Jack non era un assassino, questo era certo. Poteva aver commesso

altri crimini nella sua sinora breve vita, (certe cose erano troppo

invitanti per farsi fermare da sciocchezze come la mancanza di soldi) ma

uccidere un uomo a sangue freddo? Solo il pensiero faceva raggelare il suo di

sangue. Eppure, avvengono cose che ridimensionano la tua percezione della vita

anche se hai soltanto 18 anni ed indubbiamente la scorsa notte si poteva

annoverare tra quelle. Ma tutto comincio' molto prima. A 16 anni (ci siamo

passati tutti) si e' nell'età in cui la definizione di bambino ci va

decisamente stretta ed ambiamo a quella ben piu' epica di uomo. Jack non

faceva certo eccezione e, a dir la verita', gia' il diminutivo ragazzino lo

faceva infuriare a tal punto che una volta rischio' grosso con un "ragazzino"

decisamente piu' "uomo" di lui (se capite cosa intendo) che lo aveva chiamato

in quel modo. Tutto si poteva dire di Jack, tranne che fosse una persona priva

di orgoglio, anzi, a pensarci bene, sembrava l'unica cosa importante della sua

vita. Non si sarebbe detto vedendolo li' con i suoi 50 chili scarsi, con la

sua struttura decisamente, forse troppo, longilinea e con quegli occhi castani

che sembravano riflettere sempre una vena di insoddisfazione, ma egli sarebbe

stato sicuramente capace anche di morire piuttosto che ferire il proprio

orgoglio. Morire o uccidere. Ma andiamo con ordine, tutto comincio' con quella

maledetta gita a Firenze, uno squallido pretesto per uscire dalle 4 mura di

quel liceo che a Jack ricordava tanto una prigione. Non che andasse male a

scuola, anzi, i suoi voti erano eccellenti, soprattutto considerando il suo

impegno, ma non riusciva proprio a rimanere fermo e calmo per quelle cinque

lunghissime ore ogni giorno. Comunque questa uscita doveva servire ad ammirare

quel capolavoro architettonico che e' Palazzo Pitti, con una possibile

divagazione verso l'incertezza della torre pisana ma per Jack (e la stragrande

maggioranza dei suoi compagni) era solamente un'ottima occasione per

divertirsi e magari provarci con qualcuna delle ragazze che gli parevano cosi'

irraggiungibili. Poteva anche darsi che ci sarebbe scappata qualche fumatina o

qualche birra di troppo (che senza dubbio J. avrebbe bevuto fino a cadere pur

di non perdere la "gara") ma non c'erano problemi, i genitori erano lontani e

lui era pronto a tutto. A tutto, tranne che a quello che accadde.

Ma come diavolo si fa a prepararsi ad una cosa del genere? Accadde tutto nella

terza giornata della gita quando oramai la vecchia Firenze non aveva più'

nulla da dire (almeno a dei giovani ragazzi) e tutto il gruppo era diretto

verso Pisa. La giornata era una delle peggiori per Jack; sole scottante e

temperatura insopportabile. Proprio lui che non aveva mai nascosto di non

sopportare il caldo e di preferire di gran lunga la stagione invernale. Come

se non bastassero poi gli oltre 28 gradi che c'erano all'esterno l'autobus a

due piani noleggiato dalla scuola aveva appena rotto l'aria condizionata e, di

conseguenza, suscitato le numerose lamentele dei 48 (tra alunni e professori)

passeggeri. Lamentele che sortirono come effetto una sosta al primo autogrill

ed un futile tentativo di riparazione da parte dell'autista improvvisatosi per

l'occasione (o piu' che altro per ottenere un po' di calma) meccanico. Gli

esiti furono, come si poteva immaginare, tristi e Jack comincio' veramente a

pensare che non ce la faceva piu' di questa situazione e di questo caldo ed

arrivo' addirittura a credere che avrebbe preferito morire piuttosto che

continuare a soffrire in quel modo. E si sa ogni tanto le richieste vengono

esaudite. Il pullman, che ormai era piu' simile ad un forno crematorio,

perlomeno ai suoi occhi, percorreva tranquillo l'autostrada quando accadde

l'ennesima disavventura di quella lunga giornata: un terribile ingorgo.

Ritornandoci con il pensiero ora Jack ricorda chiaramente la sua impressione

in quel caso. Non era certo la prima volta che vedeva una fila di macchine

incolonnate ed anzi, a dir la verita', dopo l'estate scorsa ne era diventato

un vero esperto. Ma in questa c'era qualcosa di inspiegabilmente diverso.

Ricordava che negli altri casi si vedeva sempre qualcuno uscire dalle auto

per cercare di scorgere il motivo di una simile perdita di tempo, e c'era

sempre qualche imbecille che suonava come se potesse servire a qualcosa e poi

rivedeva distintamente come ogni maledetta volta le macchine aspettavano ogni

millimetro di spazio per potersi muovere. Come a voler scacciare quel senso

di claustrofobia che si genera, pensava, resta il fatto che in questi casi la

distanza tra due auto non era mai maggiore di 10 centimetri ed appena si

ampliava il distacco si sentiva una sgasata con conseguente rumore di freni.

Sempre. Ma non quella volta. Li' no, nella drittissima autostrada che avevano

imboccato a Firenze non succedeva nulla di cio', semplicemente ogni

automobile se ne stava li' a circa un metro di distanza dall'altra nella piu'

perfetta coda che Jack avesse mai visto. Ed oltre a questo un altro

particolare animo' la sua fantasia, pur guardando con attenzione e scrutando

ogni macchina non si riusciva a vedere nessun passeggero. Non che non ci

fossero, non fu questo il pensiero che attraverso' la sua mente, in fondo era

un ragazzo concreto e sapeva di non trovarsi in uno dei fumetti dell'orrore

che divorava da piccolo, solo era una strana coincidenza non riuscire, per un

motivo o per l'altro ad intravedere nessuno. Jack stava proseguendo la sua

ricerca quando qualcosa lo distrasse; una discussione piuttosto animata tra

il suo professore di latino e l'autista-quasi-meccanico. L'argomento fu

subito chiaro: bisognava uscire dall'autostrada per evitare di perderci ore

ma l'anziano docente ovviamente non era d'accordo. L'autista, un certo Mario

Begni, almeno cosi' lo avevano chiamato quando era arrivato, era un signore di

mezza eta', leggermente sovrappeso e visibilmente sudato e stava sostenendo la

sua idea a spada tratta, dall'altra parte Oscar Morattelli il magrissimo

professore non dava nessun segno di cedimento sostenendo che la coda era

passeggera ed avventurarsi per campi e stradine di collina era una pazzia,

specie con un autobus di quelle dimensioni a pieno carico. Era difficile

stabilire chi tra i due avesse ragione, entrambi erano persone di grande

esperienza anche se il rotondo viso bonario del signor begni era leggermente

piu' rassicurante dello sguardo truce del prof. Unendo questo alla sensazione

di disagio che gli aveva creato quella fila di auto perfettamente ordinata Jack

scelse di dare la sua fiducia all'autista, per quello che contava, anche

perche' non ne poteva piu' di restare fermo. Dato che la situazione non

sembrava evolversi venne effettuato un sondaggio (ovviamente solo tra i prof) e

stravinse l'idea della strada alternativa. A quel punto il signor Begni si

lascio' scappare un sorrisino e si preparo' come se adesso che avevamo preso

una decisione si potesse andare ma in realta' ci separavano ancora cento

metri buoni dallo svincolo, il che poteva voler dire anche qualche ora.

Questo dev'essere stato il pensiero anche di Begni in quanto mise la freccia

a destra e comincio' a viaggiare sulla corsia di emergenza senza chiedere

niente a nessuno. Era chiaro che persino lui con tutta la sua esperienza, con

chissa' quanti chilometri sulle spalle e chissa' quante code all'attivo era

stanco morto. La sua manovra sorti' prima un attimo di smarrimento generale

poi l'approvazione della stragrande maggioranza degli occupanti dell'autobus

che vedevano avvicinarsi il cartello dell'uscita autostradale. Tra i pochi ad

essere diffidenti c'era ovviamente il professor Morattelli che quasi non

riusciva a crederci: un'infrazione cosi' evidente della legge? Con che

coraggio aveva preso una decisone del genere senza consultarlo? Che esempio

ne sarebbe derivato agli studenti? Ma a nessuno importava niente e persino

lui si limito' a qualche imprecazione nei confronti dell'autista e poi si

arrese. A pensarci adesso c'era un'altra cosa molto piu' strana di quelle che

Jack aveva notato prima, se davvero la coda era immobile e nessuno poteva

sapere quando si sarebbe mossa, per quale assurdo motivo a nessuno, e dico

nessuno venne in mente di uscire a quello svincolo? Non e' forse la prima cosa

a cui si pensa in questi casi? Eppure nessuno lo noto' o perlomeno nessuno

disse niente, erano tutti troppo contenti di uscire da quella che finora

sembrava una tragedia. Ma nessuno di loro aveva idea di quanto si sbagliassero

e di quanto meglio sarebbe stato rimanere li', anche per sempre.

Per quello che importava comunque erano fuori, finalmente si ricominciava a

correre, stradine permettendo e dai finestrini spalancati ricominciava a fluire

un minimo di aria. Il caldo era asfissiante lo stesso ma questa insperata

ripartenza fece nascere in tutti del sano ottimismo. Quale errore. La mezz'ora

successiva fu un susseguirsi di monotoni paesini ed altrettanto monotone

stradine fino alla deviazione, quel cartello che cambio' per sempre la vita di

Jack. Un banale cartello stradale indice di lavori in corso, li avete presenti

immagino. Scritta nera su sfondo giallo, credo di rendere l'idea, la scritta?

"Deviazione per Pisa", nessuna motivazione ma era evidente che per qualche

motivo la strada principale non era percorribile. Jack venne a sapere solo

molti mesi dopo di quel terribile terremoto che aveva spazzato via mezza

popolazione del paesino in cui dovevano passare, mezza popolazione ed

ovviamente la strada. Ma allora nessuno se ne preoccupo' ed il signor Bagni

non esito' a imboccare la strada indicata dal cartello anche se, lo ammise

poco dopo, non ne conosceva nemmeno l'esistenza. Dato che il cartello

riportava la scritta Pisa Jack intui' che dovevano essere relativamente vicini

alla destinazione e comicio' a riflettere su quanto avrebbe allungato la

strada quella deviazione e quanto sarebbe mancato ancora. Lui era fatto cosi',

era un tipo che rifletteva molto e gli piaceva sempre sapere con esattezza

quello che sarebbe accaduto nel futuro prossimo, cosi' sapeva come

organizzarsi, diceva. In effetti in quel pullman riflettere sembrava ora

l'azione preferita e quelle poche persone che cercavano ancora il dialogo

interrompevano i tentativi dopo qualche frase. Erano gli effetti del caldo e

della stanchezza che ormai avevano costretto anche il piu' loquace degli

alunni ad un silenzio che rispecchiava una voglia enorme che questo viaggio

finisse. Jack ci aveva pensato ancora in questi anni e pareva quasi che tutti

avessero un sentore di cio' che sarebbe accaduto e ci stessero riflettendo, ma

non era cosi'. Almeno credo. Jack era ancora avvolto nei suoi calcoli sulla

rotta quando accadde. Sapete, quando si e' decisamente sovrappensiero poi e'

difficile ricostruire esattamente cio' che e' accaduto in quel momento ma Jack

stava fissando proprio nel punto da cui successe tutto. Proprio nel punto da

cui sbuco' la morte. Era una curva, una banalissima curva a sinistra che

sicuramente Begni non avrebbe avuto problemi a superare, l'unico problema, se

cosi' lo vogliamo chiamare, e' che la strada era leggermente in salita,

trattandosi di una collina e quindi sulla destra vi era uno "strapiombo" di

circa due metri attentamente vigilato da un guard-rail. Successe tutto in un

attimo, da commedia a tragedia, da paradiso (piu' o meno) a inferno, da vita a

morte.

Jack ha solo qualche ricordo offuscato dei seguenti secondi ma sono ricordi

che non se ne andranno mai via. Come il ricordo del camion che sbucava

all'improvviso nascosto dalla casa sulla sinistra, quello degli urli di

terrore dei professori seduti nei posti piu' avanzati, ed il volto sudato di

Begni in preda al panico e poi, il nulla. Non fece neppure in tempo ad avere

paura. Appena riapri' gli occhi Jack si accorse che l'autobus era stato sbalzato di

diversi metri al di fuori della strada ed era ora adagiato sul lato destro con

accanto il camion fiammeggiante. Queste furono le prime cose di cui si accorse

poi un rapido controllo per vedere se c'erano danni su di lui e quando la

vista torno' alla sua completa funzionalita' arrivo' l'orrore. Fu una vista

quasi impossibile da descrivere, non importa quanti film splatter abbiate

visto o quanti racconti abbiate letto non sareste mai preparati ad una cosa

simile. Persino la mente di Jack in un primo momento si rifiuto' di accettare

cio' che vedeva pensando che fosse un sogno, o meglio un incubo, ma purtroppo

era la pura realta'. Erano reali i 48 corpi morti che poteva vedere

all'interno dell'autobus, erano reali i litri di sangue sparsi ovunque ed era

reale anche il camion che stava pericolosamente bruciando a qualche metro di

distanza. Alla vista di quello spettacolo Jack vomito' e vomito' per tre volte

di seguito e cosi' forte che gli venne da domandarsi se fosse possibile morire

per aver rigettato lo stomaco. Comincio' ad urlare ed a piangere come non

aveva mai fatto prima quando con un guizzo di lucidita' la sua mente lo

riporto' al camion. Era un automezzo con rimorchio, era grosso e nero, con un

carico sconosciuto ma a Jack non importava certo del contenuto quanto

piuttosto delle fiamme che si avvicinavano pericolosamente alla benzina.

L'incidente aveva attirato dei passanti che erano accorsi tentando di scorgere

eventuali sopravvissuti, anche se considerato lo stato dei due veicoli

chiunque lo avrebbe reputato impossibile. Jack penso' subito ad un modo per

uscire ma a dir la verita' le uscite non mancavano visto che l'urto aveva

distrutto la gran parte dei vetri dell'autobus, il problema vero era, anche se

si rifiutava di accettarlo, la tentazione di rimanere li', la voglia di

lasciarsi andare dopo cio' che aveva visto, convinto che non ce l'avrebbe

fatta lo stesso. Ma la sua volnta' fu piu' forte, e l'istinto di sopravvivenza

scaccio quei pensieri e gli fece dimenticare di dover convivere tutto il resto

della sua vita con l'orribile ricordo di quel giorno. Questo gli avrebbe

procurato problemi ed incubi in futuro (e gliene procurava ancora oggi) ma

allora l'obiettivo principale era impostato su "sopravvivere". Ormai deciso

ad uscirne, o perlomeno a provarci, decise di uscire per il parabrezza dove

il vetro era ridotto in polvere e seppur dimezzata la sua ampiezza a causa

dell'urto c'era spazio sufficiente per passare in fretta. Comincio' a correre

come mai prima, pronto a saltare nel punto dove c'era il vetro ed a atterrare

rotolando come il miglior stunt-man di Hollywood. Prima di spiccare il salto

riusci' anche a vedere il volto del signor Begni trafitto da decine di

schegge di vetro ed ormai ricoperto di sangue. In quell'attimo riusci'

persino a scorgere il bulbo oculare dell'ex-autista che penzolava dall'occhio

appeso solo ad un paio di nervi, gli venne da vomitare ancora ma non poteva

permetterselo, non aveva tempo. Riusci' ad uscire e persino ad atterrare quasi

come nei film, in realta' cadde su una spalla e si fece abbastanza male

(slogatura fu la diagnosi dei medici successivamente) ma con l'adrenalina che pulsava nel suo sangue quasi non lo senti'. Una volta rialzato riprese a correre verso i passanti che lo guardavano con un mal celato stupore, come e' possibile che

non avesse neppure un graffio? Quando arrivo' piu' o meno alla strada il

camion esplose, non era un'esplosione grande come Jack immaginava

(evidentemente era quasi a secco) ma abbastanza da arrostirti se eri nel suo

raggio d'azione. Jack fu accolto dalla gente, invitato a mettersi a sedere

e a riposarsi che tanto era "tutto finito". Quando anche lui lo credette si

distese per terra, con il cuore che sembrava impazzito, il fiatone ed una

sensazione di colpa che e' comune a molti sopravvissuti, Il classico "Perche'

proprio io?" L'ambulanza arrivo' quando Jack era ancora a terra che cercava

di scacciare cio' che era accaduto dalla sua mente e concentrarsi sul fatto

che era, sorprendentemente, ancora vivo. Ma cio' che cercava di dimenticare

non era tanto la scena orribile sull'autobus o la sua rocambolesca fuga

quanto un piccolo, inquietante particolare. Un particolare che ancora oggi

maledice di aver visto.

Durante il viaggio verso l'ospedale piu' vicino gli infermieri cominciarono a tempestarlo di domande riguardanti l'incidente ed il suo stato di salute ed egli rispose a tutto, per quanto riusciva a ricordare, ma la sua mente era altrove. Cercava di mettere a fuoco quell'immagine vista di sfuggita durante la sua corsa verso la salvezza e poi persa nel caos successivo e nel frattempo cercava di capire perche' gli faceva cosi' paura. Ci mise circa una settimana per ricordare chiaramente e l'illuminazione avvenne quando era al sicuro in camera sua ad attendere che la spalla guarisse con i suoi genitori che gli facevano da infermieri preoccupandosi forse piu' della sua salute mentale che di quella fisica. Jack infatti era sempre stata una persona timida ma ultimamente aveva cominciato ad aprirsi ed a ritrovare il piacere della compagnia. Ma dopo l'incidente divento' ancora piu' introverso e taciturno, faceva fatica persino a dialogare con i suoi parenti ma in fondo tutti lo capivano e supponevano si trattasse di un effetto passeggero. In realta' da quel maledetto giorno Jack aveva solo tentato di richiamare alla mente quell'immagine e per concentrarsi meglio aveva volutamente scelto di ridurre al minimo i contatti con l'esterno. Quando finalmente riusci' nel suo intento fu felice per qualche breve attimo poi un forte senso di disagio prese il sopravvento. Ricordava tutto chiaramente come se l'avesse ora davanti agli occhi e cio' lo sorprendeva perche' sapeva di non possedere buona memoria ed in fin dei conti l'aveva visto per un solo attimo durante una corsa disperata. Nonostante tutto pero' il ricordo di quell'uomo era li', nitido abbastanza da poterlo descrivere, era un individuo di mezza eta' abbastanza alto ma proporzionalmente sovrappeso, ricordava vagamente l'autista ma non era certo lui. Aveva un accenno di barba ispida ed in testa un cappellino da baseball che Jack avrebbe giurato essere degli Yankees. Stava fumando una sigaretta e nel momento in cui il ragazzo lo vide stava buttando fuori il fumo tenendola nella mano. Fin qui potrebbe sembrare un passante come gli altri ma allora perche' quel ricordo gli dava una sensazione quasi di terrore? Jack lo capi' subito dopo quando ricordo' oltre al suo aspetto fisico il suo atteggiamento, per quei pochi istanti in cui lo fisso' (e, ripensandoci, capi' che non riusciva a distogliere lo sguardo) ebbe una spaventosa immagine di cio' che stava facendo. Stava guardando la scena dell'incidente come tutti ma mentre tutti avevano dipinto sul volto apprensione, stupore ed un pizzico di disgusto lui si lascio' andare ad un sorrisino compiaciuto quasi come se la scena lo divertisse. Ma vi assicuro che neppure il piu' folle maniaco omicida avrebbe sorriso guardando quel macello e la cosa che piu' di tutto inquietava Jack successe quando i loro occhi si incontrarono per una frazione di secondo, allora il sorriso del misterioso signore si allargo' ancora fino a scoprirne i denti. A quel punto un brivido percorse la schiena di Jack e gli diede la forza per distogliere lo sguardo e concentrarsi sulla salvezza pur con la convinzione che cio' che aveva visto era qualcosa di inspiegabile e con la voglia di razionalizzare appena possibile. Come gia' detto, il ragazzo perse di vista quella strana figura subito dopo l'esplosione ma una cosa gli era rimasta in mente; a occhi e croce doveva trovarsi al massimo a due metri dal camion e non aveva mosso un muscolo per scappare quindi anche contando che fosse un noto velocista (cosa in realta' assai improbabile) non sarebbe mai riuscito ad uscire vivo dall'esplosione. Questo pensiero porto' finalmente un po' di pace nella tormentata mente di Jack, in fondo per quanto folle poteva essere, la sua pazzia l'aveva condotto solo alla morte e la sua inquietante presenza era ormai solo un brutto ricordo. Di questo era sicuro. Lo era fino ad esattamente un anno fa.

Gia', ripensandoci era passato gia' un anno dalla morte improvvisa di suo

padre per un cancro che gli aveva colpito i polmoni eppure se lo ricordava

come se fosse ieri. Non tanto per il dolore che aveva provato alla sua

scomparsa (anche se non era certo trascurabile) quanto piuttosto per quello

che accadde al suo funerale. Ma, ancora una volta, andiamo con ordine. Dopo

l'incidente Jack riprese a frequentare la scuola piu' o meno svogliatamente

(ovviamente in una nuova classe) e dopo qualche mese riusciva gia' a parlare

quasi tranquillamente dell'accaduto. Il trauma pareva quindi, a detta di

dottori e psicologi, brillantemente superato ma quello che Jack non aveva

detto a nessuno, quella visione dell'uomo sorridente, lo turbava ancora. Ma

lui cercava di non pensarci e di concentrarsi sulla sua vita normale di

studente, sulle sue sane prove di orgoglio ed ogni tanto sulle ragazze come

qualsiasi normale diciassettenne. La tragedia lo scosse pero' la scorsa

estate; il padre, con cui aveva un rapporto a volte conflittuale ma in fondo

di stima e rispetto reciproco, diede i primi sintomi del tumore lo scorso

luglio e da li' nonostante l'enorme quantitativo di soldi spesi per le cure la

sua vita fu solo sofferenza. Fino a quella mattina di settembre in cui si

spense. Jack pianse, anche se ormai credeva che non avrebbe pianto mai piu',

pianse, probabilmente piu' di quanto fece dopo l'incidente, ma la vita come si

dice continua ed egli ne era convinto. Ma un conto era sopportare qualcosa di,

in fondo, normale come perdere un genitore ed un conto era quello che successe

poi. Era una fredda mattinata come quelle che ci si aspetta dal miglior

settembre: vento sferzante e foglie che cadono, quando tutta la famiglia di

Jack arrivo' alla chiesa dove si tenne il funerale. Il ragazzo portava

occhiali scuri per nascondere le lacrime che inevitabilmente gli sarebbero

sgorgate dagli occhi ed un cupo completo nero, ando' tutto bene (per quanto

sia fuori luogo quest'espressione in questi casi) fino a quando non fu il

momento di portar fuori la bara. Jack, neppure adesso, ripensandoci, saprebbe

definire quante persone c'erano a quel funerale ma suo padre era una persona

importante (per un po' fu anche sindaco del loro paese) ed era logico

aspettarsi un enorme afflusso di gente. Gia' all'epoca quindi non si era

sorpreso di vedere un sacco di volti sconosciuti accanto alle prevedibili

facce note ma mai avrebbe pensato di rivederlo. L'uomo col cappello degli

Yankees, non c'era nessun dubbio, era lui, con la stessa barba e lo stesso

maledetto sorriso. E quel che e' peggio e' che non se ne stava in qualche

angolino ad osservare come l'altra volta ma stava addirittura portando su una

spalla la bara del padre come se fosse uno dei suoi migliori amici. Eppure

Jack sapeva di non averlo mai visto prima dell'incidente e sapeva che in

quello stesso momento doveva essere stato ridotto ad un cadavere bruciacchiato

eppure in certi momenti tutte le nostre certezze vengono distrutte da un'unica

visione. Jack era ancora nello stadio in cui la mente cerca di trovare una

spiegazione razionale (cose del tipo "Dai, non puo' essere lui!" o "Sara' il

dolore che gioca agli occhi brutti scherzi") quando l'uomo barbuto passo'

accanto a lui sussurrando: "Ciao Jack". Cosa? Stava davvero impazzendo? Come

diavolo faceva quell'uomo, ammesso che esistesse, a sapere il suo nome e

soprattutto chi era? Quando Jack smalti' lo shock e zitti' le centinaia di

domande che gli facevano esplodere il cervello la bara era gia' arrivata al

limite del suo campo visivo. Comincio' a correre per raggiungerla ed ebbe

l'ennesima sorpresa: al posto dell'uomo misterioso c'era ora Pietro Fellini,

famoso dottore nonche' grande amico del padre. Ancora piu' sconvolto chiese

alla madre con tono quasi isterico se si erano verificate sostituzioni tra i

portatori ma la madre scoppio' a piangere a questa domanda temendo fortemente

per la sua salute mentale incrinata ormai da due tragedie. Capi' che non era

il caso di rattristare oltre la madre e tenne le sue successive considerazioni

solo per se', come aveva fatto la prima volta. Stava davvero impazzendo?

L'ipotesi sembrava plausibile anche ai suoi occhi ma poi si ricordo' un detto

che dice "Se non neghi di essere pazzo significa che non lo sei" e cio' lo

tiro' leggermente su di morale, ma molto, molto leggermente.

Non so se l'abbiate mai provato (mi auguro sinceramente di no) ma dubitare della propria sanita' mentale è una delle cose peggiori che possa capitare alla vostra autostima; si comincia a perdere fiducia in se' stessi e nella propria percezione delle cose ed era proprio cosi' che Jack si sentiva in quel momento. E la cosa peggiore non era neppure questa ma bensi' il fatto che non era certo l'unico ad avere questo tipo di dubbi e poteva leggerlo negli occhi di sua madre e dei suoi amici piu' stretti, tutti provavano pieta' per lui. Orgoglioso com'era figuriamoci se c'era un sentimento che non poteva proprio sopportare era la compassione ma di certo non poteva biasimare gli altri visto che neppure lui era sicuro di essere completamente a posto. La sua unica speranza a questo punto era di dimostrare a tutti, e per primo a se' stesso, che non aveva allucinazioni e decise di farlo parlando con tutti i presenti al funerale per chiedere l'identita' dell'uomo con la barba. Questo fu il primo dei due grandi errori della sua vita, infatti da quell'indagine non ottenne altro che il marchio di visionario, anche se era stato ben attento a filtrare la sua paura e tutti i particolari "ai confini della realtà" che quell'immagine suscitava in lui. Il risultato, come detto, non fu certo dei piu' soddisfacenti ed oltre ad aumentare le paure del ragazzo lo costrinse a qualche seduta di psicanalisi. Oddio, che inutilita', dei cosiddetti dottori continuavano a fare le stesse stupide domande a Jack e c'era chi era convinto che lo "spettro" (cosi' si divertivano a chiamarlo) fosse il padre, chi invece il nonno o lo spazzino con cui ebbe un diverbio da piccolo. Spettro un corno! Non assomigliava per niente a nessuno dei "sospettati" e poi aveva addosso un qualcosa di inspiegabile a parole ma di spaventevolmente lugubre. E poi se davvero era uno di loro (almeno nella mia mente) perchè diavolo doveva ridere all'incidente? Questo nemmeno i cervelloni sapevano spiegarlo. Per Jack la vita ormai era sempre piu' difficile, stava diventando un reietto della societa' quando incontro' Beppe. Giuseppe Marconi era un giovane della sua eta' e si conobbero durante una partita a calcetto e da allora divennero amici inseparabili. A Beppe non fregava niente delle strane storie sul suo nuovo amico ed insieme passarono dei momenti stupendi. Jack stava davvero divertendosi in quel periodo della sua vita (che poi era circa 6 mesi fa) come mai aveva fatto e per certi momenti, a volte anche per ore, riusciva a dimenticarsi del camion, del padre e di quell'uomo e questo lo rendeva ancora piu' felice. Prima ho definito Beppe e Jack inseparabili ma per molti versi e' un aggettivo che non si dovrebbe mai usare, credetemi la morte riesce a separare qualsiasi cosa. Non staro' a spiegarvi nei dettagli come successe ma fu un tragico incidente stradale, Beppe era salito con dei suoi amici neopatentati ed indovinate un po'? Esatto un bel camion, nero.

A volte la vita ha un modo strano di dirti che ti stai divertendo troppo, non credete? A qualcuno arriva la droga, ad altri questo. E forse ripensandoci non e' tanto la vita quanto la morte. Comunque Jack quando venne a saperlo per telefono dalla madre di Beppe non ci resto' troppo male, non verso' neppure una lacrima anche se era il miglior amico che avesse mai avuto, forse, penso' con una vena di tristezza, stava davvero cominciando ad abituarsi. Ma quante morti ci vogliono per abituarsi? "Molte di più" risuono' una voce nella stanza buia. Ok, questa volta il mio cervello si e' veramente aperto in due se comincio a sentire voci che mi leggono nel pensiero in una stanza vuota. Questo fu il pensiero di Jack. "E cosi' ci si rivede cosi' presto." Non poteva negarlo, maledizione, non al secondo ascolto quella voce lui l'aveva gia' sentita e per lo piu' si ricordava benissimo dove. Si forzo' a girare il volto nella direzione da cui proveniva la voce pregando di sbagliarsi ma non fu cosi'. Era li', ancora una volta, ancora una stramaledetta volta poteva vederlo con i suoi occhi. La sua barba era rimasta uguale, il suo cappelino era lo stesso e persino il sorriso non era cambiato, non c'era nemmeno stavolta nessun fottutissimo dubbio. Jack avrebbe voluto, avrebbe voluto tanto urlare ma non ne era capace anche perche' si accorse per la prima volta che verso la figura provava si' un forte disagio ma in fondo anche grande soggezione. Tra i brividi che lo percorrevano continuamente e il cuore che sembrava esplodere trovo' le forze pero' per azzadare due parole:"Chi s..sei?". "Chi sei tu, giovane prescelto, ti seguo da tempo immemore ma mai avrei pensato che fosse di nuovo giunto il momento". Jack era senza parole, completamente ammutolito che fissava l'oscuro ospite ma dannazione, vorrei vedere voi cosa aveste fatto! Poi riprese l'uomo in quello che ormai era diventato un monologo: "Non ci capisci ancora niente semi-immortale? Forse sara' meglio che ti dia qualche indizio: ripensa a quanto odiavi la tua sporca classe, a quanto orribile era il tuo rapporto con quei professori che continuavano a non capirti, pensa a quante volte avresti voluto levarti di dosso lo scomodo paragone con il tuo imponente padre o rimembra soltanto a cosa hai pensato l'ultima volta che hai visto Beppe..." A queste ultime parole Jack comincio' ad urlare, finalmente ce la fece ma cio' non gli procuro' certo soddisfazione. Come faceva quella...quella cosa (perche' Jack ormai sapeva che non poteva essere niente di umano) a sapere i suoi pensieri piu' reconditi? E cosa voleva da lui? Se lo avesse voluto morto sarebbe gia' stato morto ne era convinto ma allora? Nonostante lo spavento rendesse davvero difficile ragionare Jack cerco' di fare come aveva detto l'uomo ma non servi' sforzo, ricordava tutto ed in particolare cio' che penso' di Beppe. "Che tu possa bruciare all'inferno" questo fu il saluto che penso' al loro ultimo incontro e tutto perche' lui gli aveva confessato di essersi invaghito di una ragazza che piaceva molto a Jack (ed ad un centinaio di altri ragazzi se e' per questo. Ma poteva davvero questo avere qualcosa a che fare con la tragedia automobilistica successa al ragazzo? E che ruolo aveva l'uomo con il cappello in tutto questo? Jack prese tutto il coraggio che aveva e risovelse queste domande all'uomo li' con lui ricevendo come risposta solo un terrificante silenzio. Questo spavento' ancora di piu' il gia' scosso ragazzo e lo fece ripiombare nel panico delle centinaia di domande contemporanne. Poteva davvero un attimo di insensata gelosia aver ucciso il suo migliore amico? E poteva il suo risentimento aver causato la strage di un anno fa? Jack rispose con un altro urlo. Il suono secco del suo lunghissimo "nooo" rieccheggio per i corridoi della casa dove vi era anche sua madre ed era certo che qualcosa si sarebbe sentito anche da fuori, ma allora perche' nessuno accorreva a salvarlo da questa orribile situazione o magari a dirgli che era solo un brutto sogno? A questo pensiero il taciturno uomo riprese a parlare "Ancora non capisci dunque, ma sento che stai arrivando alla verita'. Quanto a tua madre non preoccuparti, ci ho gia' pensato io. O volevi uccidere anche lei?" Jack cadde in ginocchio e la rivelazione lo colpi' come un fulmine attraverso il cervello. Le lacrime sgorgarono a fiumi dai suoi occhi ed il dolore fu grande ma finalmente aveva capito, aveva capito tutto.

Sapeva che chiunque fosse quello strano uomo aveva ragione, ripensandoci bene

lui odiava tutte le persone che erano morte anche se in fondo solo a livello

inconscio ognuno aveva un motivo per scatenare la sua ira. Appena la sua

mente si apri' Jack disse rivolto verso la misteriosa figura: "Sono pronto

maestro". Il sorriso sul volto dell'insolito visitatore divenne ancora piu'

ampio "Era ora prescelto, cosi' sia". Prima di sparire dalla vista di Jack

lo saluto' con queste parole " Vinca il migliore" e se ne ando' svanendo

tra il rumore di una fragorosa risata. Jack aveva ormai lasciato

l'incredulita' alle spalle e si era ormai convito della verita' anche se in

fondo l'aveva sempre saputa. Neppure lui riusciva a capire fino in fondo il

perche' di cio' che era accaduto ma in fondo la sua mente era piu' o meno

quella di un comune mortale quindi non pretendeva neppure di farlo appieno.

Sapeva cio' di cui abbisognava sapere e gli bastava, anche perche' cio' aveva

risvegliato il suo orgoglio ed era deciso a tutti i costi a non farsi

sconfiggere. Ma come poteva fare? Una delle poche cose che ricordava

chiaramente erano i termini della sfida: un mese di tempo da ora e 50000

morti, non erano pochi ma, per la sua mentalita' attuale, neppure troppi. Il

primo che avesse raggiunto quel numero avrebbe svolto quel ruolo per secoli e

forse millenni a venire. Non sapeva ogni quanto si svolgesse la sfida, non

capiva neppure perche' ci fosse bisogno di questa sorta di "ricambio

generazionale" per usare un eufemismo ma la sua mente ora non poteva perdere

tempo con inezie come queste, il suo unico scopo era la vittoria. Non penso'

neppure a sua madre, fulminata nella vasca da bagno, ormai non gli importava

piu' niente degli altri, ormai il suo orgoglio aveva preso il sopravvento su

tutto. Indubbiamente "il prescelto" era perfetto per quel ruolo, tutto cio'

che gli occorreva ora era un idea. Un idea che avrebbe ucciso 50000 esseri

umani in meno tempo di quanto ce ne avrebbe messo l'uomo con la barba. Eppure

sapeva che la figura che aveva chiamato maestro aveva forse milioni di anni di

esperienza in piu' di lui ed indubbiamente sapeva fare bene il suo lavoro.

Si', gli serviva davvero una grande idea.

Questo era ieri sera. A pensarci bene sono gia' passate quasi 24 ore, 24 ore che io ho passato davanti a questa maledetta macchina da scrivere. Ah perche' devo farvi una confessione Jack sono io e se voi state leggendo questo libro significa che siete morti. Avete circa due ore rimanenti di vita e potete scegliere se trascorrerle magari con qualcuno che amate oppure se restare in mia compagnia e sentire la fine di questa storia ed il motivo della vostra morte. A me credete, non cambia piu' di tanto. Non preoccupatevi di recarvi da un medico, perdereste solamente del tempo che nel vostro caso e' ancor piu' prezioso e sarebbe tutto inutile, vedete in fondo per quanto giovane io sia diciamo che anch'io non me la cavo male con il mio lavoro. Come ho gia' detto mi serviva un'idea geniale perche' sicuramente il mio acerrimo avversario si stava gia' dando da fare e ci pensai seriamente per piu' di qualche ora. Era chiaro che con la sua esperienza a lui le idee sarebbero venute molto piu' velocemente che a me e poi, dimenticavo, tra le regole e' chiaramente detto che le morti devono avvenire per cause diciamo "naturali" quindi niente camion dal nulla o roba simile. Questo cavillo in particolare mi spaventava parecchio ma non dopo questa idea. Ho scritto questo libro in circa diciotto ore e direi che per il tempo che ci ho messo non e' venuto male ma sono certo comunque che nessun editore sano di mente lo pubblicherebbe, in particolare con questo finale. Ad ogni modo voi lo state leggendo e vi spiego il perche': nessuna regola vieta di prendere possesso di un'altra identita' (credevate davvero che quello fosse l'aspetto del maestro) e credo che usufruiro' di questo per diventare il padrone di un'importante casa editrice che pubblichi questo "capolavoro". Poi accedero' con quell'identita' o con un'altra, decidero' in seguito, alle rotative e sostituiro' il normale inchiostro con veleno letale al contatto. Magari sara' difficile trovarne uno che funzioni anche da secco ma ho sentito che esiste in qualche laboratorio e non sara' un problema accedervi. Questo e' quanto e se stai urlando o ti stai facendo prendere dal panico e' meglio che ti rilassi, in fondo la morte non e' poi cosi' male. Tutto sommato comunque non sono pazzo e so che per quanto grande sia la casa che lo produce un misero racconto non potra' mai vendere 50000 copie in cosi' poco tempo percio' mi sto gia' preparando a far ruotare la mia scure (sapete la falciatrice e' cosi' demode'). A proposito chissa' a quanto sara' arrivato l'altro contendente? Se lo conosco bene sara' gia' sui 4000-4500, dannazione, devo vincere! Buona morte.