ALTAIR DI GABRIELLA GAROFALO

  19/09/00

 

 

Padre,perché sperdesti

Te stesso e tua luce eterna

a corrusco di grembo e di materia

dove non leva seme,abbatte indifferenza

scintilla che non serve?

Eri stanco d’immoto tuo silenzio?

O ti colse un assurdo desiderio

di nere sensazioni a te negate

dissenno a silenziare esistenza

per altro da esistenza?

Non levi invano,Padre,

ansimante la fame di salvezza:

solo salvando noi,

trafitto frutto del tuo grembo,

potrai salvarti,Padre,rinnegando

in te l’invito che disperde-

sia redenzione l’urlo del tuo cielo

sia impervia ribellione di comete

e l’anima,Padre,con tua anima

con l’anima di tutti gli universi

si racchiuda nell’ultimo rigetto

perché sia nuovo grembo,nuovo cielo,

e nuova infine sia parola,Padre,

se non salvezza,se così dev’essere.

 

26/09/00

 

Non grembo ormai vinto

dove sale sparsero e seme gli altri grembi

non parola trafitta da ossessioni

in eterno simili a se stesse

la madre e il padre mi svelarono

né l’ultimo splendore

di tua Luce che muove per l’eterno,

ma improvviso levarsi di quell’ascia

che l’anima colpiva implacandomi

il respiro,immonda mia pretesa

di schivare nero,

che infine intendo nel suo più giusto segno-

a te soltanto,Padre,mi gettava

lo slancio di tue mani,

tua ascia implacabile a sottrarmi

l’aspra radice e il ramo

di Morte preda e buio che si disfa.

 

 

28/09/00

 

E se la prima luce arse nel volo

quel figlio al dissenno che poi cadde

un’altra luce di sua luce fredda

arse ustionando l’anima il mio grembo-

invano cercai scampo dalla luna ostile

da seme avverso seme di esistenza

aspro e sagace a raffiche braccando

a getto di comete-

sia pure la mia fine questa luce:

io non la temo,se in acida corsa del suo tempo

muove altra luce a possederla silenziando

di vita che fertile mi renda,ma non certo

di un fragile corpo inerme preda

a fame inesausta di speranza.

 

 

 

 18/10/00

 

Non certo per volere di una madre

io ti continuo,aspra mia esistenza,

non certo perché Luce levando di suo senso

mi folgora di segni sconosciuti

non certo perché a caldo respiro dell’estate

si offre quel mio grembo come spiga

accolta con l’ansia di un amante

dal blu del cielo e gettito di fiori-

non questo mi possiede,mia esistenza,

che più di rovo e ortica sfregi

amaro mio cibo preso a forza:

solo continuo perché luna e mia cometa

possa brancarti a disperato sforzo

in eterno a sfida del tuo nero,

contro di te gettando di parole

all’ira compagne alla mia offesa.

 

 

 

 

 19/10/00

 

Sia questo infine a sconto della colpa

eterno rigetto del mio grembo

dell’alba la terra ogni altro grembo

se notte madre del mio tempo

se il cielo padre scellerato

diedero vita al grembo

senza passione senza desiderio-

sia solo grembo folgore che leva

ed abbattendo eterna mi disperde

in quell’assurda luce che il mio cielo

più atro ancora e buio mi ritorna.

 

 

 

 

 

 

12/11/00

 

Anche tu,cielo,quando levi

devi fermare se ustionante luce

luna risponde:

di uguale sorte preda se altrui grembo

abbatte freddo contro la mia voce-

ma implacata continui mia ricerca

se anima e parola di altro grembo

ascolteranno un giorno mia richiesta-

ascolta,cielo,tu non potrai saziare la tua fame

fino a quando assurdamente insiste

tua pretesa del corpo della luna:

devi cercare altrove,cielo,

altra sia la tua scelta

se vuoi che cibo al desiderio

soltanto Eterno infine levi.

 

 

 

 

  29/12/00

 

Perché esista la parola-

senza parola non hai grembo

né pane ha vita senza la parola-

anima slancia levati all’Eterno

indietro lascia

lasciati alle spalle

quel bianco ascolto indifferente

che in gelo aspro di neve ti trasforma

e lascia,lascia perdere

fame di fuoco vibrante

se a te di contro getta per cibarsi

in falso sembiante dell’amore-

a te soltanto luna di suo slancio

di chiaro getti di sua luce intensa

che ti feconda madre del tuo cielo:

perché non sia abbandono

a risanato grembo

e lieviti di seme creandoti

Parola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  30/12/00

 

Stanco e sbiadito appare,

anima,il verde dei tuoi anni

quando insaziata di astri e di comete

gettavi perché in eterno

levasse cibo al desiderio

quando persino l’erba più fragile indifesa

non ti sfuggiva preda-

indifferente ad altrui fame

allo sguardo Suo cieca

a Sua parola sorda

invano cerchi,anima,tornare

ciò che hai rubato-

non ti soccorre luna né tuo cielo,

signori d’infame ruberia,

se levano schivare quel tormento

che l’anima tua soltanto,anima,

dismembra.