Le mie labbra avvinghiate

al bordo del bicchiere, duro

del vetro, freddo, diverso

dalle labbra che ormai sogno

da notti di follia,

mi ritrovo nelle tenebre.

Ho abbandonato la luce antica,

colei che in questi fogli

tanta fama trovò, ormai

piangente dispersa al suo destino,

ed un nuovo nome, Dora

ora riluce. In questa notte

la luna è rossa, rosso

il vino malefico che ingurgito;

non finisse mai la bottiglia!

Potessi senza sosta

vivere i miei giorni dissetato,

annebbiato lo sguardo.

Un cielo nero mi sovrasta:

nubi furiose mi accompagnano

nel viaggio meschino,

ricoprono le stelle

e solo all'orizzonte la luna

gli sfugge, rossa luna

senza vita e grazia, spenta

e straziata dalla morte del mio cuore.

Scendi vino nel mio corpo,

brucia lo stomaco, riaccendi

il canto della natura che un tempo

udivo e scrivevo soave,

distendimi l'anima, allenta

la mia rabbia, lascia che solo

la mia ombra rimanga veglia.

In piedi, già barcollo,

e sorrido seppur lacrime spingono

le mie secche palpebre,

ed anche la luna stento a vedere;

eppure Dora non s'annebbia.

Conviene mescere altro vino,

conviene che baci ancora il bicchiere

fingendo labbra amate,

socchiudendo gli occhi, circondandolo

con le mani, come fosse dorato

leggiadro collo, amoroso

cimelio che non possiedo,

mai toccherò, neppure rivedrò

come quella notte, quando ad un passo

da Dora camminavo, e suo

ogni mio pensiero, e sua

ogni mia parola.


Luna, rossa

ti vedo, diafana

in questa nottata

perduta. Dorata

non sei stasera,

anche tu meschina

nascondi Dora

lontana? Peccai,

offesi l'amore,

schiaffeggiai la sorte

benevola, ultimo

strale di luce.

Caddi nel cupo dolore,

e ricordo Dora

sull'orlo dell'abisso

protesa, la mano

tendendomi, aiutarmi

senza domande.

Ora Dora è scomparsa,

il vino gusto,

meschino, bacio

il duro bicchiere

indurito io stesso,

senza riso,

senza più gioia.

Ad altri il dolore

stasera: io da solo

brindo a noi due,

lontana dorata luna.


 

* Ubriaco

 

Le palpebre calano.

Pesa la penna,

e i fogli troppo ruvidi

paiono, e rallentano

le parole stentate.

Il vino finge,

finge gioia,

la scrittura finge

e l'intelletto imbroglia.

La soglia della morte

in fronte ammiro,

e cammino

senza sosta, imperturbato

alla notte.

Morirò senza smorfia.

 

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