1. VIENNA

 

  L’OPERA D’ARTE

 

 

 

“Sono rimasto stupefatto dalla bellezza di quella donna”. Mi trovavo temporaneamente a

Vienna e fu proprio così che iniziai il discorso con John, un amico americano che è capace

di portarsi a letto due donne in una stessa sera, ma che capisce poco di bellezza

femminile.

 

“Che stai dicendo Gabriel?”, mi disse".

 

“Ero paralizzato ti giuro, non sapevo che dire”

 

“Dire cosa? Non riesco a capire”. E così pur sapendo che non avrebbe capito il mio stato

d’animo iniziai a raccontare cosa era successo.

 

“Ieri finito di lavorare ad un racconto sono uscito. Ho camminato per circa due ore in città,

sembravo un turista ed effettivamente lo ero, non avevo mai guardato Vienna così, la vedo

tutti i giorni, ma fino a ieri non l’avevo mai guardata”.

 

“E che differenza c’è?”. Mi guardava come se stessi dicendo stronzate.

 

“La differenza sta nel fatto che ora io ti sto vedendo e tu stai vedendo me con la stessa

attenzione con cui vediamo questo bicchiere. Guardare invece è un’altra cosa, una strada,

un palazzo o un parco non sono solamente ammassi di materia, nascondono qualcosa di

emozionante e solo guardandoli puoi penetrare negli strati profondi della tua sensibilità.

Riesci a capire?”.

 

“Veramente no, io preferisco penetrare in altri modi”. In quel momento capii che stavo

parlando con la persona sbagliata, ma poi mi consolai pensando al fatto che era

americano e che aveva posto i suoi limiti poetici al sesso, al football e alle birre. Comunque

ripresi.

 

“Camminavo per una via che non avevo mai visto prima e con un certo interesse,

ammiravo soprattutto l’architettura dei palazzi ed era incredibile. Ad un certo punto vedo dei

quadri appoggiati a terra ed una ragazza che dipinge, mi avvicino per vedere quel che

stava facendo e gli occhi cadono sul suo viso. Non so esattamente giudicare la bellezza

dei suoi dipinti, ma ero sicuro di una cosa, lei era un’opera d’arte. Il profilo del viso

sembrava fosse stato disegnato da Leonardo, la sua pelle paragonabile ad una rosa

bianca sullo sfondo trasparente di un ruscello; la guardavo e più la fissavo più avrei voluto

baciarla e averla con me”.

 

“Dai, forza! Dimmi che l’hai invitata a cena e poi&ldots;”.

 

“No, sono riuscito solamente a dirle una cosa”.

 

“E che le hai detto?”.

 

“Potrai dipingere perfettamente un capolavoro, ma non riuscirai mai a fare un autoritratto,

perché la linea del tuo viso è quanto di più bello abbia visto al mondo.”

 

“E poi?”.

 

“Me ne sono andato, mi sentivo in imbarazzo e lei continuava a chiamarmi, mi sembra di

sentirla ancora”.

 

E’ passato molto tempo da allora, sono dieci anni che non torno a Vienna. Ho pubblicato un

best seller e ora risiedo a New York. Non passa giorno che non pensi a quella ragazza, ciò

che è successo in un minuto ha condizionato la mia vita. Se solo potessi tornare a quel

momento, se potessi modificare ciò che è stato, se potessi rinunciare alla fama e al

successo per lei, sarei più felice. Sento ancora quella voce che mi chiama qualche volta.

L’unica cosa che sono riuscito ad avere è il dipinto del palazzo che disegnava quando la

incontrai, l’ho acquistato da un signore che abitava poco distante da lì. Ogni volta che lo

guardo non riesco a vedere il quadro, ma il suo viso, posso così fissare un’opera d’arte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. PARIGI

 

  LO SPECCHIO

 

 

 

Questa mattina credo di averla vista per l’ultima volta. Appena aperti gli occhi ho potuto ammirare la

sua schiena nuda mentre si guardava nello specchio, era indifferente, sembrava mi volesse dare le

spalle di proposito. Ero triste, sapevo che non saremmo più stati insieme, se mai lo siamo stati.

 

Parigi per la prima volta era coperta dalle nubi che ogni tanto la deliziavano con qualche goccia di

pioggia, il vento era falso, andava e veniva senza avvertire, trasportando un’aria tanto angosciante da

lasciare ammutoliti i suoi cittadini. Non ho voluto parlare nemmeno io, fingevo di dormire mentre si

vestiva, ma potevo immaginare tutte le volte che si metteva davanti lo specchio. Era vanitosa, diceva

che adorava guardarsi mentre si masturbava, non so il perché, forse era matta o forse lo ero più io che

uscivo con lei, non lo so. Ho aspettato che finisse di bere il caffè, le piaceva berlo senza zucchero,

diceva che era come la vita, “devi accettarla come viene, amara e ripugnante”, poi è andata, io mi

sono alzato, ho guardato nella tazzina vuota, ho dato uno sguardo allo specchio e sono andato a

pisciare.

 

Abitavo da circa tre settimane in un lussuoso albergo da cui me ne sarei dovuto andare dopo poco.

Faccio il regista e Parigi sarebbe dovuta essere la scenografia del film, dovevo vedere i luoghi in cui

girare le scene e chiedere le autorizzazioni, ma non ho fatto niente. Il secondo giorno dal mio arrivo ho

conosciuto questa ragazza, era inglese e mi piaceva, eravamo due stranieri con lo sfondo francese, i

due protagonisti, i due attori principali. Se fosse amore non lo so dire, anche perché non ci siamo

conosciuti molto e le poche ore passate insieme le passavamo a letto. Ricordo di quella notte che

decise di farlo con il cappello, adorava coprirsi il capo con qualcosa, diceva che le dava un certo

senso di sicurezza e poi non voleva mai mostrare sfacciatamente i propri occhi, bisognava scoprirli

piano, poco per volta, come la sua personalità, che giorno dopo giorno capii che avrei dovuto cercarla

e capirla attraverso lo specchio; si guardava in ogni momento, mentre si truccava, mentre si vestiva,

spesso anche mentre scopava. Era stupenda proprio per questo, il narcisismo le dava una forza in

più, una voglia di vedersi ovunque e una particolare voglia di amare. Io invece non so che fare, credo di

non provare nulla per lei e di non volerla vedere mai più, Parigi mi ha lasciato questo ricordo che

conserverò con cura. Mentre preparo le valige mi accorgo del suo cappello, non penso me l’abbia

lasciato di proposito, lo prendo e lo appoggio sull’estremità di quel pezzo di vetro da lei tanto amato,

in modo che se torna non può non notarlo. Esco dando un’ultima occhiata alla stanza e alla mia

immagine riflessa che improvvisamente mi riporta alla mente lei, il suo viso, il suo corpo e i giorni

passati insieme.

 

Chiudo la porta lasciando dipinto nello specchio una figura fissa, immobile e senza significato come

l’inizio e la fine di questa storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. NEW YORK

 

  IL SUICIDIO

 

 

 

Voglio morire! È questo ciò che voglio dire al mondo. Desidero che tutti sappiano quello che voglio

fare. La mia ragazza, che mi ha lasciato la settimana scorsa per un altro, dovrà sapere che sono

morto. Mia madre, che mi ha cacciato da casa, deve saperlo. Il mio migliore amico, che mi ha fregato

il mio unico amore (era stato proprio lui!) lo scoprirà. Tutti!

 

Mi butto dal balcone e arrivo al suolo. Mi trovo sulla strada, in quel lago di sangue in cui si specchia la

società. Le macchine però sembrano non accorgersi di me, mi passano sopra facendo aumentare

questo lago. Un camion mi porta via una mano, un taxi un piede, arriva mia madre in bicicletta, spero

che almeno lei&ldots;sbagliavo, ora mi manca anche un orecchio. E per finire una vettura guidata dal mio

amico con accanto la mia ex ragazza fa in modo che di me non rimanga nulla. Perché nessuno si

accorge di me? perché questa indifferenza? Avranno fretta?