LA LAVATRICE

(...Ove non poté l'amore, poté l'ingegno..?.)

 

Nell'anno di grazia 1609:

splendé chiara la luce della scienza

da una piccola casa di Padova

Galileo Galilei accertò coi suoi calcoli

che il sole sta fermo e la terra si move...

 

 

Esistono, nella storia dell'umana follia, ogni genere di prodezza romantica. Non è certo una novità per nessuno. E il cuore d'un giovane innamorato, ben si sa, è un universo palpitante che nasconde, nei suoi più remoti ripostigli, mille stramberie d'ingegno e di sentimento. A poco varrebbe dunque, direte voi, aggiungere al corposo elenco delle corbellerie degli innamorati una nuova storiella. Ma mi sia di scusa il fatto che, raggiunta la mia ragguardevole età (fanno ottantatré primavere il mese prossimo), ogni racconto di gagliarda esuberanza giovanile mi fa bene alle ossa, nonché al mio acciaccato spirito. Quindi, accostatevi, da bravi, alla mia tremula voce di vecchio e ascoltate le strampalate avventure capitate al giovane allievo di m’esser Galilei che, colto dal dardo d'uno sbadato cupido, si trovò a dibattersi tra le acuminate spire d'un amore non corrisposto e per questo ricorse, bontà sua, al suo fantasioso ingegno...

 

  ***************************

 

 

Nello studiolo tutto in disordine e miseramente arredato di Galileo Galilei, sommo docente di matematica a Padova, irrompe con l'impeto dei suoi vent'anni, Manlio Giaretti, apprendista romagnolo del gran maestro della fisica moderna.

Con il viso tutto arrossato e madido di sudore il giovane si avvicina tremante al dotto scienziato, intento a cucinarsi la cena.

"-M’esser Galilei ho da parlarvi... di una questione.-"

"- A che proposito, mio caro Manlio?-"

"- Ecco ...Sono innamorato...!-"

"- Ah! Capisco, volete intrattenermi sulla follia d’ogni giovane uomo...mi correggo, anche dei più maturi. In ogni modo sappiate che ho da pensare al mio arrosto...e per i fatti di cuore e...di demenza...si ragiona sempre meglio quando si ha lo stomaco ben pieno. - "

"-Ma io ho urgenza di un vostro consiglio. - "

"-Urgenza...Ah già, la fregola e l'urgenza vanno a braccetto...

Ma è mai possibile, mi chiedo, che un sentimento che viene, ciarlando, investito di tanta forza, sia così schiavo del tempo.

Ma? Comunque, da bravo, placate un attimino i vostri pruriti da innamorato che altrimenti mi si guasta il cinghialetto. Sapete, per i consigli agli innamorati il mio stomaco vuole sempre la prima parola...

Non avete mai pensato che potrebbe essere stato un errore di Galeno il considerare il cuore come sede d’ogni sentimento. Dovrò studiare la faccenda. Ecco l'amore, per esempio, io lo sento più vicino allo stomaco che al core. Induce alla stessa smania insaziabile di un ingordo dinanzi a una tavola imbandita. E divora, divora, alla fine ci si ritrova tutti con un bel boccone indigesto... Pensate che la brace sia troppo accesa? - "

"-Ma M’esser Galilei io...-"

"-Chiamami pure Galileo. - "

"-Ecco...Galileo, io...io soffro e non so darmi pena. E non voglio divorare nessuno, né il mio sentimento è quello di un ingordo, tutt'altro. L'unica cosa a cui tengo è la sua felicità.

Ma voglio anche che sappia del mio amore...-" Galileo lasciò scorrere un poco di silenzio dopo quest’ultima frase di Manlio.

Lasciando così il poveretto ad ansimare, ancora vibrante per l'accorata difesa del suo sentimento, in piedi a un angolo della stanza. Poi, chino sul suo cinghialetto, oramai ben rosolato, prese a spennellarlo con un rametto di rosmarino. Ne carezzò poi la superficie arrostita con l'ìndice e, alzatosi in piedi, se lo ficcò in bocca assaggiandone l'aroma.

"-Ancora due minuti e ci siamo. - "

"-Ecco...Io soffro da morire e lei pensa al suo cinghialetto. - "

"-Oh!... Scusami mio giovane e impaziente amico. Ma non temere, mai nessuno è morto d'amore. In ogni modo mi pare di capire che codesta fanciulla vi ha rapito sino al midollo. - "

"-Si, è proprio così, mi ha rapito. - "

"-Allora il riscatto sarà la vostra anima...-"

"-Solo perdendo la mia anima per amore la ritroverò. Così è scritto. - "

"-Ah! Bene...Citi le sacre scritture a me...Proprio un bell’apprendista mi sono scelto. - "

"-Scusate non volevo...Ma datemi una parola che mi sia d'aiuto. - "

"-È pronto...! Ora aiutatemi, da bravo, è un cinghialetto bello grasso. Parleremo di tutto e meglio quando saremo a tavola. Intanto prendimi quel fiaschetto di sangiovese che sta' sulla mensola, laggiù, a fianco delle mappe lunari. Vedrai che darà vigore alla nostra conversazione. - "

Manlio un poco sconsolato prese il fiaschetto di vino e lo ripose al centro della tavola apparecchiata per due. I suoi movimenti lenti lasciavano trasparire l'intensità della sua malinconia. Galileo l'osservava di sbieco, celando nella sua apparente scontrosità un cantuccio paterno.

"-Coraggio figliolo. Ora sarò tutt'orecchi...Intanto assaggia quest'arrosto. - "

"-Non ho molto appetito, m’esser Galileo.-" Rispose Manlio, quasi sussurrando, mentre tra ìndice e pollice torturava una posata.

"-Oh!...Ma è così grave...Un giovane come te senza appetito. Almeno bevi un sorso di vino. Ti darà forza. Sai conosco bene la collina da cui sgorga questo nèttare. Si trova poco lontano dalla tua Savignano. È una collinetta sassosa, secca al punto giusto e dal profilo morbido che lievemente degrada fino quasi al mare.

E sul suo pendio il sole estivo cade perpendicolare, disegnando una semi ellisse dorata su ogni singolo acino. E la brezza, che sa un poco di sale, avvolge i grappoli ben pasciuti come una innamorat...ops. - "

"-Sento che devo vomitare. - "

"-Va bene...va bene...Se vuoi raccontami pure di questa damigella che ti ha stregato il cuore...-"

"-Veramente? - "

"-Certo. Dovrò pure conoscere i fatti per poterti meglio consigliare...-"

"-Oh Galileo, le sarò grato in eterno...Vede tutto ebbe inizio il giorno della processione alla beata vergine...-"

Manlio cominciò così a raccontare, a un Galileo tutto proteso sul suo cinghialetto, dell'incontro fatale con l'amata pulzella.

"...Quel giorno avrei dovuto mettere in ordine il suo studiolo, lo so, ma era una così luminosa giornata primaverile che il cuor mio non me la sentivo di sprecarla sui suoi polverosi tomi. Sapete che la gioventù non sa star ferma. Dunque sgattaiolai dalla finestra sul retro, attentissimo a non farmi vedere dalla signora Sarti, altrimenti chi la sentiva quella, e in un batter di ciglia ero già bello che in strada...Ah Padova è una città così viva. Sa, per un campagnolo come me, avvezzo a osservare ogni più piccola cosa, ogni città ha il suo bel scenario di stranezze...Ma mai quante ne ho vedute qui a Padova. Io trovo mille meraviglie ogni volta che mi provo a fare due passi.

Tutto quell'interminabile dedalo di canali con i loro bravi porticcioli che s'incontrano a ogni giro d'angolo e che paiono, ai miei occhi di semplice, come tanti spilloni da balia appuntati la per tener uniti i vari rioni della città. A me sembra tutto così incantevole.

Così, con un tale spirito di beata contemplazione, continuavo il mio vagare in varie perlustrazioni. Arrivando, a un certo punto, sotto la basilica del Santo dove sciamava in quel momento il corteo della processione.

M'ha sempre divertito osservare i visi tutti assorti dei fedeli in atto di riverenza. Sono così carichi di speranza che per un poco, così almeno mi piace pensare, spero anch'io.

E il mio sperare è sempre un poco sognare, così, a occhi ben aperti. Allora presi anch'io a seguire la processione e confondendomi fra i tanti cuori vibranti di quella piazza, anche il mio cuore prese ad agitarsi. Ebbi come la strana sensazione d'essere un pezzetto singolo senza il suo tutto. Così, come un colpo, uno scuro pensiero mi trafisse il petto. Sentii d'essere come un canto che lentamente si scompone, pezzo a pezzo, inesorabilmente. E la dove svaporava ogni rima e non rimanevano che chincaglierie di parole senza corpo, io mi rivestivo d'una nebbiolina acre e sottile che tutto pareva cancellare e confondere. Così mi parve essere tutta la mia vita; un corto vagare fra incertezze verso un luogo che non conosciamo, attraverso strade che non scegliamo, e con dentro solo una grande malinconia.

...Mi sentivo un minuto brandello strappato dal vento. Mi capisci, mio buon Galileo?

Mi sentii di colpo orfano, disgraziato e poverello. E non potevo far altro che nascondermi fra la folla, perché tanta era la mia vergogna e tanta la mia paura. Maestro, per la prima volta in vita mia ebbi una paura da farmela nelle brache.

Presi allora, non so bene con quale forza, a farmi largo tra la massa dei fedeli. Cercai di correre per riuscire a togliermi di dosso quella sensazione d'essere, né più né meno, che un lavoro incompiuto.

Ma le litanie della folla mi ferivano l'udito. Avevo un tremendo bisogno d'aria. Presi allora a spingere i miei vicini ma questi non facevano caso a me e proseguivano. Poi caddi e la folla mi fluì sopra come un fiume rumoroso e indifferente. In quel momento mi sentii degno solo della morte. Piansi, capisci Galileo, piansi come un bambino. Finché, ed è a questo punto, mio caro maestro, che la mia vita non mi appartiene più, mi sentì afferrare da una brezza tanto calda e leggera da sembrare un bacio. Un bacio di natura celeste. E sentii come se la vita, fino a quel momento assente dal mio corpo, si fosse di colpo presentata per fare la mia conoscenza. Alzai lo sguardo e vidi il cielo. Un cielo radioso racchiuso in due mirabili gemme da cui mi lasciai salvare. Il cielo intero, con tutte le sue lune e i suoi luminosi astri che lei maestro rimira ogni santa notte, ebbene io li vidi tutti, in quel medesimo istante, ciondolarsi fra gote di pesca e labbra vermiglie...

Oh! Galileo, vidi una fanciulla tanto bella che se le vostre stelle avessero un corpo di donna al suo cospetto diverrebbero pallide lune, splendenti di luce riflessa. Io mi abbandonai a quello splendore.

Lei mi prese tra le sue braccia e sorrise. Io da quel istante la amo più della mia stessa vita...-"

"-E tutto questo per evitare di riordinare la mia stanza di lavoro...-"

"-Sì,...Ma perché avevo ben altre cose da riordinare, solo ora lo riconosco. - "

"-Capisco ma continua, la storia si fa interessante. - "

"-Ebbene il suo nome, m’esser Galileo, è Adamantina...-"

"-Nome appropriato se è veramente quella gemma di fanciulla che racconti. - "

"-Oh! Lo è, altroché se lo è, ed è anche un vero cataclisma per ogni mio senso. Ora li ho tutti in disordine e a rassettarli non so se mi basterà una vita intera...-"

"-Eh! Ma che esagerazioni mi tocca sentire. I tuoi sensi sono per lo più confusi e sovreccitati, pensate piuttosto a calmarvi e a bere un sorso. Vi darà un po’ di giudizio. - "

Preso un poco di respiro, Manlio si versò un bicchiere colmo di sangiovese e lo tracannò tutto d'un fiato.

"-Vedi caro Manlio...Sei solo incappato nella dilagante epidemia che colpisce, senza scampo, ogni giovane della tua età...L'innamoramento. E in questo non v'è nulla di cui preoccuparsi. Sennonché, da bravi scienziati quali abbiamo la pretesa d'essere, abbiamo il dovere di osservare ogni fenomeno con raziocinio, senza pregiudizio alcuno...Dunque calmiamoci entrambi, si perché il tuo racconto m'ha messo un poco d'inquietudine pure a me, e ragioniamo! - "

"-Ma vede, mi scusi m’esser, ma il mio racconto è solo al principio...-"

"-Ah si...Quindi c'è dell'altro...-"

"-Molto ancora, mio Galileo bello...-"

"-Bhè allora che aspettate, continua pure. - "

Così, mentre Manlio continuava la sua narrazione, Galileo non lasciava mai che il suo bicchiere si vuotasse senza poi riempirlo nuovamente con il Buon Sangiovese di Romagna.

"-... Quindi restai con la splendida Adamantina per tutta la durata della processione...Lei continuava a chiedermi, di tanto in tanto, se andasse tutto bene, e io, adagiato il mio cuore al suo splendido sguardo, le assicuravo che andava tutto benone e che il malessere di prima era definitivamente passato e la ringraziavo per il suo aiuto. Poi le reggevo il messalino o il libro dei canti, secondo quello che le occorreva e lei cantava o leggeva secondo i dettami del parroco. Anch'io avvolte leggevo, ma non cantavo mai, per paura di stonare come mio solito e rovinare così quella bell'armonia.

Quando poi la processione finì continuammo a passeggiare per la città, mano nella mano come due innamorati. Lei aveva alcune faccende da sbrigare, per sua madre se ben ricordo. Poiché il padre, vedete, non l'aveva più, morì che lei era ancora piccina in una delle tante e stolte guerre della Repubblica.

Mi raccontò che l'unico oggetto del padre che ancora conservava era un piccolo foulard di seta bianca ricamata, che il padre le portò da Damasco, quando lei era ancora in fasce. Poi mi disse quasi tra le lacrime, che quando un giorno si sarebbe maritata, avrebbe indossato quel velo e avrebbe sentito così d'avere il proprio amato padre vicino, nel giorno più felice della sua vita.

Io, per la commozione di questa storia, trattenni a stento le lacrime. Volevo abbracciarla e stringerla forte a me, ma le carezzai appena una guancia. Lei amabilmente sorrise. Non credete che tutto questo sia così commovente? - "

"-Sì, sì, certo, commovente, commovente...-"

"-...Poi mi condusse nel luogo dove lavorava. Era sulla riva ombrosa d'un canale, dove comitive di donne chiassose armeggiavano, fra spruzzi di schiuma e getti di fanghiglia, intorno alle vasche del lavatoio. Adamantina è una lavandaia.

La più nobile delle lavandaie.

M'accolse, sulla discesa dell'argine, una fila di mutandoni appesi come salami tanto che quasi mi c'impigliai e caddi. Le donne tutte in core risero a gran voce. Io arrossii e la buttai sullo scherzo, e infilatomi in testa uno di quei mutandoni a mo' di cappello da giullare, presi a scimmiottare una specie di danza, mentre alcune battevano i panni a ritmo e altre si rotolavano nella ghiaia dalle risate. Anche Adamantina, che era stata un poco seria per tutta la giornata, in quell'occasione rise gioiosamente, e questo mi fece molto bene al cuore.

...Dunque, terminato il mio breve spettacolino, Adamantina mi presentò le sue colleghe di lavoro. Sono tutte signore molto gentili. Fra loro vi erano sia donne molto mature sia fanciulle in tenera età. Tutte ugualmente sgobbavano instancabilmente su quelle pietre lisce e grigie a lavar la biancheria dei signori. Vidi inoltre come tutte quelle signore volessero un gran bene ad Adamantina e la riverissero e la coccolavano come tante madri affettuose e dato che in quel momento io ero con lei, facevano lo stesso con me.

Ma il tempo fu tiranno e alla fine venne la sera. Accompagnai Adamantina fin sotto la porta della sua povera casa, portandole la pesante cesta del bucato e salutandola con un bacio sulla guancia. Portando nel cuore la promessa che l'indomani ci saremmo rivesti...-"

"-Eh! Bravo il nostro Manlio. Ma ora fammi un favore; prendimi quell’altra bottiglia di vino che questa è agli sgoccioli e la tua storia mi mette una gran sete...Poi continua. - "

Manlio prese la bottiglia. Versò il vino in due bicchieri colmi e insieme al suo maestro chiese un brindisi.

"-A che cosa, mio caro Galileo? - "

"-All'amore per la scienza! Che a dispetto dell'amor profano ti può far ardere tra le fiamme dell'inquisizione, ma non ti fa danzar con in testa un mutandone...! - "

"-E vada, alla scienza! - "

I due compagni, oramai ben allegri e avvinazzati, si strinsero in fraterno abbraccio. - "

"-E ora, mio splendido ammaliatore di lavandaie, continua con la tua storia. - "

"-Ecco dunque...-" Iniziò Manlio dopo essersi asciugato una leggera sbavatura di rosso sangiovese sul labbro.

"-...Ero rimasto che Adamantina era tornata a casa...Bene anch'io cercai di tornare a casa...

Pensate la signora Sarti non s'era accorta di nulla. Appena stesomi sulla branda cercai d'appisolarmi, lo giuro, ma non vi riuscii proprio. Per di più avevo una certa ideuccia che mi gironzolava per le meningi...-"

"-Eccolo...Lo sapevo che dovevo preoccuparmi...-"

"-Ma no, che dice m’esser? Nulla di grave, le assicuro... Il fatto è che quando vidi le deliziose manine di Adamantina sfibrarsi anzitempo nelle gelide acque di quel canalaccio, costretta a strofinare il bucato di qualche nobilastro, bhè, mi si è stretto il cuore. Ho dunque pensato, grazie ai vostri preziosi insegnamenti, che solo la scienza poteva soccorrere una tale fragile creatura, schiava di una così precaria situazione...-"

"-Ebbene? Continua, sono proprio curioso di sapere cosa hai escogitato...-"

"-Certo, certo ma non si adiri, che poi lo sa, la bile le va tutta in effervescenza e poi...-"

"-Lascia stare la mia bile...Continua. - "

"-Ecco, solo la scienza, con i suoi prodigi di tecn...-"

"-Taglia corto...-"

"-Come volete. Avete presente quegli ultimi vostri studi sull'idraulica? Quelli sulle pale dei mulini e sulle forze centrifughe delle acque? - "

"-Certo, e allora? - "

"-Ebbene con quei vostri studi e un poco d'ingegno pratico io, per amor delle manine di Adamantina e della sua persona intera, ho cominciato la costruzione di una macchina che le faciliterà il lavoro. - "

"-Tutto qui...Oh ma ragazzo mio, l'ingegno è sempre ben accetto in questa casa. Ma dimmi di che macchina si tratta? E come funzione? - "

"-Penso di chiamarla LAVANDATRICE o LAVATRICE, poi decideremo insieme con Adamantina. Vedete il meccanismo è semplice, non ho dovuto far altro che costruire una grande sfera di rete metallica che ho poi collegata con quattro ellissi di rame che, roteando grazie a un meccanismo di perni ed epicicli, fa roteare la sfera interna con dentro il bucato. Tutto sarà collocato all'interno di una grossa cassapanca che avrà un foro d'entrata per l'acqua pulita e uno d'uscita per quella sporca. Con questo sistema gli abiti praticamente si laveranno da soli. Le donne non faranno altro che riempire o svuotare la sfera. È un bel guadagno, non trovi? - "

"-Bhè l'idea mi sembra buona, occorrerebbe vederla realizzata. - "

"-Ed è per questo che sono qui. Mi occorre il vostro prezioso aiuto...Sapete, Adamantina mi vuole bene, certo, di questo sono sicuro, ma non sento nelle sue parole un ardore forte com'è nelle mie. Credo in verità che provi per me un sincero affetto. Ma non è innamorata. Inoltre ho sentito dalla comare Giuseppina che da qualche giorno le gironzola attorno un nobiluomo bavarese, un certo Locker o Loacker, non ricordo, in ogni modo se non sto attento, quello con tutte le sue sciccherie da nobilastro nordico, è capace di raggirarla e...oh Dio non voglia, di portarmela via. Dunque ho urgenza. Sì. L'amore e l'urgenza vanno di pari passo, avete ragione, ma vi prego aiutatemi. - "

"-Non temere, ti aiuterò. - "

"-Oh! Mille volte grazie Galileo. Del resto sei sempre stato il mio genio preferito...-"

"-Prego?-"

"-Oh! Nulla. Ma ora mettiamoci all'opera. - "

Galileo e Manlio, dopo essersi scolata l'ennesima bottiglia di Sangiovese, cominciarono a lavorare alla costruzione della nuova macchina. Trascorsero l'intera nottata fra complicati calcoli d'idraulica e laboriose sistemazioni meccaniche. A tratti Galileo si portava al suo cannocchiale, dove da qualche sera teneva d'occhio alcuni crateri lunari da lui scoperti, oltre a qualche nuovo astro che di tanto in tanto facevano capolino nella volta celeste.

"-Senti Galileo, non è che a uno di quei nuovi astri che vai ogni tanto scoprendo, gli si potrebbe dare il nome di Adamantina. .... STELLA ADAMANTINA. Suona bene, non trovi? - "

"-No, che non si può...L'astronomia è una scienza grave e meticolosa. Non ci si può mica scherzare così con le stelle...

...Se poi ci mettiamo di mezzo anche le donne...-"

E così, fra una battuta e l'altra e qualche cicchetto di Sangiovese, i nostri due eroi portarono a termine la loro impresa.

Il mattino seguente l'alba fu particolarmente tiepida e luminosa.

Padova lentamente stiracchiava le proprie viuzze al suono d'un carrettino traballante sul selciato. Svanendo, la notte cedeva il passo ai petulanti richiami di una nuova giornata lavorativa.

Gli artigiani della fiorente città veneta s'affrettavano, uno dopo l'altro, a imbandire le loro mercanzie. Le pescivendole gridavano all'unisono da ogni angolo della città avvertendo la popolazione della diminuzione del prezzo della sogliola dopo l'ultimo editto del doge. Qualche sparuto gabbiano risaliva gracchiando uno dei canali.

Intanto Galileo e Manlio, abbracciati l'uno all'altro, ancora sonnecchiavano distesi sul loro marchingegno appena terminato.

Da una delle fessure nelle tendine, un fiebile raggio di luce penetrò nella stanza. Proseguì come un rigagnolo luminoso lungo il pavimento sino a lambire le pantofole di Galileo, mentre per strada un arròtino dalla voce di tenore strappò, con il suo energico sgolarsi, ogni brandello residuo della notte.

Per primo si svegliò Manlio.

"-Ma è mattino. Galileo svegliati...Galileo. - "

"-Eppur si move...!...Eh...Oh. Salve mio caro Manlio. Già qui? - "

"-Andiamo maestro. È tardi. Dobbiamo verificare il buon funzionamento della macchina. - "

"-Ah! Certo. Allora aiutami a caricarla sul carretto, poi la porteremo al canale, e lì daremo prova del suo funzionamento e dei vantaggi che la scienza, unita alla tecnica, può dare alla vita di ogni persona...Poi tu farai il tuo discorso a madamigella Adamantina. Io pregherò per te. - "

"-Oh! Si grazie, ma ora affrettiamoci. - "

I due caricarono la pesante macchina sul carretto e spingendo il ciuchino ancora assonnato si portarono sulla strada maestra.

Ai lati della via, sopra i marciapiedi, dai parapetti dei casolari e dall'alto dei cornicioni s'andavano intanto infoltendo frotte di curiosi. Richiamati là intorno dal consueto passaparola delle comari. Ognuno di loro voleva ammirare l'ultima invenzione del famoso scienziato. Ma nessuno, naturalmente, che si scomodasse a dare una mano. Così, con Galileo dietro a spingere e Manlio davanti al ciuco a tirare, il carretto avanzava titubante fra gli sguardi di mille curiosi.

"-Dica m’esser Galilei, che è?...Forse la nuova prova che il sol sta fermo e che noi scorrazziamo su di una trottola e non sulla terraferma...-" Fece da sopra una cimasa un ragazzetto in segno di scherno.

"-No,...Sarà al più la graticola che s'è fatto su misura...-" Disse un altro da dietro un'impalcatura, scatenando la risata sarcastica della folla. Galileo e Manlio, incuranti di tanto fracasso, proseguivano. Del resto erano abituati, come ogni mente libera in quel tempo, agli insulti del volgo.

"-Se ne becco uno lo caccio nel cestello e gli faccio fare la prima centrifuga con tutti i complimenti...-" Disse Manlio digrignando un poco i denti.

"-Calmati figliolo, e non farci troppo caso. Ridono perché hanno lo stomaco troppo vuoto e la testa troppo piena di sciocchezze...-" Così detto Galileo iniziò a spingere con più forza.

Finalmente giunsero al canale delle lavandaie, mentre li seguiva un nutrito corteo di curiosi, ora ammutoliti e ansiosi e tutti protesi a scorgere gli sviluppi della faccenda.

"-Adamantina ancora non c'è...Meglio, così potremo preparare tutto e quando verrà gli faremo una bella sorpresa...E allora forse?? -"Pensò Manlio fra sé e sé, lasciando che la frase terminasse in un brumoso sospiro da cui scintillavano, tutti appesi come canditi, i suoi più segreti sogni d'amore.

"-Bene ora mettiamoci all'opera! -"Disse Galileo e sùbito, insieme con il fidato Manlio, levò con un gesto plateale il telone che celava la macchina. La folla all'unisono echeggiò con un unico e grande OOOOHH!

La meraviglia ora serpeggiava tra la gente che avvicinatasi al carretto alitava con ritmiche sbuffate di stupore sul collo di Galileo.

"-Vi prego, cari concittadini, fatevi in là, che lo spettacolo della scienza va a incominciare...-" Proferita quest'ultima frase Galileo chiamò dal pubblico quattro baldi giovani, che in un attimo posizionarono la macchina entro l'apposita cassapanca. Terminati gli ultimi ritocchi, Galileo si rizzò su di una cesta capovolta, mentre Manlio un poco ansioso, scrutava l'orizzonte in attesa di Adamantina. Ritto sul suo trespolo, Galileo Galilei s'apprestava a pronunziare il discorso introduttivo sulle meraviglie della nuova macchina.

"-Messeri e Madamigelle...In questa giornata la gloriosa città di Padova e la Serenissima repubblica di Venezia, hanno a arricchirsi d'una nuova, innovativa, macchina per fare il bucato...-"

Dal pubblico si levarono applausi misti a borbottii.

Manlio, sempre più impaziente, girovagava su e giù per l'argine del canale. Gettava qualche sassolino nell'acqua poi correva fino alla cresta della riva e saltellando sulle punte dei piedi cercava di scorgere, fra le teste ineguali della folla, la chioma castana di Adamantina. Ma nulla da fare, Adamantina tardava.

"-Perché tardi così tanto, amore mio...? S'era detto alle otto al solito posto, io ci sono, ma tu? -"Disse Manlio osservando il cielo che fra gli zefiri del mattino pareva disegnare, con un pennello di brezza, il bel viso di Adamantina sui tetti di Padova.

Intanto Galileo continuava con il suo discorso.

"-Ebbene signori, permettetemi ora di raccontarvi brevemente da quale sentimento scaturì questa nuova invenzione...Quale fu la scintilla che accese la fiaccola dell'ingegno?...Ebbene fu l'Amore...E come tutte le cose generate dall'Amore non è, almeno in principio, perfetta, ma ha in sé il progetto, in divenire, di tale perfezione...Un progetto che è poco più di un bocciolo, forse solo un poco più solido d'una giornata primaverile, ma che ha in sé tutto il sogno della creazione...-"

Manlio non ascoltava Galileo, altrimenti l'avrebbe certo fermato.

Altri pensieri in quel momento invadevano la sua mente.

"-Mi scusi, sa, sono un amico di Adamantina e mi chiedevo, ecco, dove fosse in questo momento? -"Chiese Manlio a una delle lavandaie più anziane.

"-Ah! Lei è il giovane Mannio...-" Rispose la vecchia signora con una vocina tutta arrugginita dal tempo e dall'umidità.

"-...Manlio, si, sono venuto qui l'altro giorno...-"

"-Certo, certo, ora ricordo...Adamantina non poteva venire, ma mi ha dato questa lettera per lei...-"

Manlio raccolse il pezzetto di carta dalle mani dell'anziana signora e tremante lo lesse.

 

  Padova 1 giugno 1609

 

  "Caro Manlio

 

  Ti conosco da così poco eppure sento di volerti già

  tanto bene. Insieme abbiamo trascorso giorni

  splendidi. E ho, grazie a te, bellissimi ricordi che

  riempiranno di felicità tutti i miei giorni futuri.

  Ma con noi il destino è stato beffardo.

 

Manlio iniziò ad avvertire forti crampi allo stomaco.

 

  ...Per tanto tempo ho cercato un giovane che mi sapesse

  rendere felice, e ora, dopo tanto cercare, non uno ma

  due giovani bussano al mio cuore...

 

I crampi si fecero voragini che lentamente divoravano ogni fibra di Manlio.

 

  ...Tu lo sai, io sono solo una povera lavandaia. Senza

  padre e con una vecchia madre da accudire. Non posso

  pensare alla mia sola felicità, né al mio solo bene.

  Ti prego di credere, mio caro Manlio, che mai in vita

  mia, una scelta è stata tanto difficile per me...

  Questa mattina stessa partirò, insieme alla mamma

  per la Baviera...

 

Manlio sentì di colpo tutto il peso della forza di gravità. S'accasciò su di una cesta colma di panni, mentre un rigagnolo di perline argentee gli scorreva dalla fronte su tutto il viso.

 

  ...Il barone di Loacker mi ha chiesto, già da tempo, di

  seguirlo nella sua ricca dimora, dove io lavorerò

  come cameriera e mia madre sarà la nuova cuoca.

  Ti prego di comprendere che non potevo rifiutare

  una simile proposta...

  ...Prego ardentemente che tu non ne abbia a male

  per questa mia scelta...Per la sincerità del sentimento

  che ci lega...

 

  Addio

  tua Adamantina

 

Il mondo in quell'istante tacque. L'umido dei panni su cui era disteso penetrava le carni di Manlio. L'umido delle sue lacrime ne arrossavano l'esterno. Manlio rimaneva immobile. La folla era ancora tutt'intorno a Galileo quando, sulle labbra del giovane, fiorì una sorta di sorriso.

Senza dire nulla e lasciandosi alle spalle tutta quella gente chiassosa, Galileo Galilei e la sua lavatrice, Manlio s'incamminò verso casa. Dietro i suoi passi, come foglie d'un autunno troppo precoce, cadevano stracciati tanti pezzetti di carta.