Un altro caso di coscienza.

Può darsi che è colpa mia. Non m’avvedo mai di cosa produce in me la pigra velocità di pensiero. E’ così prepotente che mi porta a non concretare mai niente. Per fortuna penso ora. Dabbene c’è stato tempo che pensavo potesse nuocere alle mie relazioni con gli altri. Soprattutto a loro. Non facevano in tempo a rispondermi che già avevo altro da dire e da fare. A volte li distanziavo di due o tre cose da fare senza che loro si accorgessero. Si mettevano il vestito per la festa ed io l’avevo già festeggiata. Ancora è così. Vanno al mare ma già cadono le foglie dall’albero annunciando l’autunno. Mettono gli occhiali da sole invece piove da tre giorni sulla mia terra. Corrono di corsa a casa a prendere l’impermeabile ma è già tornato il bel tempo. Non primavera. L’estate già infuocata.

Li vedo sempre morire di freddo o di caldo vicino a me. Gli passerà mai per la testa di isolarmi? Credono forse che io sia un’artista e che ciò li ripaghi delle intemperie subite ?!

Gli artisti invece sono loro. Senza le loro svelte lentezze di pensiero io non potrei rendermi conto di come vado veloce. Senza muovermi. Grazie a loro ho la possibilità di poter considerare l’effetto del mio modo di essere sul mondo, senza dovermi sdoppiare per rallentare una parte di me a capire. Posso lasciarmi andare alla mia velocità senza dovermi preoccupare a raccogliere quanto ho seminato, bene o male. Ci pensano loro.

Quando ripasso di lì trovo tutto cambiato. In maniera diversa dalla mia. Io sono contento di questo e mi sorprendo a scoprire il carattere concreto della velocità con cui vivo. Sempre ignorato. Loro non mi chiedono altro che di ripassare, ogni tanto, quando posso, anche per una visita di un minuto. Io sono l’esperienza viva di quanto dinamismo c’è nel loro Adagio. Non hanno il bisogno, grazie a me, di correre per dimostrare a loro stessi efficacemente di avere una linea di pensiero. Sono la loro ginnastica passiva in virtù del mio mancato isolamento da loro. Siamo necessari uno all’altro. La velocità all’Adagio in una sana competizione senza premio finale. Ci si circola dentro senza problemi, infinitamente. Io capito questo non saprei vivere senza di loro. Il nostro è un matrimonio senza monogamia. Ci unisce. Senza vincoli materiali e di pensiero. Mi darebbe persino fastidio, pensare ora, ad una vita senza di loro. Che strano. La mia tanta agognata isola. Non saprei che farmene. Ricomincerei da capo a dire che è colpa mia, che non m’avvedo. Ma io sono innocente. Facendo l’amore con una donna pensando alla sorella minore, non ho mancato. Lei non ha mai goduto così come quando io passavo velocemente dal pensiero del suo corpo a quello della consanguinea. Anche durante il resto della giornata quando ripassavo da lei a maniche corte, la trovavo felice con l’impermeabile a coprire tutto il corpo, felice immensamente, muovendosi Adagio più bella di prima perché non sapevo come diversa. Lei forse avrebbe fatto l’amore con mio fratello in concomitanza con il suo pensiero. Io muovevo solamente il pensiero rispetto al corpo chino su di lei. Prenderei parte ad una crociata per difendere la possibilità di pensare a chi mi pare mentre mi accoppio, fosse pure la sorella della mia donna del momento.

Duchamps pensava ad una partita a scacchi mentre costruiva la sua opera più importante. Ezra Pound, agli usurai incontrati il giorno prima in banca, durante la composizione di molti suoi Cantos.

In avanti od indietro non conta, l’importante è la libera concomitanza d’ogni pensiero rispetto alla libera concomitanza d’ogni altro, più veloce o stantio del tuo. Vedere in avanti o guardare all’indietro, non fa alcuna differenza d’origine, se con ciò, si comunica con soddisfazione il proprio modo di essere agli altri.

Non li firmare più di tanto i tuoi pensieri. Capolavori. Ti chiuderebbero irrimediabilmente ogni speranza precludendoti la partecipazione alla più grande opera d’arte mai finora realizzata: la vita lenta e veloce di tutti noi, dei nostri pensieri, dei nostri corpi assiepati intorno ad un pensiero di libertà, a fatica.

Non occorre cambiare mestiere per partecipare a quest’opera d’arte immensa, basta riprenderci un diritto che c’è negato dalla nascita: la possibilità di sporcare con il nostro segno le idee di qualcun altro.

Quando a maniche corte sono ripassato sulla terra degli impermeabili, ho capito di essere importante come loro. Loro lo hanno capito prima di me. Del mio passaggio sui loro impermeabili era rimasto solo un piccolissimo segno, fortissimo, di libertà, di comunicazione libera avvenuta. Gli Adagio avevano tolto il preservativo dalle mie idee e dalle loro. Ho visto mio padre scrivere versi sulla bombola d’ossigeno che gli avevo portato per respirare. Soffocava invece di guarire se non ci scriveva sopra.

La mia donna ha appeso una cornice vuota dentro casa, tanto il quadro che c’era si poteva solo guardare.

Ho iniziato a dipingere con un cieco dalla nascita, contro quanti vogliono campare con la loro pittura anodina individuale.

Ho cominciato a scrivere favole con mia figlia perché non posso più pensare al diritto d’autore; contro di chi vuole estendere il concetto di proprietà ai pensieri, seppure suoi.

Vogliono ancora farci comprare le idee degli altri, mica ce le regalano.

Semmai inventeremo anche un modo per riuscire a comprarci le idee che abbiamo frullato tutti insieme o almeno in più d’uno.

Prima ci hanno fatto studiare ora pretendono che continuiamo ad accontentarci delle loro Avanguardie. Le Avanguardie del potere. Non li vogliamo annientare. Vogliamo solo sporcare le loro creazioni; violare il loro copyright.

Se arte anodina dev’essere, che sia di tutti. Senza esclusioni. Con l’unico significato d’invitarci a partecipare alla sua creazione. Arte anodina, insignificante fino a farci dimenticare chi l’ha compiuta. Come l’Iliade e l’Odissea, fatta da tutti, senza fine, anonima perché firmata da troppe persone per ricordarsele tutte. Anonima come la colonna sonora della mia camera da letto dove con il pensiero, solo per una questione di velocità, desidero una donna e con il corpo ne assaporo un’altra.