ROSSO....... COME LA NEBBIA
Non oltre quella strada, il sole era giunto al suo tramonto. Erano certamente passate le cinque: lo intuiva così semplicemente, sebbene non avesse alcuna voglia di tirare su la manica del cappotto e accertarsene allorologio sul polso.
Niente, nessuno pareva passasse di lì. La nebbia avvolgeva gran parte delle cose, i particolari erano per lo più inesistenti; sapeva che cera quel cartello e quel platano, ma la nebbia bianca e densa li celava per intero. E la città assumeva unaria particolare, se non addirittura tetra e spettrale. Niente a che fare con il candore della neve. No, la nebbia è tuttaltro. La nebbia è presagio. La nebbia è infausta.
Si guardò frettolosamente intorno, e le luci dentro le case si accendevano e si spegnevano. Musiche e suoni giungevano dalle scatole dei televisori. - I telegiornali ne parleranno certamente - pensò allora. Lappuntamento era prossimo, la sua strada lattendeva.
Strinse ancor di più il cappotto sul petto e sincamminò.
Sentiva il vento freddo insinuarsi ugualmente fra le pieghe del collo, e tagliargli il viso di sbieco, ma non vi badò granché.
Incrociò unanziana signora nella consunta palandrana nera e la borsetta stretta al petto: un cenno col capo, un sorriso accennato. E, appena dopo, la nebbia laveva già ingoiata fra i suoi tetri meandri.
Un gatto miagolò accanto alla pensilina dellautobus ed il suo pelo biancastro quasi si confondeva nella nebbia che, quando è più fitta ed avvolgente, non scalda per niente, anzi, raffreddagli animi, li terrorizza e li fa suoi. Come un mostro di quei films dellorrore.
Avanzò intanto quel poco per giungere al luogo stabilito. Sempre quello, sempre lo stesso di un tempo.
- Adesso, - pensò, - è il momento. Ora il freddo mi entrerà dentro, fermerà le mie vene, il mio cuore e la mia anima, paralizzerà il mio cervello e i miei sentimenti. La paura non avrà più senso... -
Poco distante, passetti leggeri e cadenzati.
Infilò le mani nelle tasche: il freddo era insopportabile.
- Accidenti, è proprio insopportabile! - sussurrò a se stesso.
I passi savvicinarono ed era il momento. Quello che sarebbe successo da lì a poco avrebbe dato una svolta decisiva al suo futuro. Aveva stabilito tutto con troppa lucidità, troppa calma, troppa acuta follia. Non avrebbe permesso alla ragione ed allorrore di fermarlo proprio ora: avrebbe compiuto la sua vera opera, e col senno di poi ne sarebbe stato fiero. Non aveva scelta.
La nebbia gli pareva che già odorasse di presagio, o era limmaginazione? Ma fu proprio il gusto caldo del sangue quello che sentì in bocca quando si morse un labbro....
- Vorrei morire - pensava, - Se qualcosa ora cambiasse.... mi fermerei, lo so.-
Ma nulla accadeva, tutto era fermo, statico in attesa.
La nebbia si spaccò in un angolo angusto ed apparve tinta di verde. Era il suo cappotto, il cappotto di lei.
I passi si fermarono innanzi a lui, mentre affondava le mani nelle tasche. Un odore si fece sempre più acre ed il quellistante seppe di percepirlo chiaramente. - Allappuntamento cè venuta, dunque.- pensò in un soffio.
Niente più di un istante, per tirare fuori una mano ed avvicinarla a lei in unultima, disperata supplica.
Laveva amata più della sua stessa vita; lei che era soltanto tutto, la voglia di mangiare, di dormire, di sognare. Lei che laveva coccolato come un figlio, accarezzandolo sul capo, lei al tramonto o uniti sotto la pioggia..... Lei: lamava troppo in questa vita. E faceva male, tanto male al cuore. Era impensabile continuare così....
E, nel silenzio più lugubre e grigio, la sua mano si mosse come in una moviola; dalla tasca del suo cappotto di cashmere ne aveva tirato fuori una pistola. Guardò il bellissimo viso di lei.
- Stupefacente. - pensava, mentre le sue pupille si dilatavano, rapiti da così tanta perfezione di bellezza.
Poco più di un barlume, e lo sparo tagliò laria. Lasfalto si coprì di rosso e il rosso si mescolò alla nebbia.
Il viso della sua amata si sciolse per sempre, come la tortura per quellamore usurpato.
Poi, il silenzio calò come un sipario.
- Ne parleranno nelle cronache.... Certo che ne parleranno. - ripetè a se stesso come una morbosa litania, mentre volgeva le spalle a quel corpo inerme, steso e cullato in una inusuale, infausta, nebbia tinta di rosso.
SILVIA ACCARDO