Kameron Dyaz
La
lettera
Il racconto si basa su
una lettera realmente recapitata.
Il suo inquietante
contenuto è stato fedelmente riportato
Hai presente l'abbacinante
chiarore mattutino che squarcia l'inverno e se lo lascia agonizzante
alle spalle, facendoti disimparare il suo alito grigio e polare?
Sì, l'hai presente&ldots; ma non è questo che mi
colpisce della primavera. I suoi pollini. Tanto vaporosi e profumati,
gialli o pallidi, così maldisposti verso la civiltà...
questi lasciano un'impronta profonda in me. E nei miei bronchi. E'
aprile, e mi risveglio con le prime allergie, tra piante che
fioriscono e animali che sprigionano ormoni. Ma non ci sono né
latrati né muggiti in questo Mondo di plastica. E noi esseri
umani facciamo ruggire il motore dell'auto e diffondiamo ossido di
piombo e benzene verso le prime ferie della bella stagione.
Cosa credi&ldots; anche la
mia compagna ed io ci siamo fatti abbindolare acquistando un
"pacchetto" nell'agenzia di viaggi sotto casa. In pratica,
abbiamo affittato un bilocale in un residence a Fiumaretta, ad un
passo dal fiume e poco lontano dal lambire del mare. Questo per
slegarci un po' dalla vita sedentaria consumata troppo a lungo in una
grande città del nord. E sai com'è andata? Siamo finiti
qui a Fiumaretta per intossicarci di stress e di litigi per aver
dimenticato a casa lo spazzolino elettrico, o per stabilire chi deve
preparare la colazione. Ma la guerra vera ce la facciamo per la
doccia: a chi tocca per primo? E le mutande&ldots; anche in vacanza
un uomo deve cambiarsele spesso? E poi la mia compagna russa. E me ne
rammento solo quando siamo in villeggiatura&ldots;
E ho rifatto a botte con la
lampo stregata del borsone da viaggio. Alla partenza non si chiude
mai, ma all'arrivo o si rompe, o fa più storie della tua donna
quando sei in preda al desiderio più sfrenato. E' successo
anche a te? Che ti dicevo&ldots;
Abbiamo "sganciato"
molto per affittare il bilocale dipintoci come una gemma incastonata
in un complesso balneare solare e mondano, con valenti animatori
turistici, e zeppo di comfort. Ma siamo arrivati che bruscolava. E ci
siamo trovati di fronte ad un prefabbricato bianchiccio, di due
piani, e con gli avvolgibili celesti. Recintato male e attorniato da
erbacce. Sull'acqua della piscina galleggiava una chiazza ampia e
tranquilla di lichene.
E lo vuoi proprio sapere?
Siamo solo in tre. La mia compagna Morena, io, e quella dell'interno due.
"Che ce l'avete un paro
de centomila spicce? Quattro da cinquanta vanno bene. Ce ho urgenza
de cambià&ldots; per fà er resto a li mei clienti".
La donna si volta poi verso una voce roca e aggiunge "A bello,
spegnite&ldots; non vedi che sto a parlà con un bambacione?"
Le chiamano così
adesso? "Animatrici turistiche"?
Divincolatici dalla donna e
ancora con la cartina stradale in mano, appoggiamo le caviglie gonfie
su una sedia. E, finalmente, respiriamo aria di vacanze&ldots; e di
piedi. Ma voglio risparmiarti questo particolare. Ci assopiamo
così, e lentamente, col fondoschiena affossato nel telo che
ricopre il divano polveroso.
Io? Pigro a balla, faccio
scaricare la station wagon a Morena solo nel tardo pomeriggio.
"Morena questa volta
tocca a te."
"Non contare su di me, caro."
"Dai, Morena! Lo senti?
Questo rutto è il panino alla capricciosa che tu m'hai fatto
mandar giù durante il viaggio. Bisticcia ancora con lo stomaco."
"Non ci casco."
"Dai, su, ho guidato io.
Per quattro ore&ldots; e non mi vedi? Sono ancora stanco morto."
"Valà, crumiro!"
"Se non fosse stato per
il 'crumiro', a quest'ora non saremmo qui, cara&ldots;"
"Magnifico! E ti vanti
pure? Io senza di te sarei ad Atene, o al Cairo, carino&ldots;"
"E vai, chi ti
trattiene!", e con Morena che impreca giù per le scale,
mi avvio soddisfatto in avanscoperta come un moccioso ficcanaso,
intrufolandomi dappertutto.
Nel bagnetto attiguo alla
stanza da letto c'è un tubetto di dentifricio. E io lì
a provare a farne uscire la pasta essiccata. Lassù un rotolo
di carta igienica impolverato. E dentro la tazza del water? una
moneta. Forse mezzo dollaro.
'Se fosse stato un doblone
d'oro, non avresti esitato a recuperarlo!'
Sono io che parlo così?
Sono proprio io... e mi dirigo sulla terrazza a stropicciare e ad
annusare una pianta avvizzita e malata. E tendo l'orecchio
perché le imprecazioni incomprensibili e lontane di Morena mi
distolgono. " Ma che c'hai!", ribatto con voce sommessa, e
con poca convinzione. So che non può sentirmi. E Morena
è lì, in fondo al vialetto. E' alle prese con le
valigie, e la canna da pesca, e il retino&ldots; e le cade un
sacchetto di plastica e forse si rompe qualcosa. Ma poi, poi non mi
accorgo nemmeno quando abbandona tutto ai piedi dei sedici scalini
che conducono all'uscio di questo nostra "vacanza da sogno",
per consumare un Magnum al pub-pizzeria laggiù a sinistra
oltre la piscina, nello stesso complesso residenziale.
Morena ha un carrè
color tiziano. E' alta e slanciata, ma alle prese con un pizzico di
cellulite e con i suoi 29 anni. Non ha mai pensato di proseguire gli
studi oltre il diploma. E devo costantemente spronarla. Ma non
credere che sia pigra. Dove vuole, sa chi, cosa, come, e quando
ottenerlo&ldots; senza tanti discorsi.
Questa è Morena. E
odia i programmi, e la mia mania per l'ordine&ldots;
Ma io e i miei jeans stirati
siamo pignoli soprattutto verso gli altri. E ho altre manie,
più o meno celate. Che ne pensi, ad esempio, di questo mio
intrufolarmi dappertutto? Sono ossessionato dal mistero. Da quello
che non posso conoscere. O capire. O sapere.
Ad esempio, chi ha perso quel
mezzo dollaro? Ma, soprattutto, quando l'ha perso? Prima o dopo i
suoi "bisognini"?
Assorto nei miei pensieri,
raschio con le dita tra la polvere, sul mobilio del bilocale. Odoro
tutto. E scruto sotto il lavello dell'angolo cottura. Guardo dietro
la libreria di compensato dell'ingresso. E assaggio la pasta
dentifricia pietrificata. Alla fine bam!, faccio il colpaccio.
Scendendo per vedere come Morena scarica la wagon, sono letteralmente
folgorato da qualcosa che mi scaturisce da dentro. E' una specie di
sesto senso, e m'inonda, anche se tu ti ostini a chiamarlo
"cattiva digestione" per via del panino alla capricciosa.
Allora che faccio? Sento l'irrefrenabile bisogno di controllare la
cassetta della posta. Quella che corrisponde al numero d'interno
dell'appartamento. Ma è vuota. Però alzo gli occhi, e
noto una comunissima busta bianca. E' una lettera regolarmente
affrancata, abbandonata sopra tutte le altre cassette della posta,
figlia di qualcuno, ma preda di tutti e di nessuno&ldots; è
là apposta per me. E la senti? Mi chiama. Vuole farsi cogliere
nell'ombra del sottoscala. Tu non insistere. Lo so che è un
furto. Diciamo che ho preso questa lettera in buona fede. E voglio
solo leggerne il mittente. Lo giuro. Poi la consegnerò
inviolata al legittimo proprietario. E di persona. Ma che ti sto
dicendo? è stata spedita di sicuro a qualche villeggiante
della scorsa stagione, e chissà da quanto tempo è qui.
Garda, da otto mesi, a giudicare dal timbro postale.
'Che fai non l'apri? Dai, aprila!'
Sono io che parlo così,
ma non mi meraviglio. Mi guardo intorno. E Morena che fine ha fatto?
Morena, ignara, sorride
cordialmente a Louis, il barman del pub oltre la piscina. Ma non lo
incoraggia. Però questo tale, che in realtà si chiama
Calogero, cerca "d'acchiapparla".
"Senta, sono venuta solo
per il gelato."
"Sciolto?"
"Sciolto che?",
ribatte Morena.
"Il gelato, lo vuoi
sciolto o confezionato?"
"Ma se le ho chiesto un
Magnum&ldots; ha presente? Come lo potrò desiderare, secondo lei?"
Morena duella con questo
"Louis", mentre ora io sono qui, sul letto del bilocale, e
tra le mani ho questa lettera misteriosa. Compilata nelle sue parti
da una grafia maschile e incerta. Morena è lontana mille
miglia, e posso vivere la mia avventura indisturbato.
Borbotto un "che
c'è di male...", e strappo con noncuranza la busta. E
leggo, bagnato dall'irrefrenabile desiderio di conoscerne il contenuto:
Io
vi ringrazio per il vostro gesto, però mi meraviglia quello di
non ricevere vostre notizie - Vedete, a vostra insaputa sono successe
tante cose, e di questo non vi Ho mai detto niente - Come prima cosa
vi voglio dire ciò cHè è successo con Gino - Sai
chè poi è morto si è ucciso, ma non voglio fare
commenti, però quando la discussione con lui è
degenerata Ho dovuto prendere provvedimenti - Gino era venuto a
uccidervi, e mi aveva chiesto il permesso a mè - Più
cHè altro ce l'aveva con Pino, e in ogni modo venne a casa mia
con il 38 e partì per venire da voi, e io gli dissi " ma
se ti apre mia sorella, cosa fai" - Lui mi rispose cHè
non poteva assicurarmi niente - Sono partiti in due e io con altri
tre amici li abbiamo inseguiti fino a CHiavari c'era uno slavo con
lui cHè Ha preso tante botte cHè non puoi credere, poi
a Gino gli Ho levato la situazione di mano e l'Ho preso a scHiaffi e
l'Ho riportato a Genova e me lo tenevo sempre vicino a mè in
maniera cHè non combinasse niente - Poi Ho pensato io come
mettere le cose a posto, che per lettera non posso spiegare,
affinché alla fine + lui si è sparato un colpo di 38 al
cuore -
Leggo e rileggo a fatica la
prima facciata di questa insolita e tremenda lettera. E m'è
già passata tutta la voglia di mistero, e d'avventura che
m'aveva catturato all'inizio.
Tu che dici? Sono più
sconvolto dal contenuto? O dalle sgrammaticature sparpagliate per il foglio?
Ma nonostante ciò,
qualcosa mi costringe ad andare avanti. A voltare la lettera. E a
leggerne la seconda facciata. E' l'ineluttabile. Non voglio, ma gli
occhi non si staccano dalla carta. E questo Qualcosa va oltre, e
supera di gran lunga la mia ossessione per il proibito. Mi sento
strano. Sono preoccupato ed eccitato. E' come se vivessi e vedessi
scene e situazioni narrate nella lettera. Posso perfino annusarle! Ed
ho in bocca quel gusto. E' la saliva amara di chi ha rosicchiato gli
angoli del foglio. Ma non posso sottrarmi dalla lettura, neppure
chiudendo gli occhi. Riesco a vedere ugualmente il testo che si fonde
con colori e avvenimenti:
Tutto
qui, io non vi Ho mai tradito e anche una sera all'Orchidea è
venuto uno cHè ce l'aveva con Pino e noi lo abbiamo portato
fuori perché mi voleva parlare e ancHe questo a preso tante
botte cHè non puoi credere e gli Ho dato la diffida di non
disturbarvi è di non pensarvi propio parlava di barcHe ora non
ricordo - In ogni modo scusatemi ma questo è uno sfogo
cHè vi dico perché voi pensate cHè io non vi
voglio bene, è non vi o pensato mai invece vi Ho pensato
sempre e Ho fatto tante cose - In ogni modo un giorno potremo parlare
meglio di tutto e così mi capirete - Ora io Ho preso un paio
di proscioglimenti sono quasi 3 anni cHè sono quì al
manicomio e ora il 24 vado a fare la Revoca spero bene perché
mi hanno dato la pericolosità psicHica malato incurabile,
scHizzofrenico Paranoide con visioni visive e uditive, insomma un
gran casino - In ogni modo mi sono sempre comportato bene cioè,
spero il 24 mi diano la Revoca, poi dovrei tornare in galera per
qualche mese dell' 87 residuo ma prenderò il 47 e dovrei
uscire spero entro l'anno - Se andrò via di qui ve lo
farò sapere - Questa è la mia situazione e ora vi mando
tanti saluti a voi e ai vostri figli
Ciao
da Gigi
Non ricordo quando ho finito
di leggere la lettera. Nel mio cervello sconquassato da un assordante
ronzio c'è stato un attimo di Nulla&ldots; e che strano odore!
medicinali e tabacco di pessima qualità. E ora è tutto
così annebbiato, e non so distinguere le figure intorno a me.
Non ricordo chi sono. Possibile? Morena mi soccorrerà.
Sì, lei m'aiuterà a ristabilire l'ordine e mi
ridarà equilibrio&ldots; ma non è facile. Devo prima
spronarla, ma non credere che sia pigra. Lei è fatta così&ldots;
La chiamo? La chiamo&ldots;
"Pinooo&ldots;"
Come sarebbe a dire 'Pino'? E
che ci faccio seduto ad una scrivania scarabocchiata e sfregiata? Ho
una Bic blu in mano e devo avere appena finito di scrivere una lettera.
"Gigi, sei pronto per
l'iniezione?", mi dice l'infermiere dell'ospedale psichiatrico.
Lo odio perché fa zampillare il liquido incolore dall'ago. E
poi puzza di colonia. Devo dargli tante botte che non puoi credere.
Ma mi calo le braghe senza tante storie e gli dico "AncHe
oggi mi sono comportato bene - Questa scHizzofrenia Paranoide
è un gran casino! Spero che il 24 mi diano la Revoca&ldots;" Sento
uscire dalla mia bocca queste parole, e le vedo come scritte su un
foglio bianco.
Sandro, l'infermiere,
rivolgendosi ad un medico appena giunto, confessa "Dottò,
ma quando lo fanno uscire più a questo?" &ldots;e, zac!,
affonda l'ago con potenza nei glutei inguaribili di Gigi&ldots;
* * *
"Chiamami pure Louis, piccola&ldots;"
"Louis un corno!
L'avverto, il mio uomo è cintura rossa di kung-fu."
E Morena ha preso il Magnum e
s'è allontanata velocemente dalle petulanti avances del barman.
Ora è fuori del locale
e si rammenta che la "sbranerò" per essersi
assentata abbandonando alla rinfusa tutto quanto per le scale, col
rischio di farci fregare le valigie e la mia canna da pesca.
E' ad un passo dal bilocale,
ma non mi sente sbraitare.
"Possibile che quel
'crumiro' non si sia accorto che sono sparita per venti minuti? Cavolo!"
Poi Morena alza gli occhi dal
Seiko e incrocia lo sguardo colpevole di un cliente della nostra
vicina. E sale le scale. E' intimidita e sorpresa e, remissiva, mi
chiama "Tesoro&ldots;" Insiste ad alta voce, ma dal
bilocale non s'ode neppure un respiro. Entra e guarda anche sulla
terrazza. Poi giù, verso la piscina, caso mai fossi andato a
frugare da qualche parte. Mi cerca perfino nell'armadio. Varca di
nuovo la soglia della stanza da letto. E' frastornata, e non riesce a
capire come sia arrivata sul letto quella busta vuota, strappata in
malo modo&ldots;
|