MORALE DELLA FAVOLA

 

 

 

Mariuccio era ripetente e astro nascente, ci andavo assieme in prima media. A undici anni lui già fumava le sigarette Astor, diceva parolacce in continuo e era molleggiato scatenato perché gli piacevano i beat, i rock e i roll. Mariuccio sapeva tutte le classifiche delle canzoni rock che si suonavano e dei complessi che cantavano, perciò saltava come un grillo e gridava ye ye oppure yeh. Poi rubava i soldi dal borsellino della mamma, e teneva pure i capelli lunghi con la mezza riga e il ciuffo a siparietto sopra gli occhi. Non si vergognava con le ragazze in minigonna e le faceva i solletichi, raccontava le barzellette sporche, e le ragazze ridevano sempre a papera, si mangiavano le unghie, poi vedevano che a Mariuccio ci erano spuntati i peli sulle gambe, e allora tra un anno o due il suo piscilone le faceva uscire pazze tutte quante. Nella comitiva Mariuccio faceva sempre il pagliaccio perché imitava sempre i cantanti rock. E un giorno, mentre che faceva l'imitazione della chitarra elettrica dei Primitives, con un salto acrobatico si è aggrappato al cancello elettrico della villa comunale. Non è che era sempre elettrico quel cancello, anzi mai proprio, ma siccome che aveva fatto il temporale la notte, vento e lampi a non finire, si era spezzato un filo elettrico del palo della luce, e il filo toccava il cancello, e quando Mariuccio si è aggrappato si è preso una scossa beat assai, il sangue bolliva e lui si è messo a tremare e ha fatto la cacca involontaria, senza che può spiccicare le mani. Noi abbiamo sentito la puzza di cacca, di bruciato, e di cacca bruciata, che era Mariuccio fulminato secco. Praticamente ammazzato dal rock'n roll.

Silvana faceva sesso assai, eccome. Quando ci siamo annusati per tramite di un mio amico rimorchione, tutt'e due manco arrivavamo a vent'anni. Io idealista segaiolo un po' poeta, lei sadomaso praticante, cioè il cuoio, le fruste, cioè che uno quando chiava fa le ingiurie, manca di rispetto, cioè è violento, che dovendola definire questa cosa qua sarebbe tutta una giaculatoria di sesso e tortura assieme, non so se mi spiego. Silvana però a me mi pigliava p'u cul, cioè quando stavamo soli lei stava là a parlare, poco, mi guardava e mi sentiva parlare a me, cioè manco le passava per la testa di fare qualche cosa. Perché diceva che io non ero come gli altri, che ero diverso, che per giocare con le fruste ci vogliono dei gran porconi, e che io non ero un gran porcone, cioè con me andava bene solo qualche bacetto e basta, e discutere del partito radicale, e sentire i cantautori, e cioè e nella misura in cui. Fatto sta che un giorno le venne un brutto guaio, a Silvana. Sulle prime non sembrava preoccupante, ma poi si seppe che era un cancro con tanto di metastasi sparse. A forza di frustate e cinghiate, le si era infiammato un neo o un porro, più o meno tra la scapola e l'ascella sinistra, e questo neo gli era presa infezione, è degenerato, e alla fine è diventato un cancro. Ci hanno provato coi raggi a guarirla, le hanno fatto le plastiche prendendo i pezzetti di pelle sulle chiappe, diete vegetali, chemio, ma era tardi. Fu un anno di agonia e preparativi. La famiglia disse che era stato un elastico del reggiseno a sfregare il neo o il porro, e quando è morta l'hanno messa nella bara vestita di bianco, perché Silvana al paese era ancora vergine. Praticamente ammazzata dal sesso.

L'odore di Francesco invece aveva un che di ammorbante, come di chi non si lava mai le pieghe della pelle o di chi assorbe tossine in eccesso. Gli mancavano i capelli e aveva sempre la faccia del barbone, anche se si era appena rasato. Le ascelle spandevano olezzi selvaggi, i piedi nostalgiche puzze, e nella sua mente soltanto l'eroina. Lo conobbi per via che un giorno ci invitò tutti da lui a vedere la partita in televisione, poi approfondimmo perché c'era una figa che ci piaceva a tutte e due noi poveri, ma che l'anno dopo si è sposata uno ricco, e infine per via di qualche banconota che gli prestai e che mai più ho riavuto. Quello che mi colpiva in lui era la totale mancanza di simmetria, nei pensieri, nei movimenti, in tutto. Pure l'ultima sera lo rividi nei panni di uno strano mimo asimmetrico che strisciava al riparo dei lampioni, chiedendo cento lire a destra e sinistra. Gli domandai che faceva lì, tutto asimmetrico, se cercava qualcuno e come stava. Lui accennò a una rete di piccoli debiti e arraffò il mio obolo benpensante, quindi svicolò, il mimo. Svicolai anch'io, perbenista stupefatto che mai nella vita mi farei un buco. Due giorni dopo Francesco lo trovarono sul terrazzo del suo condominio, chino come un bracciante in pausa, tra lui e il cielo soltanto la sua chierica, bloccato nell'atto di raccogliere la siringa, in singolare equilibro: perfettamente simmetrico. Praticamente ammazzato dalla droga.

Morale: Silvana il sesso, Francesco la droga, Mariuccio il rock'n roll. Quando sento Sesso droga e rock'n roll, dunque, io non penso a uno slogan ma a un epitaffio.