dama <D:Archivio 2000creazionefavoledama.htm>

Mentre cantavano si presero per mano formando un semicerchio, non si erano mai sentiti così uniti, e neanche a farlo apposta quell’armadio di Leopoldo era proprio vicino a Vercingetorige. - Ma sì, prendiamola questa mano - pensarono entrambi e si accorsero che avevano una mano normale, che non scotta, non ti mangia, ed è quasi piacevole al tatto. Pensavano a tutte le sciocchezze che si erano detti l’un l’altro. In quel preciso momento ci fu nella stanza un applauso, cosa perlomeno strana visto che la ragazza pensava di essere sola in camera sua. Voltandosi vide sui bordi di ogni suo libro tanti personaggi minuscoli, i protagonisti dei suoi libri che erano usciti, venuti allo scoperto per vedere la scena ed ora applaudivano per la bella canzone che avevano udito. C’erano proprio tutti, dai personaggi seri dei suoi libri di scuola a quelli fantastici dei libri di fiabe che conservava da quanto era bambina. Erano tanti, tantissimi e applaudivano per quella storia vera che accadeva sotto i loro occhi. C’era Giulio Cesare, Adamo ed Eva, Napoleone, i sette nani, Moby Dick, Garibaldi, Re Artù, Galileo, Manzoni, Topolino, e persino il vero Vercingetorige tanto per dirne alcuni dei più famosi. La Dama ascoltò con attenzione ogni parola del canto e capì che quelle parole erano per lei; capì quanto aveva sofferto quel povero libro per tutto il tempo in cui era stato dimenticato nella sua casa.

Disse “grazie”, e fu come rinascere per tutti loro che avevano dimenticato i dolori per la gioia del momento presente. - Raccontaci la tua storia - disse la vecchia scopa a nome di tutti e lei fu ben contenta di farlo finalmente con qualcuno. Era la storia di un amore lontano che si reggeva grazie ad alcune sporadiche lettere. Un amore vero che la distanza voleva infrangere, che i fatti della vita volevano separare, un amore che però teneva duro, pazientemente, testardamente, contro tutto e tutti. Alla fine del racconto la Dama si accorse di aver commosso i suoi ascoltatori e per cambiare argomento disse - Adesso raccontatemi voi la vostra storia Tiroide scattò come una molla e disse entusiasta

- Io so la storia di un paese dove non c’era più l’acqua e ... - e lo azzittirono subito perchè quella storia lì adesso non c’entrava proprio niente, anzi, forse era giunto il momento giusto per per raccontare un’altra storia che tutti sapevano bene... e fu una gran cosa che la Dama avesse detto quella cosa perchè questo a loro non l’aveva mai detto chiesto nessuno. Andarono ognuno ai propri posti di combattimento e cominciando dalla copertina sporca e stracciata ,a fanciulla cominciò entusiasta la lettura di Una bella storia d’amore.

Una serie di personaggi tutti quanti poco saggi

che volevano aprofittare per mostrarsi e farsi accettare.

Ne è venuta una storia arrabbiata, di parole una brutta insalata

ma una Dama una bella signora questa storia ha trasformata...

 Mauro Borghesi

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