Giunge ormai la sera,
e ti attesi
lunghe ore alla finestra -
attesi, di veder
gli scuri aprirsi, spinti
da mani musicali
che conosco;
attesi, di sentirti
"Rodrigo", mio nuovo
nome, chiamare.
Nuovo nome: mi hai preso,
comprato all'asta sporca
degli schiavi infangati;
"Rodrigo", nome spagnolo
ch'io però
non merito, mancando tutto
del calor iberico
famoso. Battezzato,
son come rinato
strappato dalla colpa abietta
con nuovo slancio
della mia crudeltà.
Ti attesi
per sentirmi perdonare
con la tua voce,
dalla tua vicinanza,
e mi levai all'alba
ed attesi invano,
e attendo.
Poche ore ho ancora
per vederti;
ora tornerò al davanzale
a sognarti, seduta
come il dì che ti conobbi.
Ho udito il tonfo
metallico... la porta!
Che tu sia tornata
per riprendermi, rubarmi
il sonno e la colpa? -
Una volta che Dio
mi consolasse,
una volta sola
udisse il mio grido.
Ingiuriando, torno in attesa,
ch'in questo palazzo
tetro ove fremo
e gemo senza sosta
tu ritorni, padrona
del mio nome
e della mia colpa.
Ogni tanto,
che quasi non credo
accada, inatteso
lo spettacolo purpureo
dellalba
mi riapre gli occhi.
Non lo aspetto,
lo dimentico
tra le lunghe ombre
della mia vita,
un mondo sinistro,
grigio come se eterna
una nebbia malsana
lo ammantasse;
eppure, quando
mi accingo a fermarne
lo sgraziato lamento,
e chiudo gli occhi
unalba mi scuote.
Come frecce,
ed io un bersaglio,
gli strali solari
si espandono,
si gonfia larco
di luce,
mentre dietro i monti
il sole orientale
appare ammiccando.
Non batto ciglio
per non perderne un attimo,
taccio, per udirne
il canto misterioso,
silenzioso,
arcano medicamento;
neppur respiro,
freno il cuore,
otturo le vene
ché il sangue correndo
non mi distragga,
e quando lalba finisce
e la notte ritorna
son come morto.
Così, rivivendo,
vedo questo mondo
decomposto, capovolto
dalla vergogna, e ricordo
quellalba,
che tanto attesi
ansante, amata
che quasi mi uccise.